Ornella Vanoni addio. La regina della canzone italiana se ne va a 91 anni. Ecco la sua storia

  • Postato il 22 novembre 2025
  • Di Panorama
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Un addio improvviso, eppure quasi annunciato da quella sua confidenza ironica con il destino. Con la morte ci scherzava da anni. Se n’è andata così, Ornella, una delle voci più belle e più vere che l’Italia abbia mai ascoltato. «Sono una donna libera. Non mi sono mai lasciata imbrigliare da niente e da nessuno. E ho pagato tutto con gli interessi», aveva detto il giorno del suo 91esimo compleanno. Due settimane fa rideva da Fabio Fazio parlando di bare da regalare alle coetanee. Un’umana traghettatrice fra tragedia e leggerezza, fino all’ultimo. La voce di Domani è un altro giorno e La musica è finita non canta più.

Le origini: Milano nel sangue e il fuoco del teatro

Milano, 22 settembre 1934. Una famiglia benestante, una città cucita addosso come un destino. Passeggiare a Brera era la sua geografia emotiva: brio, classe, fierezza. Nel 1953 entra al Piccolo Teatro e studia all’Accademia di arte drammatica. È lì che nasce Ornella Vanoni, quella vera: teatro, musica, disciplina, femminilità mai addomesticata.

Giorgio Strehler la vede, la vuole, la ama. È lui il primo che la guarda come un’opera d’arte vivente. Lei lo segue sul palco, nella passione, nell’erotismo. Non nelle droghe. Lo lascia. E così dimostra al mondo che la libertà per lei non è mai stata uno slogan, ma una condanna volontaria.

I grandi amori: Gino Paoli, l’unico impossibile da dimenticare

Il teatro la lancia, ma è la musica a consacrarla: le canzoni della mala, poetiche e drammatiche, la trasformano in un’icona della notte milanese. E poi arriva Gino Paoli. 1960. Collaborazione artistica, esplosione emotiva. Una storia infuocata, talmente grande da non finire nemmeno quando è finita.

E c’è l’amore giusto nel momento sbagliato: lo stesso anno sposa l’impresario Lucio Ardenzi. «Quel matrimonio fu un errore», diceva sempre. Nel 1962 nasce Cristiano, ma il matrimonio crolla. «Il giorno delle nozze non mi sarei dovuta presentare», ammetterà più tardi. La verità, con Ornella, non è mai stata un taboo.

Il successo assoluto: la voce che attraversa le generazioni

La carriera è un’ascesa senza tregua. Sanremo la chiama più volte, il teatro la vuole, la televisione le offre spazio. I brani diventano custoditi nella memoria collettiva:

Tristezza, Una ragione di più, L’appuntamento, La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria. Passione, sensualità, ironia. Nessuno somigliava a lei.

Fine anni Settanta: posa per Playboy. Una scelta che avrebbe scandalizzato chiunque — non lei. Mai volgare, sempre magnetica. VanoniPaoli in tournée nel 1985 segna un capitolo epocale: tutto esaurito, doppio album live, ovazioni. E Ornella continua: dischi, tournée internazionali, collaborazioni con artisti come Paolo Fresu. Premi, riconoscimenti, standing ovation. Nel 2008 riceve il «Premio Milano donna» per aver reso grande la sua città nel mondo.

L’ultima stagione: un mito che non invecchia

Gli ultimi anni sono stati una vittoria. Una seconda giovinezza di popolarità e affetto. Concerto magico alle Terme di Caracalla, nuovi progetti, nuove idee. Domenica sera sul Nove è diventata la star inattesa di Che tempo che fa: brillante, cinica, irresistibile. Parlava a ruota libera, senza paura. Lo aveva detto: non teme la morte, teme la sofferenza. E ha continuato a riderci su fino all’ultima curva.

Ornella Vanoni non è stata solo una cantante. È stata un simbolo di femminilità indomita, di autodeterminazione e fragilità esibita senza vergogna. Una donna che ha amato, sbagliato, pagato e riscritto le regole con il suo corpo, la sua voce e la sua anima.

E adesso che Milano è un po’ più silenziosa, resta la sua lezione: la libertà ha un prezzo, ma vale sempre tutto.

Autore
Panorama

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