Niente Roma (per ora?). Cosa porta Usa e Iran di nuovo in Oman
- Postato il 15 aprile 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Anche il prossimo ciclo di negoziati indiretti sul nucleare tra Iran e Stati Uniti si terrà, come il primo lo scorso fine settimane, a Mascate, in Oman. Lo ha reso noto Esmaeil Baqaei, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, dopo che ieri anche Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, aveva confermato che a ospitare i colloqui sarebbe stata Roma nella giornata di sabato prossimo. “A seguito di consultazioni è stato deciso di tenere il prossimo ciclo di colloqui (tra Teheran e Washington) nella capitale dell’Oman il 19 aprile”, ha dichiarato Baqaei.
Il peso di Vance
A pesare potrebbe essere stata la presenza negli stessi giorni a Roma del vicepresidente americano JD Vance e il significato di un suo eventuale coinvolgimento nei negoziati o anche soltanto di un contatto con la delegazione iraniana. “Se Vance dovesse partecipare, anche solo in una forma simbolica, rappresenterebbe un salto di livello nella portata politica dei colloqui”, scrivevamo ieri.
Di nuovo a Mascate
Dunque, si torna a Mascate, dove nei giorni scorsi le delegazioni di Stati Uniti e Iran – guidate da Steve Witkoff, inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente, e Seyyed Abbas Araghchi, ministro degli Esteri iraniano – si erano incontrate per un primo incontro di negoziati indiretti sul nucleare. A mediare, il ministro degli Esteri omanita, Badr bin Hamad Al Busaidi. Le parti hanno definito i colloqui “costruttivi”, concordando di proseguire i colloqui. Secondo Iran International alla fine si è deciso di tornare in Oman anche per il secondo round perché l’Italia avrebbe respinto la richiesta di Teheran di tenere i colloqui presso l’ambasciata omanita a Roma. La Caput Mundi, che rimane un interlocutore affidabile per entrambe le parti, potrebbe ospitare un prossimo round anche alla luce delle le intese tra Washington e Teheran a tenerne uno in Europa. Magari quando il dialogo tra le parti avrà un minor grado di mediazione. La scelta di Roma, ha scritto il Guardian, è una mossa “vista come un gesto politico” del presidente americano Donald Trump “nei confronti dell’Italia ma anche un modo per “emarginare le principali potenze europee nei negoziati sull’Iran, con l’Oman che continuerà a svolgere il ruolo di mediatore”.
Voci da Washington
Ieri Trump non ha escluso attacchi ai siti nucleari auspicando che l’Iran sia “una nazione ricca e grande” ma senza arma nucleare. Ma, in un’intervista a Fox News, Witkoff ha dichiarato che l’amministrazione Trump non punta a smantellare il programma nucleare iraniano, ma a porre un limite all’arricchimento dell’uranio. L’Iran “non ha bisogno di arricchire oltre il 3,67%. In alcune circostanze è al 60%, in altre al 20%. Non è possibile”, ha detto, aggiungendo che il prossimo round di colloqui con l’Iran si concentrerà sulla “verifica del programma di arricchimento e poi sulla verifica delle sue armi. Questo include i missili, il tipo di missili che hanno immagazzinato. E include l’avvio di una bomba”. L’inviato americano ha quindi spiegato che “la verifica sarà il punto chiave alla base di questo accordo, se saremo abbastanza fortunati da arrivarci”. E se il regime di verifica migliorerà, ha concluso Witkoff, “allora avremo le basi per colloqui positivi, e se non cambierà, dovremo cercare alternative, il che non sarà positivo per nessuno”. Nelle scorse ore contatto telefonico tra Marco Rubio, segretario di Stato americano, e l’omologo turco Hakan Fidan, ministro degli Esteri, su quelli che la portavoce della diplomazia americana ha definito “pericoli rappresentati per la sicurezza regionale dall’Iran e dai suoi alleati”.
Voci da Teheran
L’ayatollah Ali Kamenei, guida suprema dell’Iran, ha definito i primi colloqui con gli Stati Uniti come una mossa “ben implementata”. Tuttavia, “siamo molto pessimisti riguardo all’altra parte”, ovvero gli Stati Uniti, mentre “siamo ottimisti riguardo alle nostre capacità”. Il Tehran Times, giornale iraniano autodefinitosi “la voce della Rivoluzione islamica”, ha rivelato che Araghchi ha affermato che Teheran ha preso parte a colloqui indiretti per valutare la “sincerità” della parte americana e che l’Iran non ha spiegato agli Stati Uniti di non aver intenzione di abbandonare il suo programma nucleare. Tuttavia, adotterà misure per fornire garanzie contro la militarizzazione delle attività nucleari e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (il cui direttore, Rafael Grossi, arriverà domani in visita in Iran) sarà l’unica organizzazione esterna ad avere accesso agli impianti nucleari iraniani. Ciò che Teheran vuole in cambio è la rimozione delle sanzioni su diversi settori con l’impegno americano, una volta rimosse, a non ripristinarle con altri pretesti. Sul dossier sono entrati anche i Pasdaran, rivendicando che le capacità militari dell’Iran “sono tra le linee rosse della Repubblica islamica dell’Iran, che non possono essere discusse o negoziate in nessuna circostanza”. Parola del portavoce dei Guardiani della Rivoluzione islamica, Ali Mohammad Naini.