Omicidio Filippo Verterame, la madre: «Non basta dare l’arma per lavarsi la coscienza»
- Postato il 6 settembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Omicidio Filippo Verterame, la madre: «Non basta dare l’arma per lavarsi la coscienza»
Omicidio Filippo Verterame, Angela Giaquinta si rivolge all’assassino del figlio ventiduenne: «Giuseppe Paparo non ha chiesto perdono. L’omicidio nasce da un rancore coltivato per anni».
CROTONE – Angela Giaquinta, madre di Filippo Verterame, il 22enne morto a seguito delle ferite riportate con una rissa a Le Canella lo scorso 19 agosto, è tornata a far sentire la sua voce su ciò che accaduto al figlio. Lo ha fatto fa per “rispondere” alle parole di quello che le indagini hanno individuato come l’autore della coltellata alla carotide che ha portato il giovane alla morte, Giuseppe Paparo, 39 anni, arrestato con l’accusa di omicidio. In particolare, la madre si sofferma su una frase detta da Paparo durante l’interrogatorio effettuato dai magistrati, cioè, “lavarsi la coscienza” consegnando alle autorità l’arma del delitto.
Una frase che, in una madre colpita da un dolore insopportabile come quello della perdita di un figlio, ha generato indignazione e amarezza, per le parole, a suo dire, pronunciate con leggerezza. Parole che per Angela Giaquinta sono che suonano come una seconda ferita, «l’ennesima coltellata» ad un cuore già lacerato.
PER L’OMICIDIO DEL FIGLIO FILIPPO VERTERAME, ANGELA: “NESSUN PENTIMENTO, NESSUNA RESPONSABILITÀ, NESSUN SENSO DI COLPA”
Per Angela Giaquinta, infatti, «è sconcertante e inaccettabile che un “uomo” di 39 anni si limiti a “lavarsi la coscienza”, indicando il luogo dove, con estrema lucidità, aveva nascosto l’arma del feroce omicidio che le forze dell’ordine stavano cercando e di certo avrebbero trovato, senza mostrare pentimento, senza assumersi responsabilità, senza chiedere perdono. Nessuna ammissione di colpa. Nessun accenno di dolore o sofferenza per aver volontariamente causato la morte di un ragazzo di appena 22 anni. Nessun senso di colpa da parte sua e di nessuno dei suoi familiari. Un atteggiamento riprovevole, che dimostra una totale mancanza di rispetto per la vita umana, per la memoria di Filippo e per il dolore di tutti i suoi cari». Scrive, poi, di essersi interrogata a lungo sul significato dell’espressione “lavarsi la coscienza”.
«La coscienza si lava – prosegue la madre – quando è macchiata di soprusi, angherie, sangue. Si lava quando si ammettono le proprie colpe e si chiede perdono. Ma nelle dichiarazioni dell’assassino non c’è nulla di tutto questo. Solo un gesto freddo, quello di restituire un’arma che le forze dell’ordine avrebbero comunque trovato». Un altro elemento sottolineato dalla madre di Filippo è che «restituire l’arma, senza dichiarare veramente come e perché sia stata utilizzata, non può né deve cancellare la gravità di ciò che si è commesso. Anzi, evidenzia un’indifferenza inquietante, una malvagità che contrasta con il significato stesso della parola conscientia».
Omicidio Filippo Verterame E L’ODIO CULTIVATO NEL TEMPO E L’APPELLO ALLA COMUNITÀ
Per la madre del ragazzo ucciso «questo atteggiamento non può ridimensionare la gravità di un crimine così terribile. È fondamentale che tutta la società condanni ogni forma di violenza, senza tollerare complicità o scuse di alcun genere». Invoca, in tal senso, una giustizia che deve essere rigorosa perché «contro chi cerca di scrollarsi di dosso le proprie responsabilità, con scuse vuote e improbabili, solo per ottenere sconti di pena. La vita è un valore sacro, non una merce negoziabile, né un dono privo di significato». Ribadisce, poi, che il movente dell’omicidio non va ricercato in un gesto improvviso, ma in un rancore coltivato nel tempo, un odio radicato, che durava da almeno tre anni «maturato contro un ragazzo e un’associazione che non si sono arresi alla prepotenza».
Fa riferimento, in questo caso, all’ostilità e rivolta contro Filippo e contro l’associazione Asylos, che gestiva il Lido “On the Beach” a Le Cannella con il supporto del Comune di Isola di Capo Rizzuto. Lo spazio del dolore privato, poi, si apre ad un appello pubblico: «In tanti siete venuti a casa in questi giorni a raccontarmi le minacce e le angherie subite da questa famiglia da più generazioni. Vi invito, vi prego: denunciate quanto subito alle autorità competenti. E chi era presente quel giorno, su quel piazzale, ha il dovere morale e civile di testimoniare quanto visto. Fatelo per Filippo, ma soprattutto per i vostri figli e i vostri nipoti».
Omicidio Filippo Verterame E QUEL SOGNO DEL LIDO INCLUSIVO: NON DIMENTICHIAMO FILIPPO
E torna a parlare del lido inclusivo On the beach che era il sogno del figlio Filippo: «Fuori – prosegue la madre – c’è chi crede che quel tratto di costa sia proprietà legittima di una famiglia. Una convinzione atavica che rischia di perpetuarsi nel tempo, alimentando abusivismo, illegalità e ostacolando lo sviluppo del turismo che Filippo amava». Dopo le parole amare, il pensiero della madre, con il cuore spezzato dal dolore, torna al figlio: «A Filippo dedico il mio amore infinito e la mia determinazione a non smettere mai di chiedere verità e giustizia. La sua memoria vivrà in ogni battaglia che porteremo avanti».
E nelle sue parole non è solo lei a chiedere giustizia, ma soprattutto la memoria di Filippo; e chiede, anche, impegno, affinché il nome del figlio non sia mai dimenticato. «Voglio che la memoria di Filippo resti viva – conclude la madre –. Che il suo esempio ci spinga a non arrenderci mai alla violenza e all’odio. La giustizia è l’unica strada per ritrovare un po’ di pace. La violenza non deve vincere».
L’AFFETTO DEI BAMBINI E L’APPELLO ALLA LEGALITÀ
Nei giorni scorsi, sul suo profilo Facebook, Angela Giaquinta aveva fatto riferimento a foto e messaggi «che i bambini ci hanno mandato parlano più di mille parole: raccontano affetto, stima e la bellezza di un legame pulito, semplice e sincero. Ci commuovono e ci danno forza». Rimarca, la madre di Filippo, che «tra i tanti gesti, c’era anche il palloncino bianco di un meraviglioso bimbo e della sua coraggiosa mamma: lo hanno lasciato volare verso il cielo per gridare amore, speranza e vicinanza. Quel palloncino — fragile e luminoso — ci ricorda che l’affetto dei più piccoli può sbocciare anche nel mezzo di legami familiari complessi, e che educare alla legalità è un atto di grande coraggio.
L’ammirazione e l’affetto che i bambini hanno sempre provato per Filippo devono diventare speranza e impegno concreto: insegniamo loro il rispetto reciproco, l’aiuto per chi è più fragile e il valore del lavoro onesto. Il coraggio di scegliere da che parte stare. Facciamo crescere questa generazione con quei valori, perché il loro amore diventi esempio per tutti. Grazie a ogni bambino che ha condiviso un disegno, una parola, un sorriso: custodiremo questi gesti e li trasformeremo in azioni, in un progetto di speranza e responsabilità — per Alessandro, Gabriel, Lorenzo, Enea, Diana, Vincenzo, Andrea, Jonathan, e tutti i bimbi che hanno riempito di sorrisi il lido On the beach».
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