Omicidio Bellocco, Bellebuono fuggiasco dopo la soffiata a Beretta: “Seguito e ascoltato, non ho più tempo”

  • Postato il 19 aprile 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Non c’è tempo, ti dico solo questo. O meglio io non ho più tempo”. E’ il 21 settembre 2024 quando Daniel D’Alessandro detto Bellebuono scrive in chat a un numero salvato come “Amico meu”. Diciassette giorni prima, e cioè il 4 settembre, l’ex capo ultras dell’Inter Andrea Beretta ha scannato a coltellate Antonio Bellocco, figlio prediletto della ‘ndrangheta di Rosarno. Lo ha fatto perché Bellebuono nei giorni precedenti lo aveva avvertito di un piano omicida nei suoi confronti, ordito da Bellocco e da Marco Ferdico, ovvero gli ex membri del direttivo della curva Nord, assieme allo stesso Beretta. Il primo ottobre 2024, il giorno dopo il blitz dell’inchiesta Doppia curva sugli affari criminali delle curve di Inter e Milan, Bellebuono chiede alla Mobile di essere sentito. E qui con le sue prime inedite dichiarazioni che il Fatto.it è in grado di riportare, racconta del piano pensato per far fuori Beretta.

Oggi D’Alessandro si trova in carcere in Bulgaria dove è stato arrestato giorni fa perché accusato di aver partecipato all’omicidio di Vittorio Boiocchi, ex capo degli ultras nerazzurri, ucciso il 29 ottobre 2022. Quasi due anni dopo, il 4 settembre 2024, Bellocco viene ucciso. In una nota del 15 settembre successivo la squadra Mobile scrive: “La rivelazione di D’Alessandro a Beretta è stata certamente la causa” dell’omicidio di Antonio Bellocco. Tanto che Bellebuono “consapevole” di questo ha intrapreso “la strada dell’irreperibilità”. In quei giorni, Marco Ferdico assieme al padre si recano al domicilio di D’Alessandro.

Così il 21 settembre Bellebuono scrive ad “Amico meu” e gli chiede un incontro: “Dobbiamo parlare, più urgente di quello che pensi, sono seguito e ascoltano le chiamate sappilo, però ti devo parlare”. Al che “Amico meu” risponde: “Fra non posso uscire con la bambina. Domani in qualche modo vengo, anche perché se vengo adesso mi vedono”. Bellebuono: “Tanto ti vedono comunque credimi (…). Io non ho più tempo”. Ha paura Bellebuono. Immagina che la “spiata” a Beretta sia come un taglia nei suoi confronti messa dalla famiglia Bellocco. Lo sa anche la squadra Mobile. Tanto che quello stesso 21 settembre scrive in una nota riservata: “Alla luce di quanto emerso dalle intercettazioni è stata data notizia all’autorità giudiziaria che ha richiesto il rintraccio urgente di D’Alessandro la cui incolumità appariva versare in una situazione di criticità crescente, con il contestuale invito dello stesso a recarsi presso questi uffici per un colloquio informale con il dottor Paolo Storari”. Bellebuono sarà così rintracciato quello stesso giorno presso il centro commerciale Carosello a Carugate. Portato in questura, scrive la Mobile, “gli è stata rappresentata una esposizione a rischio per la sua incolumità”. D’Alessandro risponde di non sentirsi in pericolo e rifiuta ogni forma di collaborazione. Prima di riaccompagnarlo a casa, però, gli investigatori della Mobile lo invitano “ad allontanarsi dal luogo di sua abituale dimora e allo stesso tempo gli prospettano una possibile traduzione in una località protetta a tale scopo predisposta per l’indomani mattina”, ma “a fronte di una iniziale accettazione da parte dell’interessato, l’indomani lo stesso sul luogo ed all’ora concordata con personale di questo ufficio, non si è presentato”.

Dunque Bellebuono sa perfettamente di essere in pericolo, ma non si presenta in Questura il giorno dopo e inizia a vivere da fuggiasco. Il primo ottobre poi, la sua abitazione viene perquisita. L’attività darà esito negativo. E però sembra proprio quello a convincerlo a chiedere alla polizia di essere sentito lo stesso giorno. Si legge in un’altra nota agli atti dell’inchiesta sull’omicidio di Vittorio Boiocchi: “Al termine della perquisizione, la persona ha richiesto di essere portata in ufficio per fornire indicazioni utili alle odierne investigazioni (…). D’Alessandro ha espresso voler raccontare spontaneamente”. Ed ecco allora per la prima volta le parole di colui che ha rischiato (e forse rischia ancora oggi) di essere il terzo morto ammazzato di questo romanzo criminale.

Sono “stato parte integrante di un progetto omicidiario” contro “Andrea Beretta – inizia così D’Alessandro – che avrebbe dovuto essere portato a compimento entro il 15 settembre 2024. Al progetto avrebbero preso parte più persone, ciascuna con un compito ben prefissato e con la possibilità che l’uno non sapesse dell’altro: tra questi, oltre ad Antonio Bellocco, Marco e Gianfranco Ferdico, un individuo con incarico di sparare a Beretta, soprannominato Pinna, un detenuto ammesso al lavoro esterno presso un’officina, un ulteriore individuo, conosciuto con il nickname del profilo instagram, Ambro Cn69, con il compito di occuparsi del cambio delle macchine ad esecuzione ultimata”. Aggiunge Bellebuono che “la macchina di Beretta sarebbe stata portata a Nizza per dissimulare una sua intenzione di scappare all’estero essendo questi notoriamente munito di un documento falso”.

Entra poi nei dettagli: “Il progetto era stato ideato da Bellocco e dai suoi fedelissimi, Marco e Gianfranco Ferdico. Questi ultimi avevano progettato di attirare Beretta in un tranello che consisteva nel convincerlo ad effettuare un recupero crediti presso un non meglio precisato individuo abitante all’interno di una fantomatica cascina prossima alla piscina di Cernusco Sul Naviglio: qui Beretta sarebbe stato stordito con sostanze velenose e narcotizzanti, per poi essere portato in un luogo di campagna, colpirlo con un’ arma da fuoco e sotterrarlo in una buca”. Davanti alla Mobile, quel pomeriggio del primo ottobre 2024, Bellebuono spiega di essere “stato incaricato di acquistare calce viva presso il negozio Leroy Merlin di Carugate”. Cosa che ha confermato “di aver fatto nel mese di luglio 2024, pagando in contanti”. Secondo le prime dichiarazioni di Bellebuono “il progetto nasceva dai sospetti che Beretta si fosse appropriato indebitamente dei guadagni della Curva senza dividerli in parti eguali, fatto questo risalente ad un anno dall’omicidio Bellocco, esattamente dalla partita di finale di Coppa dei Campioni di Istanbul (…). Per l’esecuzione materiale dell’omicidio sono stati ultimati” da D’Alessandro e “ da Marco Ferdico una serie di sopralluoghi nel posto prestabilito, e ciò per valutarne la fattibilità. Il progetto prevedeva diverse soluzioni, che a partire dalla metà di luglio 2024 circa iniziarono a prendere più concretezza: in tale periodo, infatti, si tenne un incontro all’interno del box di Bellocco, dove fu condotto Beretta”. Quella doveva essere la vigilia dell’omicidio e però il giorno successivo “Bellocco subì una perquisizione domiciliare” che ha determinato “un rinvio temporaneo del progetto dell’omicidio”.

Davanti alla Mobile, poi Bellebuono spiega i motivi che lo hanno spinto ad avvertire Beretta. Ecco le sue parole riassunte ancora una volta dalla squadra Mobile nella nota del primo ottobre 2024: “Il delatore che aveva una grande stima di Beretta avendolo, quest’ultimo, a suo dire, salvato da un precedente progetto omicidiario nei suoi stessi riguardi” legato “a un debito di droga con calabresi, decise di sdebitarsi e ricambiare il favore avvisandolo della possibilità che lui morisse in un attentato da un momento all’altro”. Per questo “pensando di rimanere anche lui nella buca con Beretta a causa della sua dipendenza dalla cocaina che lo rendeva un inaffidabile all’interno del gruppo, ogni volta che aveva delle informazioni nuove, sia che attestassero la prossimità dell’esecuzione, sia quella del possibile rinvio, nottetempo, si era incontrato con Beretta per avvisarlo, almeno per quattro volte”. Come è noto la sera prima dell’omicidio Bellocco, si è tenuta una partita di calcetto alla quale hanno partecipato diversi protagonisti di questa storia. Presente anche Beretta che, conclude Bellebuono, “si è dimostrato freddo con tutti, molto attento a ciò che faceva e diceva e, soprattutto, si è allontanato dal luogo senza fare la doccia”.

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