NBA Freestyle | Cooper Flagg va aspettato, per Ayton invece i Lakers sono l’ultima spiaggia

  • Postato il 31 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Cooper Flagg va aspettato

Nessun verdetto dopo sole cinque partite. Se ne sentono di tutti i colori, come ogni anno. Figuriamoci. Cooper Flagg non è il prossimo Anthony Bennet, così come il rookie di Philadelphia VJ Edgecombe (oltre 25 punti di media) non è il nuovo Allen Iverson. Certo, l’inizio carriera dell’ex stella di Duke in Texas si può definire a luci e ombre. Tutto atteso. Tutto come da programma. Non tutti si adattano alla NBA fin da subito, in modo automatico. Anche Wembanyama faticò non poco. Stessa cosa accadde a gente come Scottie Pippen, per dire. Poi si sa la fine che ha fatto l’ex ala-piccola dei Chicago Bulls. Il rookie dei Mavericks sta segnando 13,4 punti di media, con 6,2 assist e il poco onorevole 26,7% da tre. Le cifre miglioreranno, sono solo una conseguenza. A patto che lavori su diversi aspetti del proprio gioco. Jason Kidd lo sta “forzando” a giocare playmaker. Per alcuni una follia. Per alti, invece, un battesimo di fuoco, un modo per insegnargli con severità cosa vuol dire palleggiare e passare la palla sotto la massima pressione. Queste cose sarà chiamato a farle (visto il potenziale e la sua possibile evoluzione a giocatore “tuttofare”) anche quando, un giorno, giocherà stabilmente da ala (e non più da play). Suo ruolo naturale. Flagg ha una facilità di corsa e di salto francamente disarmante. Nelle situazioni dinamiche, il giocatore di Dallas scivola via come l’olio d’oliva su una tavola di alluminio. Riempie le corsie in contropiede da padreterno. Quando riceve con mezzo passo di vantaggio sull’angolo difensivo, fa (quasi) sempre accadere cose molto belle da vedere, che illuminano e ti fanno pensare “eccoci qua, ci siamo”. Stessa cosa, quando prende un passaggio consegnato, la mette a terra e punta il canestro per un tiro in sospensione. Ma il ballhandling va migliorato. Ci vuole più rapidità di esecuzione a difesa schierata. Deve capire come mettere in ritmo i compagni con continuità. Deve lavorare sul primo passo in penetrazione. Cose importanti, ma il tempo è dalla sua parte. Flagg va aspettato.

DeAndre Ayton: ora o mai più!

Ok. Non sarà mai il prossimo Joel Embiid. Molti lo avevano pensato, quando venne scelto alla numero uno dai Phoenix Suns nel Draft 2018. Non lo sarà solo a causa di una testa così così e di un “fuoco” non sempre acceso. Mica per mancanza di doti tecniche e fisiche. No, decisamente no. Anche se poi ognuno dovrebbe interrogarsi sull’interpretazione dare alle parole “Joel Embiid” in base alla propria sensibilità… Ma questa è un’altra storia. Nelle prime partite in maglia Lakers, l’ex Arizona non sembra nemmeno quel disastro ambulante con su la canotta dei Portland Trail Blazers visto nelle ultime stagioni. Ayton sta tenendo una madia di 16 punti con quasi 10 rimbalzi e oltre il 60% dal campo. Non male, se continua così, per LeBron James e Luka Doncic. Il lungo di Los Angeles ha stazza, rapidità e fisico per fornire un punto di riferimento in alley-oop ai creatori in maglia giallo-viola. E sta anche facendo vedere buone cose sia nelle situazioni di short-roll (quando porta un blocco, si gira e riceve subito la palla lontano da canestro) che dal gomito per il tiro dalla media. Bel tocco in avvicinamento dentro l’area a superare le braccia protese del difensore e capacità di ricevere in corsa puntando il canestro. Insomma, si pensava di peggio. Anche perché, per DeAndre Ayton si tratta dell’ultima spiaggia.

Ecco Fontecchio a Miami

Non si può non essere contenti della sistemazione di Fontecchio a Miami. Un coach illuminato come Erik Spoelstra. Un minutaggio decente (oltre 21 di media), grazie a qualcuno che finalmente vede in lui un buon materiale da rotazione. Con la fiducia, la continuità, si fanno risultati. La guardia degli Heat sta segnando 13,8 punti a partita, la cifra più alta della sua carriera in NBA. E attualmente, per quel che vale, è uno dei migliori tiratori da tre della lega, con il 59,3%. In queste prime cinque partite sta trovando un ritmo da oltre l’arco sinceramente micidiale. E i compagni lo cercano con buona continuità. C’è da dire che Simone Fontecchio è uno che si sa muovere piuttosto bene senza palla, sa sfruttare i blocchi in modo appropriato, ha un rilascio della sfera a “velocità NBA”. Oltre ad avere sempre un atteggiamento positivo, aggressivo, determinato, senza paura. Per il resto, Fontecchio fa il suo (buon) lavoro puntando su stacco da terra, capacità di attaccare forte il proprio uomo in entrata, rapidità nel riempire le corsie in contropiede. La stagione è partita molto bene. È presto per dirlo, ma potrebbe anche essere la volta buona.

That’s all Folks!
Alla prossima settimana.

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Il Fatto Quotidiano

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