Orban ricorda a modo suo la rivoluzione del ‘56 in Ungheria: forse rimpiange i carri armati di Krusciov

  • Postato il 16 novembre 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Il recente baciamano a Giorgia Meloni da parte di Viktor Orban in visita a Roma è stato preceduto da un singolare affronto all’Unione europea, rileva Mirella Serri sulla Stampa.

Il premier ungherese, scrive Serri, alla testa di quella che lui stesso definisceuna «democrazia illiberale», ha dichiarato alla stampa italiana che «l’Ue non conta nulla» e ha criticato le sanzioni alla Russia. Ci mancava poco che le sue affermazioni diventassero un caso diplomatico.

Ma come mai Orban ha aperto il fuoco in maniera così sfacciata contro la strategia europeistica, almeno a parole condivisa dalla premier?

Il messaggio del leader populista non è stato lanciato a caso in questi giorni e proprio in Italia: si avvicina l’anniversario del 1956 e la ricorrenza dei 70 anni della fallita rivolta ungherese contro l’Urss. L’autocrate magiaro lavora da tempo alla revisione storica di questa data in combutta con le Fondazioni culturali più vicine a Matteo Salvini (che ha descritto il suo incontro con Orbân come «affettuoso») e a Giorgia Meloni.

La primavera di Budapest soffocata nel sangue è stata da sempre celebrata in Italia come un grido di libertà e come un campanello di allarme per i partiti comunisti europei che allora erano completamente subalterni all’Urss.

Orban e la resistenza del 1956

Orban ricorda a modo suo la rivoluzione del ‘56 in Ungheria: forse rimpiange i carri armati di Krusciov
Orban ricorda a modo suo la rivoluzione del ‘56 in Ungheria: forse rimpiange i carri armati di Krusciov – blitzquotidiano.it (foto dal web)

Orban da anni scava invece un solco storico ed equipara la resistenza ungherese del 1956 a quella dell’attuale governo magiaro contro le interferenze dell’Ue.

Settant’anni fa l’Ungheria lottava contro l'”impero rosso”, oggi combatte un’entità dispotica che cerca di imporle la propria volontà (e dimentica così i copiosi aiuti e le sovvenzioni che la “matrigna” Europa le versa).

In previsione dell’anniversario a cui tiene molto, Orban, subito prima di approdare nella Città eterna, ha convocato una marcia per ricordare la rivolta che terminò con l’arrivo dei carri armati sovietici. All’iniziativa ha partecipato solo la metà delle persone rispetto al controcorteo indetto da Péter Magyar, oppositore del premier, che ha denunciato il rapporto con Putin e la maledetta invasione dell’Ucraina.

E ha indicato proprio nell’anniversario del prossimo anno il “segno” di una svolta: «1956 rivoluzione-2026 cambio di regime!».

 

I sostenitori italiani

 

Orbàn, ribadendo le sue posizioni antieuropee mentre si trovava nei pressi di palazzo Chigi, ha rivolto un caloroso appello ai suoi sostenitori italiani che condividono la sua reinterpretazione dell’insurrezione antisovietica. Tra i più importanti fan di questa chiave inedita del ’56 va annoverato il Centro Niccolò Machiavelli, di recente diventato una Fondazione presieduta da Daniele Scalea il cui volume, Immigrazione: le ragioni dei populisti, è stato subito tradotto in ungherese.

Ma i legami della Fondazione con Orban sono saldi da decenni e incrementati da viaggi e borse di studio in Ungheria. Scalca poi è una firma di Eurasia, rivista diretta da Claudio Mutti sul cui orientamento filonazista canti-

semita non vi sono dubbi: ha tradotto i documenti della Guardia di Ferro e di Corneliu Zelea Codreanu per le Edizioni di Ar di Franco Freda.

Per questa casa editrice della destra sovversiva ha pubblicato anche una ristampa commentata dei Protocolli dei Savi di Sion e antologie di discorsi di Muhammar Gheddafi e Adolf Hitler.

Tutto in linea con le scelte di Orbàn che ha riabilitato il dittatore Miklos Horthy (fu tra i primi firmatari delle leggi antisemite e principale alleato di Hitler nell’attacco all’Urss).

Mancano ancora alcuni mesi alla ricorrenza della rivoluzione di Budapest, conclude Mirella Serti, chissà cosa inventeranno ancora Orban e la sua consorteria (anti)europea.

 

 

 

 

 

 

carri armati sovietici. All’iniziativa ha partecipato solo la metà delle persone rispetto al controcor-

teo indetto da Péter Magyar, oppositore del premier, che ha denunciato il rapporto con Putin e la maledetta invasione dell’Ucraina.

E ha indicato proprio nell’anniversario del prossimo anno il “segno” di una svolta: «1956 rivoluzione-2026

cambio di regime!».

Orbàn, ribadendo le sue posizioni antieuropee mentre si trovava nei pressi di palazzo Chigi, ha rivolto un caloroso appello ai suoi sostenitoriita-liani che condividono la sua reinterpretazione dell’insurrezione antiso-

vietica. Tra i più importanti fan di questa chiave inedita del ’56 va annoverato il Centro Niccolò Machiavelli, di recente diventato una Fondazione presieduta da Daniele Scalea il cui volu-me, Immigrazione: le ragioni dei populi-

sti, è stato subito tradotto in unghere-se. Ma i legami della Fondazione con Orban sono saldi da decenni e incrementati da viaggi e borse di studio in

Ungheria. Scalca poi è una firma di Eu-rasia, rivista diretta da Claudio Mutti sul cui orientamento filonazista canti-

semita non vi sono dubbi: ha tradotto i documenti della Guardia di Ferro e di Corneliu Zelea Codreanu per le Edizioni di Ar di Franco Freda. Per questa casa editrice della destra sovversiva ha pubblicato anche una ristampa commentata dei Protocolli dei Savi di Sion e antologie di discorsi di Muham-mar Gheddafi e Adolf Hitler. Tutto in linea con le scelte di Orbàn che ha riabilitato il dittatore Miklos Horthy (fu tra i primi firmatari delle leggi antisemite e principale alleato di Hitler nell’attacco all’Urss). Mancano ancora alcuni mesi alla ricorrenza della rivoluzione di Budapest chissà cosa inventeranno ancora Orban

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Blitz

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