NBA Freestyle | Non c’è egoismo nell’attacco di Indiana: così hanno conquistato una clamorosa gara 7

  • Postato il 20 giugno 2025
  • Sport News
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

Indiana sul 3-3: si va a gara 7!
Secondo quarto di gara 6. Obi Toppin guida la transizione centrale. Supera la metà campo e consegna la palla ad Andrew Nembhard sulla sinistra in posizione di guardia. Nembhard, in una frazione di secondo, vede Haliburton arrivare dal centro a rimorchio e lo serve senza esitazione. La point-guard dei Pacers gongola, è il sistema di gioco per cui è nato. Sa già che Aaron Nesmith taglierà verso il perimetro dietro le sue spalle, lo serve nell’arresto a due tempi, sul piede giusto, lo mette in ritmo in modo fantastico. Tre punti. Pochissimi palleggi. La palla che gira, che acquisisce energia. È un esempio, ce ne sono altri. Ma è uno dei più lampanti per descrivere la bellezza dell’attacco “distribuito” di Indiana. Un attacco che – insieme a una difesa perimetrale commovente – ha permesso ai Pacers di battere Oklahoma City e di forzare una clamorosa gara 7. E in gara 7, è noto, i valori delle squadre di vertice si livellano, può succedere davvero di tutto. Un attacco, si potrebbe azzardare, delle pari opportunità, dove ben sette giocatori sono andati in doppia cifra (tutto il quintetto, più Toppin e TJ McConnell). Un attacco dove tutti toccano la palla, tutti sono coinvolti. Non c’è una figura, per esempio, alla James Harden in versione Houston, che palleggia 15 secondi per trovare la via del canestro, per poi scaricare (una volta chiuso dalla difesa) a un compagno, costringendolo a un cattivo tiro. Non c’è egoismo negli Indiana Pacers. Se qualcuno ha un buon tiro, lo prende. Se altri hanno un tiro migliore, gli si passa la palla. Giocano dando l’impressione che nessuno di loro sia convinto di essere più bravo degli altri a fare canestro. Questo è uno dei loro segreti. Non c’è, per dire, un Kevin Durant che pensa che ogni suo tiro forzato sia migliore di qualsiasi altro tiro di un compagno. Un sistema di gioco di questo tipo è particolarmente ostico da affrontare. È più difficile prepararsi contro un attacco che mette ogni giocatore nelle condizioni di poter segnare con il giusto ritmo. Bravo, bravissimo coach Carlisle. Un vero maestro. Che possano fare scuola?

Toppin alza il livello della panchina
Sta facendo dei playoff piuttosto buoni. E in modo non del tutto atteso. A New York, l’ala dei Pacers sembrava stesse imbeccando la stessa via di quei tanti saltatori senz’anima, difficili da inquadrare in campo, buoni per lo Slam Dunk Contest (per quanto possa valere nel 2025) e poco altro. Tipo, il Kenny “Sky” Walker visto sempre ai Knicks negli anni ’90. Poi a Indiana è diventato pian piano un pezzo solido della panchina. Soprattutto, appunto, in questi playoff. Autore di una gara 6 di altissimo livello, Obi Toppin è stato il miglior realizzatore dei suoi con 20 punti messi a referto. L’ha messa da fuori come il miglior Steph Curry, con 4 su 7 da tre, ed è stato molto preciso anche dal campo (50%). Attenzione, non siamo davanti a una nuova stella. Anzi. Toppin è destinato a rimanere una buona pedina da rotazione, che porta sostanza, energia, atletismo e un fisico scolpito nel granito. Anche perché al capitolo “trattamento della palla” siamo all’abc. A rimbalzo non è propriamente la reincarnazione di Charles Oakley. E i suoi assist sono più rari della neve a Mazara del Vallo.

Il tiro dalla media di TJ McConnell
Può il tiro dalla media essere il movimento in grado di caratterizzare un giocatore di appena 1.85? Soprattutto con i livelli di atletismo che ci sono in giro al giorno d’oggi? E, tra l’altro, non si parla di un playmaker in grado di saltare come Mac McClung. O con una velocità di base alla Allen Iverson, giocatore che metteva a dura prova l’occhio umano nella seconda metà degli anni ’90. Per TJ McConnell, evidentemente, si. Ne ha dato prova anche in gara 6, quando alcuni suoi tiri dalla media con l’uomo addosso sono stati davvero importanti per l’andamento della partita. Il giocatore dei Pacers punta in palleggio il proprio avversario, preferibilmente verso destra. Interrompe la corsa e si alza in volo, con le braccia protese dentro l’area. Rimane sospeso il tempo giusto per scoccare il tiro, un tiro a percentuali non trascurabili ormai. Per il resto, McConnell è un veterano che entra in campo, senza paura, guida la squadra, si prende le sue responsabilità e spesso incide positivamente a gara in corso. Ne ha messi 12 in gara 6 e sta tenendo in queste Finali una media di 11,3 punti con il 53,7% dal campo. Ah, da fuori non tira mai, ma questa è un’altra storia.

That’s all Folks!
Alla prossima settimana.

L'articolo NBA Freestyle | Non c’è egoismo nell’attacco di Indiana: così hanno conquistato una clamorosa gara 7 proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti