Pace forse, guerra sempre, con le armi e le parole: situazione e prospettive in Italia e nel mondo
- Postato il 20 maggio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Spirano venti di pace e tutti si chiedono: sarà la volta buona? È soltanto una speranza, ma non dobbiamo perderla. Galeotto fu il telefono: due ore di colloquio fra Putin e Trump, i quali alla fine si dicono soddisfatti. “E’ stata una conversazione concreta e franca”, commenta il leader russo.
“Dobbiamo subito pensare ad una trattativa”, rilancia il presidente americano. “Si, però prima della tregua si deve arrivare ad un accordo”, replica il Cremlino.
Insomma, qualcosa si muove e forse sarà di nuovo Roma al centro dell’attenzione mondiale. Infatti, Leone XIV si è detto disposto a “offrire” il Vaticano per i futuri colloqui che dovrebbero portare alla fine della guerra.
Meloni pontiera

Ancora una volta, quindi, Giorgia Meloni sarà la “pontiera” di un simile incontro. Macron non ci crede, anzi sorride e pensa che così si consumerà il solito flop della nostra premier.
Nessuno può prevedere come andrà a finire, ma quel che più indispettisce la maggioranza è che la sinistra, pur di combattere Giorgia Meloni, si augura che tutto si concluda al più presto con l’ennesimo tentativo (fallito) di un accordo.
A volte, anzi spesso, la politica è cieca e pur di mettere KO l’avversario, cerca di ostacolare quello che tutto il mondo si augura.
In questo contesto lo stesso Zelensky vuole giustamente la sua parte e sostiene che qualsiasi patto deve essere “approvato” dall’Ucraina.
Pace in Europa dopo Brexit
Che cosa succede in Europa? È ancora in sonno il nostro vecchio continente? Pare di no, stando almeno alle ultime indiscrezioni. Londra si è resa conto che la Brexit è stata un semi disastro per la Gran Bretagna. Il primo ministro Keir Starmer tenta di riavvicinarsi a Bruxelles, parla di frequente con Ursula von der Leyen sperando che i rapporti possano portare a qualcosa di concreto.
C’è chi la definisce una “post Brexit”: insomma un tentativo di fare un passo indietro anche se questo è impossibile senza l’avallo di un nuovo referendum popolare.
Mentre il mondo intero insegue la pace, in Italia la “guerra” fra le opposte fazioni non si ferma per nessuna ragione.
Ora torna alla ribalta il problema del terzo mandato perchè la provincia di Trento si è detta contraria alle decisioni del governo e va avanti per la sua strada. Roma non ci sta e ricorre alla Corte Costituzionale. Scoppia il conflitto che divide la maggioranza. In Consiglio dei ministri, Matteo Salvini (poteva essere diversamente?) si dissocia e vota contro. Una pericolosissima spaccatura, però com’è suo solito il vice premier prima volta le spalle agli alleati, poi dice che “si tratta di questioni locali che non avranno conseguenze”.
Invece, le avranno perchè dopo la provincia di Trento pure il governatore del Friuli Venezia Giulia non vuole perdere la poltrona e segue l’esempio di chi si è detto contrario alla possibilità del terzo mandato.
“Il potere logora soltanto chi non lo ha”, ammoniva Giulio Andreotti e mai come in questo caso l’ex presidente del consiglio aveva ragione da vendere. Alla finestra rimangono, pronti ad azzannare il problema, il mai domo governatore della Campania Vincenzo De Luca, il già nominato Massimiliano Fedriga e, infine, Luca Zaia che in Veneto vuol dire tutto e il contrario di tutto.
Il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida cerca una mediazione: “Apriamo un dibattito”, esclama, ma per il momento nessuno lo segue.
Qualcuno parla ancora (forse a sproposito) dell’isolamento dell’Italia dal resto dell’Europa e nell’occhio del ciclone finisce naturalmente Giorgia Meloni, la quale, senza troppe chiacchiere, rimane l ‘unica leader in grado di avere un ottimo legame con gli Stati Uniti, i nostri alleati di sempre.
Se, con il buon rapporto che ella ha con il Vaticano, riuscisse a portare i grandi del mondo nei pressi di Piazza San Pietro, il successo sarebbe completo e nessuno potrebbe dire che l’Italia non ha più amici nel vecchio continente.
Ma qualcosa bisogna pur trovarla per ridimensionare il suo ruolo e si torna a parlare di Telemeloni. Perchè? In Rai, mai nei tg un accenno al referendum dell’otto e nove giugno. “E’ come se non esistesse”, si inalbera la minoranza. Il gruppo di quelli che una volta erano considerati gli esponenti di spicco del campo largo si rivedono a Roma per denunciare “Telemeloni”.
Alla comitiva non può mancare la presenza di Maurizio Landini, il numero uno della Cgil, il quale si dice convinto che si raggiungerà il quorum e il lavoro sarà in futuro il problema centrale della probabile alternativa.
Non ci rammarichiamo spezzando una lancia in favore del servizio pubblico perchè in gennaio è previsto il ritorno sulla prima rete di Barbara d’Urso (bocciata a suo tempo da Mediaset), a cui verrà assegnato un programma da un titolo incomprensibile se non agli addetti ai lavori. Si chiamerà Emotainment, un minestrone di chiacchiere, lacrime e sorrisi. Al confronto “Domenica In” potrà essere considerata “un trattato di metafisica”, come scrive stamane Il Foglio.
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