“Nessuna efficacia drogante”: così la procura boccia il sequestro della canapa. E mina il decreto del governo Meloni

  • Postato il 20 settembre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Prima i carabinieri tagliano e sequestrano le piante di canapa, malgrado i test rapidi indicano l’assenza di stupefacenti. Poi la procura restituisce gli arbusti, inservibili, all’imprenditore: “Un anno di lavoro buttato via”, dice al Fattoquotidiano.it Giulio, un coltivatore ligure. Oltre alle piante, sequestrati e riconsegnati circa 90 confezioni di olio di canapa e quasi 5 chili di infiorescenze.

Giulio non vuole rivelare la sua identità, risiede in un paesino e da più di dieci giorni convive con la stigmate del possibile spacciatore. Si consola osservando il vasto scenario: dalla regione della Riviera può partire la slavina contro l’articolo 18 del decreto Sicurezza, la bandiera di Meloni e Salvini nella crociata contro la cannabis light. Peccato travolga anche gli agricoltori, non solo gli shop. La norma infatti bandisce il fiore della canapa industriale, sulla carta, vietando la lavorazione e il commercio. Il motivo? Le infiorescenze sono un rischio per la sicurezza, dice il governo. Ma la tossicologia forense e la giurisprudenza concordano: nessun effetto stupefacente fino alla soglia dello 0,5% del Thc. Un principio del tutto ignorato a palazzo Chigi.

Ora è una procura ligure a ribadirlo. Il 18 settembre i magistrati hanno imposto la restituzione delle piante, delle boccette d’olio e delle infiorescenze al proprietario, l’imprenditore di nome Giulio. Il sequestro dei carabinieri è avvenuto l’8 settembre. Gli agenti hanno bussato alla sua porta alle 7 del mattino, dopo aver ricevuto una segnalazione in commissariato. Ipotesi di reato: detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. Giulio rischia la reclusione da sei a venti anni o la multa da 26.000 fino a 260.000 euro. Eppure il narcotest su due arbusti di canapa, realizzato dai carabinieri durante la perquisizione, aveva già dato esito negativo: nessuna traccia di sostanze vietate. Tanto è bastato alla procura per restituire tutte le 57 piante: “Non hanno alcuna efficacia drogante”, si legge nel provvedimento di dissequestro firmata dalle toghe. È bastato il test rapido dei carabinieri, i magistrati non hanno ordinato altre analisi. Idem per i quasi cinque chili di infiorescenze: nessuna sostanza stupefacente, secondo i risultati ottenuti dal laboratorio dell’Università di Milano (dipartimento di scienze Farmaceutiche), consegnati dai legali alla procura. La formula dell’olio della di canapa, regolarmente registrata, è stata sufficiente per riavere le boccette.

“Peccato che le piante eradicate ora siano da cestinare – dice Giulio – un anno di lavoro sprecato”. L’imprenditore non coltiva solo canapa, anzi: erbe officinali, miele, ortaggi, alberi da frutto. Sul suo capo pende ancora l’indagine per la violazione del Testo unico degli stupefacenti (il decreto del presidente della Repubblica numero 309 del 1990). Gli avvocati Claudio Miglio e Lorenzo Simonetti sottolineano il passaggio decisivo per l’intera filiera della canapa: “È il primo provvedimento di dissequestro delle infiorescenze, dopo l’entrata in vigore ad aprile del decreto Sicurezza”. Il valore è nelle ragioni espresse della procura: assenza di efficacia drogante. Lo aveva già ribadito la Corte di cassazione con la sentenza del 30 maggio 2019: il fiore della canapa è legale, si può vendere e coltivare, se privo di effetti psicoattivi. Lo ha ricordato il massimario della Suprema Corte con la relazione pubblicata il 23 giugno. Eppure in Italia, grazie al decreto sicurezza, vige a prescindere il bando delle infiorescenze: “Ma il divieto di produrre, lavorare e vendere il fiore è irrilevante senza l’efficacia drogante”, ribadiscono i legali Miglio e Simonetti. Dunque tutto come prima, o quasi: “Abbiamo già ottenuto centinaia di dissequestri, questo è solo il primo della stagione inaugurata dal decreto Sicurezza”. Qualcosa di diverso c’è, ma non è nelle norme. Gli avvocati preferiscono tacere il nome del Pm che ha firmato il dissequestro. Ufficialmente, “per tutelare la magistratura ed evitare eventuali storture tra uffici”. Il timore è che al governo abbiano idee diverse sull’indipendenza dei magistrati e sul primato delle legge.

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