“Non so cosa dirti!”, quando ti allena papà: da Larissa Iapichino ad Agassi, tra la gloria e il lettino di Freud
- Postato il 15 settembre 2025
- Sport
- Di Blitz
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Quel dialogo, teso e a distanza, tra Larissa Iapichino ed il padre-allenatore (inutile indulgere ancora su quel “non so cosa dirti” del padre alla figlia affranta), dopo la mancata qualificazione dell’azzurra per la finale del lungo ai Mondiali di Tokyo, ha attirato l’attenzione dei tifosi più di medaglie e record in pista.
Ua mancata qualificazione
E ha riaperto l’eterno dibattito su quel rapporto, speciale e tormentato, che c’è tra genitori e figli nello sport.
Qualche osservatore lo definisce il segreto di tante vittorie, altri sono convinti che si tratti della rovina di molti campioni ma quando un genitore è anche allenatore dei propri figli si crea effettivamente un’alchimia unica, nel bene e nel male.
I binomi vincenti sono numerosi: da Mattia Furlani allenato dalla madre a Nadia Battocletti che affida alle cure del padre. Poi ci sono tanti rapporti tormentati come quello tra Gianmarco Tamberi o Stefanos Tsitsipas ed i rispettivi genitori.
Binomi vincenti e rapporti tormentati
In questo contesto c’è Larissa: figlia della due volte campionessa mondiale Fiona May e dell’ex astista azzurro Sergio che ne è l’allenatore. Rapporti speciali che a volte sono sinonimo di successo altre, senza scomodare “Padri e figli” di Turgenev, un conflitto generazionale.
In Italia, esempi emblematici abbondano. Filippo Tortu, velocista olimpico, è allenato dal padre Salvino, con cui condivide ogni passo della carriera: “L’oro di Tokyo è più suo che mio”, aveva detto commosso. Furlani, astro nascente del salto in lungo, si allena con la madre Kathy Seck, ex velocista, descrivendola come “un angelo” che non interferisce mai.
La Battocletti, mezzofondista, ha trovato nel padre Giuliano un mentore paziente e competente. Tamberi, campione olimpico, ha interrotto il rapporto professionale con il padre Marco poco prima dei Mondiali di Eugene 2022, dopo anni di successi e conflitti.

“Grandi risultati si sono alternati a grandi divergenze”, aveva dichiarato. Eppure, dopo la vittoria ai Mondiali di Budapest, ha dedicato la medaglia proprio al padre: “Lo devo a lui se salto”.
L’influenza della madre
In passato si è scritto tanto sull’influenza di René Felton, madre e allenatrice di Andrew Howe, sulla carriera del velocista azzurro. Il caso più eclatante nell’atletica è quello che riguarda Jakob Ingebrigtsen, oro olimpico nei 1500 metri a Tokyo e nei 5000 a Parigi: è stato allenato per anni dal padre Gjert Ingebrigtsen, in un contesto familiare che inizialmente sembrava vincente ma che si è poi rivelato molto problematico ed è terminato con una causa in tribunale per maltrattamenti.
Nel tennis, la dinamica genitore-allenatore è ancora più accentuata. Camila Giorgi è stata seguita per tutta la carriera dal padre Sergio, spesso criticato per il suo stile autoritario. Flavio Cobolli, giovane promessa, è allenato dal padre Stefano, ex tennista.
Ma è sul palcoscenico internazionale che emergono storie ancora più intense. Richard Williams, padre di Serena e Venus, ha pianificato la carriera delle figlie prima ancora della loro nascita. Il suo metodo, visionario e rigido, ha portato a risultati straordinari, ma anche a momenti di tensione.
L’infanzia di Agassi
ndre Agassi, invece, ha vissuto un’infanzia segnata dalla pressione del padre Mike, che lo costrinse a ore infinite di allenamento. Nel suo libro “Open”, Agassi confessa di aver odiato il tennis per anni.
Altri esempi includono Jelena Dokic, che ha denunciato abusi da parte del padre, e Stefanos Tsitsipas, allenato dal padre Apostolos, con cui ha avuto scontri pubblici. Anche Casper Ruud e Sebastian Korda sono figli d’arte, cresciuti sotto l’occhio vigile di genitori ex professionisti.
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