Ocio, caruso, nziste, e bischero: ora Topolino parla in dialetto

  • Postato il 15 gennaio 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Ocio, caruso, nziste, e bischero: ora Topolino parla in dialetto

P er molti bambini la lettura di Topolino è stata un vero strumento pedagogico che aiutava a scegliere le parole con cura, e a scoprirne di nuove. Personalmente, tra i fumetti di Topolino (e di tutta la compagnia dei paperi) e quelli dei supereroi, non c'era gara: era come paragonare Thomas Mann a... vabbè, non facciamo nomi. Da una parte, una lingua ricca, articolata, con quei termini ricercati o difficili evidenziati in grassetto, scandita in dialoghi non indegni di una commedia di Billy Wilder, e dunque mai grossolani o volgari, dall'altra, i Crash! Bam! Bang! e le altre rozze esclamazioni dei supernoiosi.

Da oggi, in occasione della Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali, che si celebra il 17 gennaio (ormai c'è una giornata per qualunque cosa, è una mania, ma questo è un altro discorso) in alcune regioni si può acquistare un'edizione speciale di Topolino, pubblicato da Panini Comics, con una storia intitolata Zio Paperone e il PDP 6000 (sceneggiata da Niccolò Testi e disegnata da Alessandro Perina) scritta nel dialetto locale. Ci sarà l'edizione catanese, fiorentina, milanese e napoletana, in aggiunta alla versione “classica” in italiano.

Così, per la prima volta (anche se immaginiamo che incursioni nel dialetto siano già avvenute, non sistematicamente, in albi passati) nel numero 3608 di Topolino potremo leggere Paperon de' Paperoni esclamare: «Mmi! C-chi succeri?» cui risponde il fedele maggiordomo Battista nel medesimo dialetto della Sicilia orientale: «Signuruzzu, nun ci u vulissi diri... ma i plotti su bbloccati!» Mentre i bassotti, nel loro consueto attacco al deposito, stavolta dall'aria, su deltaplani, si incoraggiano così: «Fozza, carusi! Mintèmuni a ttipu caccarazza! Stamu pronti ppi nnon ni fari pigghjari re cannunati! », che nell'edizione napoletana diventa: «Forza, uagliù! Facite ‘a mossa r”a caiazza! Pronte a scanzà ‘e ccannunate!» Nella versione milanese, proprio l'arma tanto temuta dai bassotti è approntata da Paperone con questo comando a Battista: «Carega el cannon», e dopo il gemito del nostro: «Ne poedi puu! Groan!» (il “groan”, marchio di fabbrica dei fumetti Disney, ovviamente resta invariato), Battista lo rincuora: «Ona bella triada fada polida l'è quell che ghe voeur, sur Paperon! » Come sempre nella tradizione di Topolino, le cose sono state fatte con grande cura, e per tradurre la lingua italiana nei quattro dialetti (non sarebbe stato possibile, naturalmente, offrire edizioni speciali che coprissero i tanti altri parlati in tutta Italia, così ne sono stati scelti quattro simbolici del nord, centro, sud e isole) ci si è rivolti ad accademici e linguisti, come Riccardo Regis, docente di linguistica italiana all'Università di Torino, e Giovanni Abete, che insegna linguistica generale alla Federico II di Napoli. Sicché la correttezza dialettale è scrupolosissima, e, ad esempio, nella versione napoletana compare la forma “uagliù”, anziché “guagliù”, proprio perché più attuale. Il direttore di Topolino, Alex Bertani, si augura che l'iniziativa riscuota successo, così da poterla bissare con altre edizioni speciali in altri dialetti. Intervistato dal sito Fumettologica, il direttore racconta cosa l'ha spinto a far parlare Paperone in milanese o in catanese: «Vedo spesso all'estero lingue e forme dialettali locali che vengono tutelate, valorizzate, tramandate. Mi spiace non vedere lo stesso per le nostre lingue locali. Sono cresciuto parlando spesso il dialetto delle mie zone e so bene quanto queste forme linguistiche siano preziose, quanto siano capaci di conferire sfumature e raccontare certe realtà con incredibile efficacia. Come direttore di un giornale con forte diffusione tra le nuove generazioni ho pensato fosse giusto fare qualcosa per ricordare a tutti l'esistenza e l'importanza di questa realtà». E allora forse, riprendendo il tema della mia preferenza per i fumetti Disney, rispetto ai supereroi, può darsi che ciò che mi mancasse, o che trovassi incredibilmente goffo e primitivo in questi ultimi, era proprio l'ironia, la finezza umoristica.

La prova sta nel fatto che si può benissimo far parlare Zio Paperone, Battista e i Bassotti in fiorentino o in napoletano, senza che la cosa suoni sacrilega o ridicola, ma anzi, con un'aggiunta di divertimento e di teatralità, mentre, siamo seri, chi può immaginare l'Uomo Ragno, o Batman, o un altro di quegli insopportabili tromboni, come Superman, fare le loro pensose dichiarazioni o considerazioni («un grande potere comporta grandi responsabilità» e altre banalità del genere) in catanese? O in milanese? Il mondo dei paperi è un mondo che non pretende di essere adulto, responsabile, e dunque non pretende di essere vincente, o giustiziere. È un mondo dove tutto può accadere e tutto è beatamente giocoso, davvero nel senso che lo storico Johan Huizinga dava all'espressione “Homo ludens”. Perciò calare le parole dei loro personaggi nei vari, molteplici e vivaci stampi dei quattro dialetti italiani che sono stati scelti, non ne intacca i personaggi, la loro caratterizzazione, la loro, perché no, umanità.

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Autore
Libero Quotidiano

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