Obesità, l’Italia approva una legge storica. Ora è considerata malattia
- Postato il 19 ottobre 2025
- Di Panorama
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Lo stigma pesa più dei chili stessi. Ferisce a scuola, sul lavoro, nella vita sociale. Sei grasso, non hai forza di volontà, basterebbe mangiare meno: frasi pronunciate come un marchio di colpa. Intanto, un italiano su due convive con problemi di peso e oltre sei milioni sono obesi.
L’Italia, però, stavolta è pioniera e sta cercando di cambiare la storia, anche se a piccoli passi. Lo scorso 2 ottobre, con l’approvazione della legge Pella, il nostro Paese è diventato il primo al mondo a riconoscere ufficialmente l’obesità come malattia cronica, progressiva e recidivante: altre nazioni la definiscono già come problema medico, ma non con una legge unitaria e nazionale che includa tutte le parti, abbracciando prevenzione, cura, sensibilizzazione, riconoscimento giuridico e copertura assistenziale.
Una legge di civiltà
Una norma fortemente voluta dal governo, perché troppo a lungo la società ha guardato al corpo come misura della volontà o del valore, ignorando la complessità di una patologia che ha effetti drammatici.
«L’obesità è la pandemia del 21° secolo» scrive Michele Carruba, presidente onorario del Centro di studio e ricerca sull’obesità dell’Università di Milano, e autore del libro Obesità, istruzioni per ribellarsi (Guerini editore). «Si diffonde in silenzio con effetti devastanti. Il sovrappeso è spesso alla base di malattie croniche non trasmissibili – inclusi cancro e diabete, tra le prime cause di morte nel mondo. Genera costi economici elevatissimi e produce stigma e discriminazioni sociali».
Il peso economico del grasso
È quindi arrivato il momento di considerare il grasso come un nemico globale, da combattere con ogni mezzo. Anche perché in un sistema sanitario in crisi occorre essere pragmatici: pensare al futuro, dove per l’obesità dovrà esserci sempre meno spazio per il semplice motivo che costa troppo.
Proprio per questo nella nuova legge si affronta anche il tema dei soldi: che però sono pochi.
«Dobbiamo guardare alla questione con spirito degasperiano» afferma l’onorevole di Forza Italia Roberto Pella, che dà il nome alla legge. «Investire oggi per ottenere risparmi e vantaggi nel lungo periodo. Non è facile: l’impatto economico dell’obesità è enorme, con cifre superiori a quelle del Covid. E la strada del suo inserimento nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) è tortuosa, intrecciata con normative differenti e molteplici attori, dalla sanità alle politiche regionali, dalle imprese alle misure di welfare».
Note dolenti: la nuova legge prevede uno stanziamento fino a 1,7 milioni di euro annui, ma i soldi non bastano. Le nuove molecole contro l’obesità – semaglutide e tirzepatide – sono costosissime. Quando la coperta è corta, emergono subito questioni di priorità e sostenibilità che non si risolvono a breve.
Farmaci anti-grasso e pregiudizi
Provocatoriamente: pensiamo a chi soffre di altre malattie, non riceve adeguati rimborsi o fatica ad accedere a cure innovative. Come reagirà di fronte al fatto che agli obesi – verso i quali pesa ancora il pregiudizio del «basterebbe mangiare meno» – potrebbero essere erogati gratuitamente i super farmaci anti-grasso?
«Anche per questo c’era assoluto bisogno di una legge di civiltà» sottolinea Pella. «Occorre un cambio di mentalità sulla malattia. Gli obesi hanno diritto a essere curati esattamente come chi soffre di altre patologie. È una trasformazione che richiede concertazione: i costi iniziali sono elevati, quindi il percorso dovrà essere modulato e graduale».
Un modello della possibile strada da percorrere era già stato immaginato. Il presidente di Aifa, Roberto Nisticò, aveva affermato mesi fa che, in caso di approvazione della legge, si sarebbe valutata la rimborsabilità dei nuovi medicinali seguendo il “modello inglese”: somministrazione gratuita agli obesi gravi già colpiti da un evento cardiovascolare avverso.
Il modello inglese e la via italiana
Una sperimentazione clinica “real life” su migliaia di pazienti, per capire l’impatto non solo clinico ma anche sociale. Ma da noi, il modello inglese sarebbe replicabile?
«Potrebbe essere valido: i pazienti con grave obesità che hanno già avuto un evento cardiaco costano molto al sistema sanitario, perché hanno continue ospedalizzazioni e comorbidità» spiega a Panorama Stefano Genovese, responsabile dell’Unità di Diabetologia, endocrinologia e malattie metaboliche dell’Irccs Centro cardiologico Monzino di Milano. «Lo studio Select ha già dimostrato che la semaglutide è protettiva per tale categoria di persone. A questo punto, meglio rimborsare il farmaco, far perdere peso e ridurre i costi complessivi. In Italia, però, questo passaggio non è ancora stato definito: servirà un grande lavoro delle commissioni per individuare con precisione chi potrà beneficiarne».
Prevenzione e cultura
Come ricorda ancora Carruba, non basta aggredire le malattie quando sono conclamate: occorre fare in modo che le persone sane non si ammalino. Gli studi scientifici dimostrano infatti che ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare più di dodici in cure. Il problema, quindi, si può sconfiggere solo con una grande operazione culturale.
Tra gli specialisti che ogni giorno, nelle corsie degli ospedali, combattono le gravi complicazioni dell’obesità, il sollievo è palpabile.
«Il legame tra obesità e diabete è strettissimo» ammette il professor Riccardo Candido, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi. «Chi è obeso rischia dieci volte di più di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto ai normopeso. E dietro questi numeri ci sono persone che spesso arrivano a diagnosi dopo anni di scompensi, con complicanze cardiovascolari, problemi renali, ipertensione e una qualità di vita profondamente compromessa».
La vera rivoluzione: negli sguardi
L’obesità, infatti, agisce come una sorta di innesco metabolico che altera tutto il corpo, spesso senza sintomi evidenti fino a quando il danno non è già in corso. «Ben venga qualsiasi iniziativa che possa mettere un argine a queste problematiche» conclude Candido.
C’è quindi un prezzo da pagare, sempre: possiamo scegliere se spenderlo oggi in prevenzione e farmaci, o domani in ricoveri e complicanze.
E forse, alla fine, la vera rivoluzione non sarà nei farmaci miracolosi o nelle tabelle dei Lea, ma negli sguardi. Quando smetteremo di pensare che chi pesa di più valga di meno, avremo davvero fatto un passo avanti.
Nel frattempo, l’Italia – quella dei conti sempre in rosso ma anche delle grandi prime volte – ha deciso di provarci.