Omicidi del Tylenol, la storia del caso (mai risolto) nella docuserie Netflix
- Postato il 28 maggio 2025
- Di Panorama
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Sono passati oltre quarant’anni da quando, nel 1982, sette persone morirono nell’area di Chicago dopo aver ingerito capsule di Tylenol contenenti cianuro. Un evento scioccante che paralizzò l’intera nazione e che, ancora oggi, resta avvolto nel mistero: nessuno sa chi abbia contaminato le pillole né come sia riuscito a farlo.
A raccontare questa storia agghiacciante è la docuserie in tre episodi “Cold Case: The Tylenol Murders”, disponibile su Netflix dal 26 maggio. Il documentario offre una panoramica dettagliata del caso, con interviste a giornalisti, ex membri delle forze dell’ordine e conoscenti delle vittime. Tra i protagonisti anche James W. Lewis, principale sospettato per più di quarant’anni, che spiega perché, secondo lui, non può essere l’assassino.
Omicidi del Tylenol, come tutto ebbe inizio
L’allarme scattò quando tre membri della stessa famiglia — Adam Janus (27 anni), Stanley Janus (25) e Theresa Janus (20) — morirono quasi contemporaneamente.
“L’unica ragione per cui si sono accorti che stava succedendo qualcosa è che tre giovani della stessa famiglia sono morti tutti insieme nello stesso momento”, spiega Yotam Guendelman, co-regista della serie. “Per molti versi, è un crimine perfetto, perché il cianuro diventa praticamente irreperibile dopo poche ore”.
Altre vittime furono Mary Kellerman (12 anni), Mary Reiner (27) — madre di quattro figli —, Mary McFarland (31), impiegata in una compagnia telefonica, e Paula Prince (35), assistente di volo della United Airlines.
La docuserie raccoglie le testimonianze di chi ha vissuto quei momenti drammatici. Michelle Rosen, figlia di Mary Reiner, ricorda di aver avuto otto anni quando vide sua madre accasciarsi a terra in preda alle convulsioni. Jean Regula Leavengood, collega e amica di Paula Prince, racconta che le autorità la informarono che le labbra di Prince erano talmente contaminate da cianuro che chiunque avesse provato a rianimarla sarebbe morto.
Il terrore si diffuse a livello nazionale. I volontari andarono porta a porta per avvisare la popolazione del Tylenol contaminato, mentre la polizia pattugliava le strade con i megafoni per diffondere l’allarme. Si ipotizzava che i flaconi fossero stati manomessi singolarmente e poi rimessi sugli scaffali delle farmacie.
Gli omicidi del Tylenol hanno avuto ripercussioni profonde: l’introduzione dei sigilli di plastica su farmaci e prodotti alimentari, oggi standard, nacque proprio da quel trauma collettivo. Come riportato dal TIME, anche la paranoia per le caramelle di Halloween contaminate — che si diffuse nello stesso anno — è parzialmente riconducibile a quei fatti.
“Cold Case: The Tylenol Murders” esplora anche una teoria alternativa: la contaminazione potrebbe essere avvenuta nella linea di produzione della Johnson & Johnson, azienda madre del Tylenol. Il documentario segnala la presenza di cianuro negli stabilimenti da cui provenivano i flaconi contaminati e collega un ulteriore decesso avvenuto a Yonkers, New York, nel 1986, quando i sigilli di sicurezza erano già in uso.
“Non vogliamo incolpare nessuno, né Jim Lewis né, ovviamente, Johnson & Johnson”, chiarisce il co-regista Ari Pines. “Ma crediamo che in un caso così importante sia essenziale analizzare da vicino tutti i possibili attori coinvolti, comprese le grandi aziende”.
Johnson & Johnson ha sempre negato che le pillole contaminate siano state prodotte nei propri stabilimenti e ha rifiutato di rilasciare interviste per la docuserie.
Il principale sospettato
James W. Lewis, un contabile con un passato oscuro, fu il principale indiziato perché inviò una lettera alla Johnson & Johnson chiedendo un milione di dollari per fermare le morti. La produttrice Molly Forster impiegò un anno per conquistare la sua fiducia e ottenere un’intervista.

Lewis era già stato arrestato in precedenza: un suo cliente, Ray West, era stato trovato smembrato nella soffitta di casa sua, e Lewis aveva tentato di incassare un assegno falso a suo nome. Tuttavia, le accuse furono ritirate per un vizio procedurale: gli agenti non gli avevano letto i diritti Miranda.
Il detective David Barton rivela che nella casa di Lewis furono trovate bozze di lettere di estorsione e un libro sugli avvelenamenti.
“Non farei del male a nessuno”, dice Lewis con una risatina, alla fine del primo episodio. E conclude: “Potete continuare a farmi domande per sempre. Se mai inventassimo una tecnologia per leggermi la mente, non trovereste nulla di compromettente”.
Quanto alla lettera di estorsione, Lewis la giustifica come frutto del dolore: sostiene che Johnson & Johnson avesse prodotto un cerotto difettoso che contribuì alla morte della figlia, e attribuiva all’azienda la colpa della tragedia.
Condannato per estorsione, scontò 12 anni di carcere, ma non fu mai incriminato per omicidio: le autorità non riuscirono a dimostrare che fosse a Chicago durante i decessi. In effetti, si trovava già a New York da alcune settimane.
“Non hanno mai avuto prove forensi per collegarlo effettivamente agli omicidi”, spiega Guendelman. E l’ex sovrintendente della polizia di Chicago, Richard Brzeczek, afferma: “James Lewis era uno stronzo, ma non era l’assassino del Tylenol”.
L’intervista rilasciata per la serie è stata l’ultima di Lewis, morto il 9 luglio 2023.
“Gli piaceva attirare l’attenzione”, osserva Guendelman. “Gli piaceva essere considerato l’uomo del Tylenol, senza dover scontare la pena”, aggiunge Pines.
Perché il caso degli omicidi di Tylenol non è mai stato risolto
Secondo Guendelman, il numero delle vittime potrebbe essere superiore a quello ufficialmente riconosciuto. E la scarsità di prove ha reso difficile qualsiasi accertamento: nella frenesia di eliminare le confezioni contaminate, molte prove sono andate perdute nei primi giorni dell’inchiesta.
Con la morte di Lewis, i registi auspicano che le autorità allarghino finalmente il raggio delle indagini.
“Concentrarsi su un solo sospettato non ci ha portato da nessuna parte. Continuare a fare la stessa cosa non porterà a risultati diversi”, sottolinea Pines.
La speranza è che questa docuserie, distribuita sulla più grande piattaforma di streaming al mondo, possa raggiungere qualcuno che conosca dettagli cruciali o spingere l’FBI a desecretare documenti rilevanti.
Nel frattempo, rimane l’inquietudine. “Anche se una bottiglia sembra completamente sigillata, potrebbe comunque essere contaminata”, avverte Pines. “Quindi sì, penso che questa serie spaventerà a morte la gente”.