Naufragio

  • Postato il 17 luglio 2024
  • Di Il Foglio
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Naufragio

Disturbante. Il titolo ne è un preludio, e l’incipit una conferma: “Non ti ho chiesto io di partire, avevo detto. L’hai voluto tu, se non volevi bagnarti non dovevi imbarcarti”. Vincent Delecroix non fa sconti alla realtà, che spesso supera l’immaginazione, nel suo romanzo Naufragio, edito da Edizioni Clichy, dove trasforma in letteratura un terribile – e troppo consueto – fatto di cronaca: la morte di 27 persone migranti nel Canale della Manica nel novembre del 2021. Ispirandosi alla storia vera, Delecroix fa immergere i lettori nei pensieri di una operatrice del posto di controllo, che una notte, dopo ripetute chiamate di insistente disperazione per essere salvati, non li salva. L’autore riporta i fatti a partire dal dialogo, a tratti flusso di coscienza, tra l’operatrice e l’agente che sta conducendo le indagini. “La verità è che per salvare le persone bisogna semplicemente non pensare a loro. Il migrante che mi ha chiamato quattordici volte, per quel che ne sappiamo, poteva essere un farabutto e non è perché comincia ad annegare in un’acqua a dieci gradi che purificherà la sua anima. Io della sua anima me ne frego, e altrettanto della sua storia, e comunque gli dico di mandarmi la sua posizione senza chiedergli di confessarmi prima i suoi peccati”, racconta l’io narrante. Come riflesse allo specchio, le due donne si guardano, si interrogano e si indignano a vicenda. Soprattutto, cercano delle giustificazioni per capire quelle tre ore: tre ore per essere inghiottiti dal mare, quando l’unico appiglio è una fredda e cinica voce dall’altra parte del telefono che dice che i soccorsi stanno arrivando, quando in realtà, non arriva nessuno. Se tutto chiede salvezza, la domanda che sorge è chi ne sia responsabile. Qual è quindi, l’anello che non tiene? Il mare, la politica migratoria, la mafia degli scafisti, la guerra, la fame, gli errori di valutazione dei soccorsi, la disumanità? “Cos’è preferibile: che io organizzi i soccorsi o che pianga con loro al microfono? Mi si rimprovera di essere senz’anima? Ma è proprio quest’anima che lascio nello spogliatoio quando arrivo”. Il libro si legge d’un fiato e fa sprofondare in quell’abisso che è l’umanità, che sa incrinare ogni contraddizione e mettere in luce i paradossi più impensabili di un mondo opaco e talvolta incomprensibile. Il male è straordinariamente ordinario. E la banalità del male ha una voce. Senza troppo stupore, alla fine, ci accorgiamo che somiglia spaventosamente alla nostra.

    

Vincent Delecroix
Naufragio
Edizioni Clichy, 144 pp., 18,50 euro

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Autore
Il Foglio

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