Occhiuto indagato per corruzione contro tutti: “Mi sento stuprato”. E la procura gli risponde

  • Postato il 19 giugno 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Le parole del procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio potrebbero essere un’ottima “lezione di procedura penale” dove a prendere appunti dovrebbe essere il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, indagato per corruzione nell’ambito di un’inchiesta dove sono coinvolti anche un suo ex socio, Paolo Posteraro, e l’amministratore unico di Ferrovie della Calabria Ernesto Ferraro. Ma andiamo con ordine perché, in questi giorni il governatore e vicesegretario nazionale di Forza Italia ha puntato il dito più volte contro la Procura che il 6 giugno gli ha notificato un avviso di proroga indagini.

Lo ha fatto lunedì sera dal salotto di Nicola Porro, durante la trasmissione “Quarta Repubblica” dove Occhiuto ha prima bollato l’inchiesta come “una stronzata”, a cui deve dedicare “una parte del mio cervello e una parte del mio tempo” mentre è impegnato a “lavorare 16-17 ore al giorno su problemi complicatissimi di una regione complicatissima”, e poi ha accusato i magistrati che lo indagano di avere passato le carte ai giornali e, in particolare, al Domani definendo il quotidiano di De Benedetti “il cancelliere del Tribunale”. Tutto questo perché ha chiesto di avere il fascicolo della sua inchiesta, e non gli è stato dato (visto che l’indagine è in corso), e di essere sentito dai pm che non lo avevano convocato in Procura.

Avendo ancora qualcosa da dire e aspettando di essere “interrogato al buio, senza conoscere le carte” dai pubblici ministeri, mercoledì Occhiuto ha tenuto una conferenza stampa per parlare ai calabresi sottoponendosi alle domande dei giornalisti a cui ha detto di sentirsi “stuprato e arrabbiato”. “Credo di non meritare questa cosa. Però sono in formato combattimento”. Le sue parole sembrano un messaggio non solo alla Procura ma anche alla politica, di centrosinistra e di centrodestra, che sta aspettando di capire come si evolve la situazione: “Non consentirò la mia uccisione politica. Non credo che ci sia un complotto giudiziario e non ho le carte per sapere se questa indagine è partita o si è sviluppata per azzopparmi. Ma non mi faccio azzoppare, nel senso che mi ricandiderò”.

E ancora contro la Procura: “Mi sono sentito come se fossi in un frullatore dove uscivano tutte queste notizie. Allora ho deciso di rispondere ad accuse pubbliche con spiegazioni pubbliche. Quello che mi preme di più è che mi si dia la possibilità di rispondere ai pm. Spero che mi chiamino al più presto perché sono nella condizione di chiarire ogni questione che viene sollevata”.
Rispetto a quanto detto da Porro, dove ha accusato la Procura di aver dato le carte ai giornali, Occhiuto ha corretto il tiro: “Non sono un complottista. Io non so chi abbia dato le notizie alla stampa, qualcuno deve averle date. Io sicuramente non le ho potute dare perché ho ricevuto soltanto questi due foglietti”.

La risposta del procuratore Salvatore Curcio è arrivata a stretto giro dal palco di Trame, il festival dei libri sulle mafie che ogni anno viene organizzato a Lamezia Terme: “L’assalto alla diligenza me l’aspettavo”, ha detto il magistrato. “Nel merito della vicenda ovviamente non dirò nulla per ovvie ragioni – è stata la premessa rispondendo alle domande del giornalista Pietro Comito – Ognuno ha il diritto di difendersi come meglio crede ma, visto che sono stato in silenzio fino a stasera e non ho inteso emettere alcun tipo di comunicato stampa (perché non ne ravvisavo sinceramente la necessità), qualche precisazione la devo fare per amore di verità, per amore e rispetto della toga che porto e della istituzione che rappresento. Senza voler assolutamente minimamente polemizzare con chicchessia, io parlo solo di fatti”.

E qui inizia la lezione di procedura penale che il governatore si sarebbe potuto evitare se avesse ascoltato i suoi avvocati o, quantomeno, se avesse chiesto a qualsiasi studente di giurisprudenza: “Al presidente Occhiuto – spiega il procuratore – non è stato notificato alcun avviso di garanzia dal mio ufficio ma gli è stato notificato un avviso da parte del gip che dice che il pubblico ministero ha richiesto la proroga delle indagini preliminari scadute nel maggio 2025 relativamente a un procedimento che era stato iscritto nel maggio 2024. Si è detto che questa è stata un’indagine venuta alla luce ad orologeria, nel momento in cui si è verificata una determinata condizionale di tipo politico. Non è assolutamente vero: l’indagine nasce nel maggio 2024 quando io ero ancora procuratore di Lamezia Terme. Noi abbiamo fatto semplicemente quello che si fa di routine quando in un’inchiesta stanno per scadere i termini per le indagini preliminari e non si fa in tempo a definire il procedimento per intero”.

Il procuratore replica anche all’accusa di aver negato il rilascio degli atti di indagine a Occhiuto: “Io capisco il sacrosanto diritto di difendersi come meglio crede. Ma quando viene notificata una richiesta di proroga delle indagini preliminari e finisce al gip un fascicoletto, la legge processuale italiana non prevede alcun accesso agli atti da parte di Tizio, Caio e Sempronio. Non è una questione di come ci si chiama, ma è una questione di norme processuali penali: l’accesso al fascicolo del pubblico ministero non può avvenire in sede di proroga delle indagini. Se lo avessimo consentito, avremmo fatto un abuso”.

Su come i giornali hanno avuto alcuni atti dell’inchiesta, Curcio risponde semplicemente mettendo in fila i fatti: “A prescindere dal fatto che non siamo adusi a consegnare atti a chicchessia. Ma che interesse avremmo avuto a farlo? In realtà, nel vostro ambiente (quello giornalistico, ndr), sapete benissimo come sono andate le cose e che l’ufficio di Procura è lontano mille anni da certe logiche. I giornalisti mi hanno fatto 500 telefonate e non ho risposto a nessuno. Che cosa è successo?”. Se le carte circolate sono solo quelle in mano agli indagati, la risposta è ovvia ma il procuratore non vuole essere frainteso: “Siccome si è proceduto con i decreti di perquisizione nei confronti di altri soggetti, ed essendo stata la norma di cui all’articolo 352 modificata dalla legge Cartabia (che ci impone di giustificare il perché stiamo eseguendo l’atto), è chiaro che evidentemente l’atto lo ha diffuso chi l’ha ricevuto o chi legittimamente l’ha avuto da chi è stato destinatario della perquisizione”.

Curcio, infine, ha smentito pure la notizia che i pm non vogliono interrogare Occhiuto per consentirgli di chiarire la sua posizione: “La Procura di Catanzaro ha i suoi tempi. Non è che un pubblico ministero gestisce un solo fascicolo. Ne gestisce 4-500, a volte mille. Stamattina, su mia espressa autorizzazione, il procuratore aggiunto ha contattato il difensore di Occhiuto dandogli la massima disponibilità se avesse voluto rendere delle dichiarazioni spontanee”. Non un interrogatorio quindi. Anche perché se i pm lo avessero ritenuto necessario per l’indagine, avrebbero notificato un avviso di comparizione: “Noi non siamo i carnefici di nessuno – conclude Curcio – Accertiamo fatti ed eventuali responsabilità se quei fatti hanno rilievo penale. In Italia, fino a quando non modificheranno la Costituzione, l’azione penale è obbligatoria. E questo ci rende uguali di fronte alla legge”.

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Il Fatto Quotidiano

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