“Non avevo scelta, rischiavo un infarto. Nessuno mi ha chiesto come stessi”: parla Marco Castellano, il medico cardiopatico licenziato per essere andato al Pronto soccorso

  • Postato il 23 giugno 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Può un medico che, temendo un infarto, lascia la sua postazione a pochi minuti dalla fine del turno per andare in ospedale essere accusato di “grave inadempienza” e perdere il lavoro? È la domanda al centro della vicenda che vede protagonista il dottor Marco Castellano, 65 anni, medico con un passato nei pronto soccorso di Oderzo, San Donà e Jesolo, il cui contratto di collaborazione con la Croce Verde di Cavallino-Treporti è stato revocato dopo quanto successo lo scorso 12 febbraio. Il dottor Castellano, già operato al cuore con l’applicazione di quattro stent coronarici, racconta al Corriere della Sera cosa è successo quella sera, mentre era di turno al punto di primo intervento di Ca’ Savio. “I primi sintomi sono arrivati intorno alle 18.40, dopo aver fatto le scale un paio di volte di corsa. Forse ho esagerato. Ma mi sono sentito male“, spiega. Il dolore al petto e il respiro mancante erano gli stessi di un anno prima, quando ebbe la crisi cardiaca.

Ha subito preso le sue medicine, che porta sempre con sé, e ha continuato a visitare alcuni pazienti: “Nonostante i farmaci, i sintomi un’ora dopo non erano ancora passati. Era necessario fare un elettrocardiogramma ma non era possibile nel punto di primo intervento dov’ero”. La situazione è precipitata quando è rimasto da solo: l’infermiere che era con lui ha finito il turno alle 19:30, e il suo sostituto è dovuto uscire immediatamente con un’ambulanza per una chiamata del 118. “Trovo grave che una persona che sospetta di avere un infarto in corso venga lasciata sola”, sottolinea il medico. Di fronte all’impossibilità di eseguire un ECG e al persistere dei sintomi, ha preso una decisione drastica. “Non avevo scelta. Dieci minuti prima della fine del turno [alle 20:00, ndr] ho deciso di andare in ospedale”. Alle 20:12, mentre era già in viaggio verso il pronto soccorso di Jesolo, distante 20 chilometri, ha inviato un messaggio alla direttrice della Croce Verde per avvisarla.

La settimana successiva, la “beffa“, come la definisce lui. Invece di una chiamata di solidarietà, riceve una Pec (posta elettronica certificata) con cui la Croce Verde gli revoca l’incarico per “grave inadempienza”. “Nessun preavviso. Non mi hanno mai chiesto se stessi bene. È stata una circostanza mortificante”, dichiara, ancora incredulo, anche perché i rapporti con la direzione erano “sereni”, tanto da essere stato invitato al matrimonio della direttrice. “Questo comportamento è stato per me un fulmine a ciel sereno”. L’ente, in una nota, precisa: “Non si tratta di un licenziamento ma di revoca di un incarico libero professionale e autonomo“. La motivazione? “Il medico è uscito dal Punto di Primo Intervento senza informare preventivamente la Direzione della Croce Verde, l’equipaggio né la Centrale Operativa Suem118 di Venezia che ne gestisce il coordinamento, è venuto meno il vincolo fiduciario del rapporto di libera professione”.

Una ricostruzione che il dottor Castellano e il suo legale, l’avvocato Luca Pavanetto, contestano duramente. L’avvocato invoca il principio della “forza maggiore”: “Se fosse accaduto 3-4 ore prima, che cosa avrebbe dovuto fare? Non controllarsi?”. Lo stesso Castellano respinge le accuse contenute nella lettera di revoca: “Hanno detto che ho lasciato il punto di primo intervento aperto ma non è così. E poi sostengono che sia passato un bambino con la febbre alta quando non c’ero”. Un’accusa, quest’ultima, che il medico smonta: “Ogni volta che arriva un paziente pediatrico lo spediamo all’ospedale di San Donà di Piave, non trattiamo mai i bambini a meno che non siano solo piccole escoriazioni. Non capisco come si possa giustificare un inadempimento grave nel caso di un allontanamento per potenziale crisi cardiaca”, conclude il medico. Ora, a quattro mesi dall’accaduto, il reintegro chiesto dal suo avvocato non è ancora avvenuto. Il dottor Castellano si dice a disposizione per “ragionare con l’Unità sanitaria locale”, ma non percepisce la stessa disponibilità dall’altra parte.

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