NBA Freestyle | Maxey ne segna oltre 50: è l’Iverson della Gen Z. Thompson, è il momento di dire basta

  • Postato il 21 novembre 2025
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Tyrese Maxey sembra Allen Iverson

Il “piccolo” in maglia Sixers (vintage anni ’90) recupera un pallone nella propria metà campo. Palleggia veloce sulla corsia sinistra. Cambio di mano dietro la schiena, si porta la palla sulla mano destra. Esitazione, ulteriore cambio di mano per superare il difensore in uno contro uno e andare nuovamente a sinistra per l’appoggio in sottomano. Bello, rapido, veloce. Nell’azione successiva, la stessa guardia tiratrice con due fulmini al posto dei piedi, va invece a destra e lancia un floater da centro area – con l’uomo addosso – che si spegne morbido nella retina. Chiudi gli occhi, senza sapere che sei nel 2025. Potrebbe pure essere Allen Iverson? Ti chiedi. Forse la cosa più veloce mai vista su un campo da basket.

Invece è Tyrese Maxey, stella inaspettata di Philadelphia. L’attuale terzo miglior marcatore della NBA (31,9 di media). Ad Iverson, in effetti, somiglia molto per quella sua velocità sul primo passo, per la capacità di superare il difensore dal palleggio e riuscire a trovare la via del canestro all’interno di una selva di uomini. Leggermente più alto (1.90) di The Answer, Maxey sembra disegnato dal sarto per il basket odierno. Fisico scolpito nel granito, grande esplosività, pazzesca velocità di base, eccezionale palleggio.

La mette da tre con buona regolarità (42%), caratteristica che per uno con la sua capacità di penetrare è come il cacio sui maccheroni. Questa notte, nella vittoria sui Bucks, il play dei Sixers ne ha messi ben 54, giocando una partita in cui definirlo “immarcabile” sarebbe risultato riduttivo. Senza Embiid, Philadelphia se la sta cavando (sono sesti a Est). Merito di Edgecombe. Ma soprattutto merito di Tyres Maxey. Iverson della Gen Z.

Klay Thompson, è il caso di ritirarsi?

Un giocatore di basket deve essere in grado di capire quando è ora di dire basta. Perché? Perché, spesso, in un discorso pubblico uno si ricorda solo “decollo” e “atterraggio”. La parte inziale e quella finale. Tutto ciò che sta in mezzo, molto meno. Perché rischi di macchiare una carriera straordinaria, facendo vedere di te una versione improbabile, inaspettata, incomprensibile. Purtroppo, gli ultimi anni di Klay Thompson non saranno mai dimenticati.

Ma quello che sta succedendo in questa stagione, oltre che essere triste, l’ex stella dei Golden State Warriors non se lo merita affatto. L’attuale versione del giocatore dei Mavericks non è il risultato solo degli anni che passano. Ha avuto infortuni davvero gravi. Che anni fa, a volte, non ti permettevano neppure di tornare in campo. Mettiamo da parte le cifre imbarazzanti (sotto i 10 di media), Thompson non è più in grado di stare in campo. Non riesce a caricare il tiro in modo rapido.

Non riesce a trovare il corretto bilanciamento nell’arresto sia a due tempi che a un tempo. Non è più veloce nel caricamento. Non è più lui. E stiamo parlando, badate bene, di uno dei più grandi tiratori della storia del gioco. Più grande, nel suo picco di carriera, di gente come Reggie Miller. Un movimento di tiro, tra l’altro, che sembrava “disegnato” con l’Intelligenza Artificiale, per quanto fosse perfetto dai piedi fino alle spalle. Dallas lo cederà. Un peccato. Un vero peccato.

Per l’MVP c’è anche Giannis

Adesso è infortunato. Ma occhio perché, da come stava giocando, nella corsa all’MVP ci sarà anche lui. Come ogni anno. Una delle combinazioni di fisico e tecnica più allucinanti della storia. Il problema è che questi Milwaukee Bucks non sembrano affatto da corsa. Rimane attualmente il quarto marcatore della lega (31,2 punti di media), nonché uno di quei giocatori a cui è quasi impossibile impedire di segnare, una volta messo il piede in area (62,9%).

Per il resto, Giannis Antetokounmpo è un vero e proprio palleggiatore di 2.11. Non sa solo semplicemente mettere palla a terra. Ball-handing in velocità, sia in corsia centrale che laterale. Tratta la palla con entrambe le mani anche se pressato. Sa cambiare direzione anche in traffico. Sa andare dietro-schiena come un piccolo. Spettacolare da vedere, come sempre. Rimarrà nella storia del gioco. Forse non rimarrà a Milwaukee. Un anello al dito già ce l’ha. Ma per un giocatore di questo calibro, accontentarsi di vivacchiare ai playoff come negli ultimi anni è davvero troppo poco.

That’s all Folks!
Alla prossima settimana.

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