Noseda all’Opernhaus di Zurigo per l’infuocato addio del sovrintendente Homoki con l’Elias di Mendelsshon
- Postato il 26 giugno 2025
- Di Panorama
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Zurigo brucia. Così il quotidiano svizzero Tages Anzeiger saluta il fuoco in scena fino al 6 luglio all’Opernhaus di Zurigo nell’Elias di Felix Mendelsshon per la direzione musicale di Gianandrea Noseda, fresco reduce dalla direzione della Missa Solemnis di Ludwig van Beethoven al Kennedy Center di Washington, dove dirige la National Simphony Orchestra, e la regia di Andreas Homoki. Una scelta originale con cui il regista tedesco, nel prendere congedo dalla celebre istituzione operistica svizzera dopo 13 anni di direzione artistica, ha deciso di rappresentare l’ultimo oratorio del compositore romantico, caratterizzato da un tono solenne e drammatico e solitamente eseguito senza recitazione e scene.
Mendelssohn comincia a comporre l’Elias nel 1836 per portarlo infine al debutto il 26 agosto del 1846 in una trionfale prima a Birmingham. Nel corso di questo decennio sottolinea più volte nella corrispondenza con il librettista, il teologo Julius Schubring, la dimensione performativa che lo sta ispirando: «Sono ansioso – scrive il 2 novembre 1838 – di rendere piena giustizia all’elemento drammatico, non è necessario introdurre alcuna narrazione epica», mentre il 6 dicembre dello stesso anno ribadisce in un’altra lettera «I personaggi dovrebbero agire e parlare come se fossero esseri viventi. Per amor del cielo, non sia questo un quadro musicale, bensì un mondo reale».
La trama, densa di riferimenti cristologici, ben risponde a questo dettato: conflitti, miracoli, la guarigione del figlio di una vedova, la discesa del fuoco divino per confutare i seguaci di Baal e la loro successiva distruzione, la furia della regina e dei pagani contro il profeta, la pioggia che pone fine a una temibile siccità. A questi accadimenti concitati si contrappongono fasi di sconforto, silenzio, eremitaggio, contemplazione, spiritualità che culminano nella ascesa al cielo di Elia sul carro di fuoco. Tutto questo è ben reso dal forte impatto della regia e della scenografia, tra fiamme, inabissamenti e ascese al cielo, dalla resa musicale, pastosa e densa, con cui Noseda interpreta la partitura, e dalla straordinaria interpretazione del baritono Christian Gerhaer.
Assai vividi gli spunti musicali: tra grandiosità haendeliana e contrazioni introspettive, potenza biblica e rarefazioni celestiali, Noseda non cerca il compromesso, ma dà pieno spazio all’espressione così come si succede nella vicenda: furore, dolcezza, introspezione trovano una piena dimensione nell’interpretazione di questo sessantenne direttore d’orchestra giunto al culmine della sua maturità artistica, particolarmente apprezzabile in questa esecuzione. Una musica resa ancor più comprensibile dall’elemento visivo della resa scenica, che avvicina il pubblico giovane alla ricerca dei grandi ideali e del radicalismo capace di andare fino in fondo alle cose, senza nulla tralasciare.