Overtourism anche in montagna, secondo Mountain Wilderness non bastano i “sentieri a pedaggio”

  • Postato il 15 luglio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Di Fabio Valentini, Mountain Wilderness

Skift è una piattaforma di intelligence per l’industria del turismo che fornisce notizie, approfondimenti e servizi di marketing. Nel 2016 Rafat Ali, il suo fondatore, coniò per la prima volta il termine overtourism, che in italiano è traducibile con “sovraffollamento turistico” e non deve essere confuso con il turismo di massa, che è altra cosa.

Gli esempi più eclatanti di overtourism in Italia si sono manifestati in grandi città come Venezia e Firenze, ma anche la montagna ha la sua parte di problemi. Le strade di penetrazione e i posteggi a pagamento ormai non bastano più a contingentare l’affluenza dei turisti.

Gli esempi del lago di Braies sulle Alpi o quello recente di Roccaraso in Appennino ci hanno mostrato come la suggestione mediatica (nel primo caso una serie televisiva, nel secondo il tam tam dei social media) possa influenzare pesantemente le scelte dei vacanzieri “mordi e fuggi” che si concentrano in determinate località con conseguenti disagi per i residenti e per l’ambiente circostante. La scelta del rimedio affidato al numero chiuso pare sia quella più gettonata, soprattutto per gli accessi stradali: per la prima volta dopo quarant’anni, quest’estate l’accesso alla strada a pagamento (40 € ad autovettura) che conduce alle Tre Cime di Lavaredo sarà possibile solo tramite prenotazione online. Già da anni all’Alpe di Siusi si accede nelle ore diurne solo tramite bus o cabinovia; sulla strada del Nivolet in Piemonte il progetto ”A piedi tra le nuvole” che prevedeva la chiusura domenicale al traffico nei mesi estivi si è interrotto dopo vent’anni nel 2024, quest’anno si punta al limite giornaliero di 300 permessi. Anche per numerosi passi alpini e dolomitici, dallo Stelvio al Sella e Gardena, si invoca da anni la limitazione del traffico. Ma la maggior parte degli operatori turistici ha un atteggiamento schizofrenico nei confronti del turista: “lo detesto, ma lo voglio”.

La nuova frontiera è la limitazione all’accesso persino sui sentieri. Al parco nazionale delle Cinque Terre in Liguria è stato introdotto un pedaggio per i frequentatori del famoso “Sentiero dell’Amore”, dopo consistenti lavori di ripristino legati all’instabilità geologica del terreno; nei giorni scorsi ha fatto notizia l’installazione di un tornello abusivo su un sentiero della Val Gardena, installato da un contadino esasperato dai danni provocati sul suo terreno dai numerosi visitatori. Ma anche all’estero questa pratica non è sconosciuta: dalle Fær Øer in Norvegia all’isola portoghese di Madeira, fino all’accesso alle Galapagos in Ecuador. Certo, in tutti questi casi l’intento è che il ricavato vada a finanziare gli sforzi di conservazione ambientale, in fondo nulla di diverso dalla tassa di soggiorno che si versa senza discutere negli alberghi di città. Speriamo sia davvero così, ma la polemica è destinata a non spegnersi: solo pagando possiamo usufruire delle bellezze della natura?

Così come sulle autostrade, anche in montagna le “vacanze intelligenti” sono una soluzione auspicabile ma di difficile realizzazione. Diversificare i periodi di villeggiatura, le mete di destinazione, la tipologia di soggiorno potrebbe servire a una redistribuzione dei carichi turistici e delle risorse economiche sul territorio; ma il turismo oggi è sempre più legato allo spettacolo piuttosto che alle emozioni intime, il popolo dei selfie impera e vale di più una foto con lo sfondo di un panorama instagrammabile che un’esperienza vera a contatto con gli usi e costumi locali.

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Il Fatto Quotidiano

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