Nel giorno delle tre regioni al voto, Bologna si lecca le ferite e una famiglia è distrutta dalla legge
- Postato il 23 novembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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Nel giorno in cui dodici milioni di italiani dovrebbero andare al voto, leggiamo sulle prime pagine di alcuni giornali che dovrete, anzi dovremo, pagare un’altra tassa.
Magari non subito, perché molti non la ingoierebbero. Però, si può dire che prima o poi questi soldi li sborseremo. Quanti? La cifra non è di quelle che ci fanno girare la testa, ma è significativa: vuol dire che, per colpa di una minoranza che pensa soltanto ad essere violenta, dovremo sacrificare un po’ dei nostri danari o dei nostri risparmi.
Guerriglia urbana a Bologna

Parliamo (forse lo avrete intuito) di quel che è accaduto l’altra sera a Bologna, dove per una partita di basket che vedeva impegnata una squadra di Tel Aviv, è successo il finimondo. La città è stata bloccata, guai ad uscire, vietato andare persino a lavorare: poche migliaia di facinorosi (che bisognerebbe definire delinquenti) sono scesi in piazza perché quel match non si doveva disputare. In campo scendevano alcuni atleti che dovevano vergognarsi per essere nati nel Paese chiamato Israele.
Bombe carta con chiodi
I teppisti si sono distinti stavolta più che mai. Lanci di bombe carta con i chiodi, vetrine infrante, macchine fracassate, terrore ovunque. Bilancio: sedici agenti feriti ed il danno economico che, secondo il sindaco, dovrebbe essere assai vicino al milione di euro.
Non bisogna solo rattristarsi per vedere Bologna paralizzata e ridotta in frantumi in alcune strade del centro, si deve pure assistere il giorno dopo ad un diverbio (eufemismo) tra il sindaco Francesco Lepore (area Pd) e il ministro degli interni Matteo Piantedosi.
Il primo non ha mezzi termini: “Avevo avvertito il Viminale che sarebbe successo quel che è successo, nessuno ha voluto darmi ascolto e oggi ne paghiamo le conseguenze”.
Le regole della democrazia
La replica non si fa attendere: in uno Stato dove vige la democrazia, non si possono proibire manifestazioni di protesta, vorrebbe dire impedire alla gente di esprimere le proprie opinioni.
Già, ma se è assai prevedibile che si scatenerà un putiferio, per quale ragione si dà il placet a simili marce? E ancora: possibile che gli organizzatori di queste proteste non sappiano chi siano i soliti balordi che non aspettano altro, cioè quello di mettere a ferro e a fuoco anche una città civile come Bologna?
Il ritornello, purtroppo, è sempre lo stesso: si combinano disastri e poi si polemizza: come al solito ci sono i bianchi e i neri, la destra e la sinistra. Non c’è dubbio che qualcosa vada rivisto se alla fine i risultati sono quelli che tutti possiamo vedere con le immagini trasmesse in tv.
Il voto invoca sicurezza
Qui non si tratta di usare il pugno di ferro o di alzare troppo i manganelli. Il problema è la sicurezza e ognuno di noi non può rimanere insensibile dinanzi ad episodi che si ripetono sistematicamente.
La verità è che tra oggi e domani si saprà chi governerà il Veneto, la Puglia o la Campania. Del resto, chi se ne frega. Figurarsi se una manifestazione di piazza potrà imporsi dinanzi ad un voto che stabilirà se in alcune regioni del nostro Paese governerà una forza politica o l’altra. I sondaggi danno un responso, poi è il popolo sovrano a decidere.
Due giorni al voto in tre regioni
È sulle preferenze il conflitto: un voto in più o in meno può essere determinante. Ecco perché questa “due giorni” è così importante: potrebbe rappresentare la fine di una figura politica oppure, al contrario, la nascita di una nuova stella. Ricordate quel che disse Elly Schlein quando a sorpresa vinse le primarie del Pd? “Non ci hanno visto arrivare!”. Chi sarà stavolta l’uomo o la donna in grado di stravolgere i pronostici?
Stop ai monopattini
In attesa dell’esito del voto, occupiamoci più terra terra dei problemi di ogni giorno che assillano noi poveri cristi lontani dalle stanze del potere. In Toscana, ad esempio, è stato deciso di dare uno stop ai monopattini che circolano liberamente senza la minima regola. Il nuovo codice della strada non aveva previsto che chi “guidava” questi mezzi doveva indossare il casco? Non solo, ma dove è finita la regola che il monopattino doveva avere una targa? Non c’è più nulla, è scomparso tutto. Cosicché, ognuno è libero di fare come più gli aggrada anche di andare in due per le strade delle nostre città che diventano sempre più pericolose.
C’era una famiglia in Abruzzo
Sulle prime pagine dei giornali di oggi, oltre a illustrare ancora una volta il parere uno e due di Donald Trump, (si può rivedere il piano di pace Russia- Ucraina) campeggiano due fotografie: una che ritrae la famiglia che viveva nel bosco abruzzese attorno ad una tavola imbandita con i tre pargoli seduti educatamente alla presenza dei genitori; l’altra che raffigura il giudice (pardon, la giudice) che ha deciso di togliere a quei fanciulli la gioia di vivere con papà e mamma in un luogo dove il frastuono delle città non esiste. Le norme avranno pure la loro importanza, il magistrato non può ignorarle.
In certi casi, però, la parola umanità dovrebbe avere la meglio e parteggiare per quei fanciulli che non possono vivere lontano dai loro genitori a cui debbono la vita.
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