Ocone: Altro che fascista e autoritario: Donald Trump è un paladino della libertà
- Postato il 21 novembre 2024
- Di Libero Quotidiano
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Ocone: Altro che fascista e autoritario: Donald Trump è un paladino della libertà
Ma siamo proprio sicuri che Donald Trump abbia poco a che fare con i valori liberali e che, da questo punto di vista, egli rappresenti un radicale cambiamento rispetto alla tradizione repubblicana? Per rispondere a questa domanda bisogna fare opera di astrazione dalla retorica negativa costruita dai democratici e veicolata dai loro potenti mezzi di comunicazione. Dire che Trump sia un “fascista”, che l'America rischia di cadere in una forma di governo “autoritaria”, non è semplicemente errato: è ridicolo. Facciamoci allora un'ulteriore domanda: dove è che si gioca oggi la battaglia liberale? Su quale terreno, in America più che altrove? Oppure, detto altrimenti, a quale sfida il liberale deve rispondere in questo nostro tempo? La risposta è abbastanza evidente: oggi ad essere minacciata è la più classica delle libertà liberali, quella d'espressione, che già Locke considerava, insieme al diritto alla proprietà, come la base di ogni Stato che voglia definirsi di diritto. A minacciarla è, ovviamente, la cultura woke, la quale non si è limitata a conquistare i maggiori centri di elaborazione e diffusione del sapere, quelli ove si costruisce l'immaginario comune, ma ha preteso che le voci dissenzienti fossero zittite o addirittura espulse dal consesso civile. E pazienza se esse traevano alimento da una lunga tradizione che aveva contribuito a creare la nostra civiltà! La cultura woke agisce non sui corpi, come era proprio dei vecchi regimi autoritari del tempo di Locke, ma direttamente sulle nostre menti.
Le opinioni difformi da quelle accettate oggi non vengono punite con il carcere e la repressione, non almeno in Occidente, ma con il più potente degli stigmi sociali: l'esclusione, l'irrilevanza, spesso anche con la delegittimazione morale di chi se ne fa portatore. La censura diventa spesso un'autocensura, viziando alla base ogni serio confronto e dialettica di idee, cioè quegli elementi che sono il sale della democrazia. Ci si sbaglierebbe di grosso se si credesse però che gli effetti del woke siano limitati al campo degli intellettuali o degli operatori della cultura. L'imposizione di un linguaggio standard e la stigmatizzazione di quello usato dalle persone semplici e di buon senso hanno avuto, soprattutto in America, una forte ricaduta anche sul cittadino comune, che in tal modo si è sentito non solo castrato nella libertà dei suoi comportamenti ma anche isolato ancor più dall'élite colta e benestante che gli ha imposto queste regole. Si può anzi dire che è proprio in questo preciso punto che la battaglia liberale per il free speech si è incrociata con quella democratica portata avanti da Trump in difesa dell'americano medio e «dimenticato».
«Fare di nuovo grande l'America» significa anche ridare lustro a quel principio sacro solennemente enunciato dal primo emendamento alla Costituzione e oggi fortemente limitato dalle culture dell'esclusione e della regolazione. Questa connessione è, fra l'altro, molto chiara al neopresidente americano: in un discorso del 15 dicembre 2022, opportunamente rilanciato in questi giorni da Elon Musk su X, egli delineò un dettagliato programma volto a smantellare, una volta tornato al potere, il sistema di regole e controlli che oggi limitano fortemente la libertà d'espressione. Senza troppe perifrasi, egli disse in quell'occasione che «la lotta per la libertà di parola è una questione di vita o di morte per l'America e per la sopravvivenza della stessa civiltà occidentale. Quando sarò Presidente, questo intero sistema marcio di censura e controllo delle informazioni verrà strappato via dal sistema in generale. Non resterà più niente». A rifletterci bene, l'incontro di Trump con Musk è avvenuto proprio su questo terreno, essendo il geniale imprenditore impegnato proprio a combattere il sistema di “moderazione” a senso unico messo su dai social concorrenti al suo X. Che le parole del 2022 avranno un seguito, il neopresidente americano lo ha fatto capire proprio in questi giorni con la nomina di un suo fedelissimo, Brendam Carr, alla guida della Federal Communications Commission. Carr, in una delle sue prime uscite, ha chiarito che il suo compito sarà proprio quello di smantellare il «cartello della censura» messo su negli anni passati dalle Big Tech della Silicon Valley. Non è un programma da poco ed avrà enormi ricadute anche sulla nostra povera Europa, ove le culture della normalizzazione e dell'esclusione sono arrivate tardi ma operano con indubbia efficacia. Anche in Italia, ove pure la destra è al potere. Nel nostro Paese, la cultura liberal, innestatasi sul tronco di quella marxista e azionista, ha da tempo delimitato l'ambito del dicibile. Un dibattito franco fra opinioni differenti ma ugualmente legittime è diventato quasi impossibile.
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