Nessuno sa niente, oggi, sul destino dell’America e di Trump

  • Postato il 17 luglio 2024
  • Di Il Foglio
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Nessuno sa niente, oggi, sul destino dell’America e di Trump

Al direttore - Giuliano Ferrara, commentando gli spari a Trump in Pennsylvania, ha messo in evidenza non solo gli effetti politici e geopolitici dell’evento, ma anche un suo significato più ampio, che attiene al rapporto tra simbologia e carne nella persona del tycoon. Il pezzo di Ferrara, dal titolo ci dice questo: il valore del “simbolo […] è molto di più della carne”, ovverosia della materialità corporea del volto insanguinato dell’illustre ferito. Ma simbolo che, nondimeno, proprio nell’esteriorità della dinamica dell’evento e dei segni corporei trova il modo per parlarci del fondo interiore, violento e distruttivo, di Trump. Non per comprendere questo, naturalmente, l’America e il mondo necessitavano dell’azione criminale di Thomas Crooks. Era chiaro da tempo chi fosse Donald Trump. E d’altro canto, come non richiamare alla nostra memoria l’indivisibilità e l’unità nell’essere umano tra interiorità ed esteriorità, coscienza e corporeità, simbolo e carne, per l’appunto, che Dante potentemente descrive in tutti i personaggi storici e immaginari della Divina Commedia? Solidarietà a Trump, dunque. Ma sull’approdo del suo destino, l’ultima parola spetta all’onnipotente… Dante.
Alberto Bianchi

A proposito di destino. Suggerisco la lettura, sull’Atlantic, di un meraviglioso articolo scritto da Derek Thompson. Un articolo fantastico, lucido, razionale, la cui tesi è diversa rispetto a quella che in queste ore campeggia su molti giornali. Dice Thompson: “Vorrei offrire un’altra interpretazione dell’evento scioccante di sabato: nessuno sa niente. Chiunque affermi di aver già capito esattamente come l’orecchio sanguinante di Trump influenzerà le elezioni del 2024 o metterà a dura prova i legami civici della nazione sta mentendo a te e a sé stesso”. E ancora: “Theodore Roosevelt fu colpito nel 1912 mentre era in campagna elettorale per la presidenza a Milwaukee e, con l’eroismo di Paul Bunyan, continuò il suo discorso dopo essere stato colpito; perse comunque. Nel 1975, durante un periodo di tre settimane, due donne tentarono di sparare a Gerald Ford e fallirono. Perse anche le successive elezioni. Quando Ronald Reagan fu colpito nel 1981, un breve picco nel suo indice di gradimento scomparve nel giro di pochi mesi. E’ difficile dire che uno qualsiasi di questi falliti tentativi abbia avuto un effetto duraturo sui sondaggi o sulla politica in generale”. E infine: “La foto di Trump insanguinato emozionerà sicuramente i suoi sostenitori, ma i suoi sostenitori lo hanno già sostenuto”. Tutto già deciso? In due settimane, in America, è successa qualsiasi cosa. Alle elezioni di settimane ne mancano diciassette. Ripetiamolo insieme: nessuno sa niente.

 

Al direttore - Salvatore Merlo su questo giornale ha ironizzato sul convegno del gruppo Pd al Senato dal titolo “Premierato e autonomia tra diritti, partecipazione e potere: quale prezzo per le donne?”, chiedendosi a quando la valutazione di impatto sui koala delle riforme della destra. Spiace per l’autore, ma interrogarsi sugli effetti differenti su donne e uomini delle leggi approvate dovrebbe essere normale, visto che il sistema sociale in cui viviamo non è neutro, come viene spacciato, ma costruito dalla e sulla soggettività maschile, un sistema sostanzialmente patriarcale. Con questo approccio femminista abbiamo perciò provato, al Senato, ad aprire una riflessione inedita sulle due riforme. L’autonomia differenziata cristallizza ed esaspera le principali disuguaglianze del nostro paese, tra cui quella di genere, oltre a quella nord-sud. Sanità, asili nido, tempo pieno a scuola, sostegno alla non autosufficienza: è evidente che le donne, sulle quali grava il lavoro domestico e di cura e che già scontano un gap pesante, pagheranno in particolare nel Mezzogiorno il prezzo più alto per la carenza di servizi che l’autonomia differenziata aggraverà. Nel loro appello sul premierato, i 180 costituzionalisti a sostegno di Liliana Segre hanno scritto che “una minoranza anche limitata, attraverso un premio, potrebbe assumere il controllo di tutte le nostre istituzioni, senza più contrappesi e controlli”. Questo è un punto dirimente anche per una valutazione di genere. L’astensionismo che mette in crisi la democrazia rappresentativa è soprattutto femminile. Il premierato estremizza gli effetti della scarsa partecipazione al voto, accentrando i poteri nella figura del premier, con il Parlamento al traino: un’esigua minoranza di elettori (la soglia dipenderà dalla legge elettorale) sceglierà tutto e poi comanderà per almeno cinque anni. E’ un modello verticale di potere, il contrario di quello collettivo, partecipativo, della democrazia a partire da sé delineato dai femminismi. Le donne sentono già la politica lontana dai loro bisogni quotidiani e la pratica politica respingente: questa situazione è destinata a peggiorare. Infine, la democrazia è esercizio del limite, come hanno ricordato il presidente Mattarella e il Papa, per permettere libertà, rispetto, alternanza. Il femminismo parte proprio dal limite, dalla prima di tutte le differenze e dal riconoscimento dell’altro da sé, che ci definisce e ci descrive. La prospettiva femminista sul mondo è perciò quanto mai attuale.
Valeria Valente
senatrice del Pd

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Autore
Il Foglio

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