Operazione Tela di Ragno: le lacune russe dietro il geniale attacco ucraino

  • Postato il 3 giugno 2025
  • Di Panorama
  • 3 Visualizzazioni

L’operazione Tela di Ragno organizzata dallo Sbu, il Servizio di sicurezza ucraino, ai danni dell’aviazione di Mosca è stata una beffa che avrà conseguenze anche all’interno delle forze armate russe. Come sempre in guerra è difficile stabilire dove sia la verità, ma mettendo insieme le notizie rilasciate dai media russi, ucraini e occidentali, ciò che appare indiscutibile è che l’attacco alle basi dell’aeronautica di Mosca sarà argomento di studio nelle accademie militari per come è stato organizzato.

Senza entrare nella diatriba sul numero dei bombardieri russi effettivamente distrutti o danneggiati (chi dice 4, chi 37, altri 40 o più addirittura il 40% della flotta), è significativo che il pilotaggio dei droni sia avvenuto in modalità tale da garantire la massima riuscita della missione, sfruttando sia i sistemi di navigazione regolata dal Gps, sia a vista per le fasi finali, quando si è trattato di puntare i bersagli, ovvero in modo Fpv. Questa sigla indica una trasmissione della visuale all’operatore in prima persona, e sui piccoli droni è nata per giocare. Permette al pilota che indossa un visore, oppure osserva un monitor, di guardare ciò che viene trasmesso in diretta dalla videocamera installata sul drone, pilotandolo come se il soldato fosse a bordo dell’ordigno volante. Secondo quanto si desume da immagini diffuse e da servizi fatti dai media, sarebbero state colpite ben cinque basi russe ben lontane dai confini e dal fronte, e precisamente quelle di Olenya, nel distretto di Murmansk e di Belaya, in Siberia, dove erano presenti bombardieri a lungo raggio Tupolev 95MS, Tu-22M3 e pare anche l’ultimo velivolo per la sorveglianza radar A-50 ancora in servizio. Stupisce come i russi non si siano accorti che nei pressi delle basi erano stati conservati per mesi quei droni – del tipo quadricottero – come è per esempio avvenuto nella cittadina di Chelyabinsk, molto vicina a una delle basi, in modo tale che durante l’attacco la durata del volo fosse la minore possibile per poter minimizzare il tempo di una possibile intercettazione da parte russa e quindi garantirsi l’effetto sorpresa.

Quasi da film è poi stata la procedura di apertura dei container posti su automezzi pesanti civili dai quali sono decollati gli oltre 110 droni impiegati, pare tutti equipaggiati di un sistema di controllo del volo commerciale e disponibile online anche gratuitamente. Nell’ultima fase di avvicinamento i piloti hanno quindi manovrato i quadricotteri dotati di cariche esplosive per colpire gli aeroplani in punti precisi, al fine di renderli inutilizzabili o complicare il più possibile le operazioni di riparazione. Lo si vede chiaramente da un video nel quale uno dei quadricotteri va ad esplodere al di sotto delle ali, nel punto in cui vengono agganciati i missili, oppure in prossimità dei serbatoi del carburante.

Per riuscire a completare un’operazione così complessa è evidente che gli agenti ucraini fossero a stretto contatto con i militari russi, in modo da recuperare le informazioni più recenti e aggiornate in quanto a dislocamento e movimenti degli aeromobili, per studiare il territorio nelle vicinanze delle basi e le possibili traiettorie di avvicinamento. Tali agenti sarebbero stati ritirati poco prima dell’attacco, salvandoli quasi tutti (Mosca ha dichiarato di aver effettuato alcuni arresti) dai provvedimenti emessi dopo le prime indagini russe. Infine, dopo l’attacco, i camion utilizzati sono stati distrutti per eliminare ogni traccia possibile.

Ciò che stupisce, osservando i video diffusi dagli ucraini, è che i droni abbiano potuto avvicinarsi alle basi senza incontrare alcun disturbo elettronico delle onde radio (jamming), sfruttando segnali satellitari dei sistemi Gps e Glonass, segno che i russi si sentivano sicuri che i nemici non potessero arrivare così in profondità nel loro territorio. E qui conta la vicinanza del decollo dall’obiettivo, forse anche tale da consentire un volo a vista senza neppure la necessità di una guida via satellite. Incredibile poi la qualità dei video ucraini realizzati durante la missione, che hanno le caratteristiche di segnali radio analogici e in chiaro, ovvero per nulla dotati di qualche forma di protezione per renderli non intercettabili o visualizzabili dal nemico. In pratica, è evidente che il grado di protezione delle basi russe sia stato del tutto inadeguato a una situazione di conflitto.

Pare che l’intera operazione sia stata pianificata nell’arco di 18 mesi, un tempo lunghissimo durante il quale i Servizi ucraini avrebbero potuto vedere la situazione internazionale mutare radicalmente. Ma anche sufficientemente lungo per destare qualche sospetto nei russi, che però, evidentemente, non pensavano di poter essere colpiti così lontano rispetto al fronte. Un po’ come gli americani con l’11 settembre 2001, colpiti in casa loro, e come i palestinesi con i cercapersone modificati in gran segreto dagli israeliani.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti