Omicidio Marando, indagini chiuse e figli accusati: si punta alla legittima difesa
- Postato il 31 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Omicidio Marando, indagini chiuse e figli accusati: si punta alla legittima difesa
La Procura di Locri chiude indagini sull’omicidio di Francesco Marando: i figli accusati (uno è minorenne), ma la difesa invoca la legittima difesa per atti di violenza paterna.
BOVALINO – Dopo oltre sei mesi di indagine, la Procura della Repubblica di Locri ha chiuso le indagini sull’omicidio di Francesco Marando, 53 anni, avvenuto lo scorso 11 gennaio a Bovalino. Ad essere accusati della sua morte sono i figli: Giuseppe Marando, 21 anni, e il fratello minore A.M., di 16. I reati a loro contestati sono omicidio volontario, occultamento di cadavere e porto abusivo di arma in concorso. Ma la loro è una storia che, sin dal principio, ha assunto i tratti di una tragedia familiare estrema. Quel giorno, dopo l’ennesima lite, un colpo di pistola alla tempia ha spezzato la vita di Francesco e bloccato per sempre quella dei suoi figli. Ma dietro quel colpo di pistola e quella morte, sostiene la difesa dei due ragazzi, c’è molto di più. C’è la paura.
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LA TESI DELLA DIFESA: AZIONE A DIFESA DEL FRATELLO
«Siamo ancora fermamente convinti che Giuseppe – ci esprimiamo al singolare perché il minore era in “mano” all’aggressione perpetrata dal padre, abbia agito a difesa del fratello quel pomeriggio, in condizione di legittima difesa, supponendo che il padre, attese le precedenti minacce e violenze, volesse fare una strage, come già preannunciato pochi giorni prima dell’omicidio». A tracciarne i contorni sono gli dagli avvocati Francesca Costanzo ed Eugenio Minniti, che parlano apertamente di «legittima difesa». Sarà proprio sulla legittima difesa che la difesa punterà. «La chiusura delle indagini non ha minimamente scalfito la posizione iniziale. Ma affronteremo- concludono gli avvocati- il processo con la speranza di un’assoluzione e con il dovere morale di dimostrare che la circostanza avversa in cui si è trovato Giuseppe debba essere compresa». Giuseppe ha confessato. Lo ha fatto in silenzio, la sera del funerale del padre, accompagnato dai suoi legali. «Sono stato io», ha detto. E poi ha indicato il posto: l’arma era nascosta tra i campi di Ardore, chiusa in un sacco insieme a bossoli e munizioni. Un’arma, la pistola calibro 38 priva di matricola che non era dei fratelli ma sostiene la difesa fosse proprio della vittima.
OMICIDIO MARANDO, LE PAROLE DEL MINORE E LE PROVE A SOSTEGNO DELLA DIFESA
«Non era programmata questa uccisione, né di fare qualcosa a mio padre. Non riesco ancora a crederci». Sono state invece parole del sedicenne di San Luca, accusato di omicidio e occultamento di cadavere del padre. «Mi sembra di vivere un incubo. Sono dispiaciuto per mio padre». Ha detto lui agli inquirenti. Negli atti della difesa sembrerebbero esserci registrazioni audio, messaggi, prove che documentano un’escalation di comportamenti aggressivi da parte del padre nei confronti dei figli e della moglie.
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