Niko Pandetta lascia il carcere: ecco perché va in una comunità di recupero
- Postato il 30 ottobre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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La nuova vita del trapper Niko Pandetta passa per le pendici dell’Aspromonte, nella piana di Gioia Tauro. Il cantante trascorrerà almeno i prossimi tre mesi nella comunità di recupero Lavoltabuona di Cittanova, piccolo borgo in provincia di Reggio Calabria. A deciderlo sono stati i giudici del tribunale di Sorveglianza di Cagliari disponendo per lui una misura alternativa alla detenzione in carcere. Pandetta, che è nipote del capomafia catanese Salvatore Cappello e a cui ha dedicato uno dei suoi primi brani, da metà ottobre del 2022 si trovava dietro le sbarre dopo una condanna definitiva a 4 anni e nove mesi per spaccio di droga, nell’ambito dell’inchiesta Double Track della procura di Catania. L’uscita dalla casa circondariale di Uta, in Sardegna, è stata immortalata con l’immancabile video pubblicato sui canali social del cantante. Ad attenderlo c’era un amico con il quale Pandetta si è allontanato a bordo di un lussuoso fuoristrada nero. Come disposto dal tribunale entro 24 ore si sarebbe dovuto presentare a Cittanova, per entrare ufficialmente nella comunità di padre Antonio Cannata.
Il sacerdote 70enne, insieme a operatori e psicologici, si occuperà per i prossimi tre mesi del controverso cantante nell’ambito di un percorso terapeutico-residenziale legato alla dipendenza da stupefacenti da parte del trapper. L’affidamento in comunità – che superato il periodo di prova potrà essere ulteriormente allungato – è stato reso possibile, come emerge dai documenti, dal fatto che la pena residua da scontare per Pandetta è inferiore a 4 anni. Determinante è stata anche l’inefficacia delle cure ambulatoriali praticate in carcere fino a ora. Ecco perché l’assistenza di don Cannata e dei suoi operatori è ritenuta come l’unica praticabile per la riabilitazione. All’interno della comunità, fondata nel 2019 all’interno della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, il cantante non è l’unico a dovere affrontare percorsi di recupero o a dovere scontare misure alternative alla carcerazione. Tra gli ospiti ci sono già anche altri condannati della provincia di Catania e nuovi ingressi potrebbero aggiungersi nelle prossime settimane.
Per Pandetta sarà fondamentale, come disposto dal tribunale, rispettare determinate prescrizioni. Pena la revoca della misura alternativa. Non si potrà allontanare di sua volontà dalla struttura e dovrà essere sempre reperibile per eventuali controlli delle forze dell’ordine. Potrà usare poche ore al giorno il cellulare e i social come lo stesso Pandetta ha spiegato durante una breve diretta Instagram durante la sua seconda notte di soggiorno: la prima dopo tre anni. Pochi minuti per salutare i fan e annunciare anche l’uscita di un nuovo brano che verrà pubblicato martedì prossimo.
Il trapper prima di finire dietro le sbarre ha ottenuto un successo musicale clamoroso, in particolare tra i più giovani. Quasi mezzo milione di stream mensili sulla piattaforma Spotify per le sue canzoni e oltre 23 milioni di riproduzioni per uno dei suoi brani più conosciuti, Pistole nella Fendi. Il percorso artistico è stato però sempre affiancato a continui problemi giudiziari, anche all’interno del carcere. La Dda di Palermo lo ha iscritto nel registro degli indagati nell’ambito di un’inchiesta sull’introduzione di cellulari e droga nel carcere Pagliarelli. Secondo i magistrati sarebbe stato determinante l’apporto fornito da un agente corrotto della polizia penitenziaria. A luglio del 2023 ha ricevuto una condanna in primo grado per una rissa con sparatoria avvenuta all’esterno di una discoteca a Catania, in cui rimasero feriti due giovani. Condanna poi confermata in Appello l’anno successivo.
Nei mesi scorsi l’immagine di Pandetta era stata mostrata, durante una presunta videochiamata, dal rapper Baby Gang durante il concerto dell’1 maggio a Catania. Fatto che scatenò le immancabili polemiche sull’uso dei cellulari in carcere da parte dei detenuti e che fece scattare una perquisizione nel penitenziario di Rossano, dove allora Pandetta era rinchiuso, salvo essere poi trasferito proprio in Sardegna. Anche l’abitazione di Baby Gang venne perquisita su mandato della procura di Catania e per il cantante di origini marocchine arrivò pure l’iscrizione nel registro degli indagati per accesso indebito a dispositivi di comunicazione in concorso con un detenuto, reato aggravato dall’agevolazione mafiosa.
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