Nicaso e Gratteri al forum sul cybercrime in Brasile: «IA e hacker per contrastare l’avanzata tecnologica delle mafie»

  • Postato il 25 aprile 2025
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Nicaso e Gratteri al forum sul cybercrime in Brasile: «IA e hacker per contrastare l’avanzata tecnologica delle mafie»

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Al forum in Brasile sul cybercrime Nicaso propone di usare l’IA contro le mafie. Strali di Gratteri su Nordio per il gap tecnologico italiano


«Le mafie non hanno paura di correre. Accelerano continuamente, convinte di dover restare al passo, o quantomeno di restare un passo più avanti rispetto a chi cerca di contrastarle. Gli apparati investigativi devono fare altrettanto, eliminando le asimmetrie normative ed utilizzando tutti gli strumenti oggi disponibili. A cominciare dall’intelligenza artificiale». Lo ha detto lo storico delle mafie Antonio Nicaso intervenendo al forum sulla cooperazione tra Italia e Brasile nelle strategie di contrasto contro il cybercrime svoltosi a Rio de Janeiro nell’ambito della Settimana internazionale della Fondazione Magna Graecia.

I massimi esperti dei due Paesi hanno discusso di come si stanno evolvendo le mafie e la ‘ndrangheta in particolare, la più al passo con i tempi tra le organizzazioni criminali, alleata privilegiata dei narcos sudamericani. Uno dei momenti salienti è stata la presentazione dello studio sulla criminalità organizzata ibrida condotto da Nicaso, direttore del Centro di ricerca sui crimini informatici della Fondazione Magna Grecia.

HACKER E TRADER

Nicaso ha esordito ricordando come stia cambiando il capitale sociale delle mafie, cioè quella «rete di relazioni esterne che da sempre costituisce l’ossatura del potere mafioso», che oggi è fatta di «nuove competenze». Non ci sono più solo professionisti, imprenditori, uomini politici e delle istituzioni. Hacker e trader sono reclutati sempre più spesso dalla ‘ndrangheta. Non a caso il professore, nel corso della sua lectio magistralis, ha fatto riferimento all’inchiesta della Dda di Catanzaro che nel giugno 2023 portò all’operazione Glicine-Acheronte. Un’inchiesta dalla quale emerge la figura di Marc Ulrich Goke, esperto di transazioni bancarie e frodi informatiche. Il clan Megna, stanziato nel periferico quartiere Papanice di Crotone, tramite i suoi intermediari in Germania, lo aveva individuato «per investire i proventi del narcotraffico su piattaforme clandestine di trading».

SICUREZZA DIGITALE A RISCHIO

Nicaso ha ricordato anche i tre hacker rumeni che attraverso il phishing hanno drenato denaro per acquistare armi in Moldavia per conto del clan De Stefano di Reggio Calabria. Ma anche il caso di altri hacker che «attraverso operazioni di ingegneria sociale hanno sottratto denaro a ignari cittadini per garantire al clan Nuvoletta, ai CasaMonica e a esponenti della Sacra Corona Unita di acquistare droga in Spagna». Nel 2013 e nel 2014, un’operazione di hacking senza precedenti ha colpito il porto di Anversa in Belgio. Gli hacker hanno utilizzato e-mail infette da malware per compromettere i sistemi di sicurezza e controllo dei container. Questo attacco ha permesso loro di infiltrarsi nel sistema di gestione portuale mettendone a rischio la sicurezza delle operazioni e facilitando il traffico illecito di merci. «Operazioni di questo tipo dimostrano come la criminalità informatica possa minacciare non solo la sicurezza digitale, ma anche la sicurezza fisica e la logistica delle infrastrutture portuali globali», ha spiegato Nicaso. Anversa nel frattempo è diventata uno dei crocevia più importanti del mercato del narcotraffico internazionale.

RETI CRIMINALI

Gli esempi tracciati dallo studioso calabrese delineano un mondo in divenire in cui «le reti criminali sono sempre più fluide, meno burocratiche nel loro sviluppo gerarchico». Nicaso se ne era occupato 30 anni fa in un libro, “Global Mafia”, in cui anticipava l’emergere di «forme di partenariato criminale» tra «sistemi complessi e integrati che combinano diverse competenze ed esperienze». «In questi sistemi i gruppi criminali si scambiano continuamente know how sviluppando un’operatività interconnessa che supera i confini di una singola organizzazione – ha spiegato con efficacia lo storico – la loro forza risiede nella capacità di coniugare tradizione e innovazione, la gestione del contante e la crescente finanziarizzazione dell’economia».

‘NDRANGHETA E PCC

Due delle organizzazioni criminali che «maggiormente si sono adattate e interagiscono con le nuove tecnologie sono il Primero Comando da Capital (PCC) brasiliano e la ‘ndrangheta. Esempi emblematici di «come le mafie contemporanee si stiano evolvendo in risposta alle sfide e alle opportunità offerte dal contesto digitale». Il PCC, «noto per la sua influenza in Brasile, ha ampliato il proprio raggio d’azione utilizzando tecnologie avanzate per coordinare traffici illeciti, compreso l’uso di criptovalute per il riciclaggio dei profitti del narcotraffico e delle armi». Allo stesso modo, la ‘ndrangheta, un’organizzazione che fino a non molto tempo operava con metodi tradizionali, elabora «strumenti tecnologici sofisticati come le comunicazioni criptate per sfuggire alle indagini e rafforzare le proprie operazioni globali».

Nicaso ha ricordato che il collaboratore di giustizia veneto Nicola Toffanin aveva riferito alla Dda di Venezia di aver avuto l’incarico di sondare il mercato delle criptovalute già all’indomani dell’introduzione del Bitcoin. «L’incarico gli venne affidato dal clan Arena di Isola Capo Rizzuto, la stessa zona in cui oggi si rileva una eccezionale presenza di esagoni verdi attribuibili alla rete wireless di Helium con un hotspot ogni 900 abitanti contro la media nazionale di uno ogni 20 mila abitanti». Da uno studio coordinato da Nicaso emerge un’anomalia che merita approfondimenti, perché in quella zona del Crotonese, tra le più depresse d’Europa, si rilevano hotspot 10 volte superiori rispetto a Roma. Il sospetto è che quella tecnologia venga usata «per minare criptovalute con computer ad alto consumo energetico».

Del resto, dall’operazione Pollino del 2018 viene fuori che un broker calabrese stava per pagare una partita di cocaina a narcotrafficanti brasiliani in Bitcoin. L’affare saltò perché all’epoca i narcotrafficanti brasiliani legati al PCC non sapevano gestire questo tipo di transazione. «Pochi anni dopo la stessa organizzazione aveva acquisito piena consapevolezza delle opportunità offerte dalle criptovalute».

MAFIE LONGEVE

C’è però una differenza tra le mafie italiane e quelle brasiliane, queste ultime nate dagli anni ’70 in poi. Una differenza che sta nella longevità. Perché le mafie italiane «nascono nella prima metà dell’Ottocento, quindi superano indenni il regime borbonico, lo Stato liberale, il ventennio fascista e la Repubblica», grazie alla loro capacità di adattamento. «Non dobbiamo fermarci a vedere quello che abbiamo davanti, ma dobbiamo immaginare il mondo che verrà e avere gli strumenti e la capacità di affrontare queste sfide globali», ha concluso Nicaso.

L’INTERVENTO DI GRATTERI

«Frequento il Sud America dall’89», ha esordito il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, tra i massimi esperti al mondo di narcotraffico. Una volta, in Venezuela, in Colombia o in Brasile, i broker della ‘ndrangheta arrivavano per trattare l’acquisto di 2000 chili di cocaina. «C’era una struttura, bisognava stare qui almeno un mese, trovare il carico di copertura, l’agenzia per il trasporto, la nave, poi bisognava occuparsi dello sdoganamento al porto di Amsterdam, Rotterdam, Anversa».

Oggi «le cose sono cambiate e di molto». «Mentre prima Santos, il più grande porto del Sud America, era quello preferito dalla ‘ndrangheta, oggi l’Equador è diventato una piattaforma da dove parte il grosso della cocaina che inonda l’Europa. La polizia federale brasiliana è di buon livello – ha detto il magistrato calabrese – ma, considerata la vastità del territorio la feroce organizzazione criminale del Paese, ha pochi uomini. Il Brasile è sterminato e riuscire a controllare il confine a nord è un’utopia. Quindi non siamo attrezzati sul piano internazionale a contrastare il narcotraffico».

STRALI SU NORDIO

Strali sul ministro Nordio, che «prima di essere nominato cercava di convincerci sulla inutilità delle intercettazioni telefoniche». Ma oggi i signori della droga «grazie a un software di un telefonino e stando seduti in poltrona ordinano 2000 chili di cocaina entrando nel dark web». Indice puntato contro Consip, «supermercato dei poveri, con prodotti scadenti e a basso costo». Nel mirino soprattutto l’App 2.0 per la gestione del processo penale telematico a causa delle numerose criticità e dei malfunzionamenti rilevati durante il suo utilizzo. Ma anche il gap tecnologico delle forze dell’ordine italiane che un tempo erano le migliori del mondo.

Temi che Gratteri ripropone spesso. Una riforma utile fatta di recente dal governo italiano c’è. Ed è quella che consente di «arrestare gli hacker e di farli diventare collaboratori di giustizia». Così grazie all’hacker che aveva in pugno il Ministero della Giustizia sono stati sequestrati 42 milioni di bitcoin che sono già nel Fondo unico giustizia. Ecco perché Gratteri non può tacere quando il ministro Nordio dice che le intercettazioni costano troppo. «Per me il silenzio è complicità».

LEGGI ANCHE: Crotone capitale delle criptovalute – Il Quotidiano del Sud

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