Napoli si fa seriale. Così la sua strabordante esuberanza ha occupato la tv
- Postato il 13 gennaio 2025
- Di Il Foglio
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Napoli si fa seriale. Così la sua strabordante esuberanza ha occupato la tv
In principio fu Sorrentino. Alfa e omega. Cantore di Napoli e della napoletanità di ieri e di oggi. Conturbante e perturbante, contraddittoria ed eccessiva, alta e bassa, tradizionale e divisiva. Napoli d’altra parte, audiovisivamente parlando, è diventata negli ultimi anni una meta prediletta per registi e produzioni che qui hanno ambientato molte serie che abitano il palinsesto di oggi e di domani.
Da qualche tempo Napoli vive una rinascita turistica, culturale ed economica. E a questa rinascita coopera – attivamente - anche il cambiamento di paradigma della narrazione di un luogo. Usciti definitivamente, si spera, da un certo stereotipo drammaturgico (criminalità organizzata, in primis), si indossano abiti diversi e si mostrano facce nuove, in qualche caso inedite, della città. Napoli diventa culla di una sensibilità locale che cerca di assumere tratti universali. Porta il proprio folklore e il proprio sentire all’estero, i suoi paesaggi da cartolina vengono utilizzati per solleticare un immaginario internazionale che ha fatto della costiera amalfitana una delle mete più ambite. Per non parlare della tradizione culinaria che vede l'exploit fin troppo arrembante di una città diventata nuova meta di gastro-turisti globalizzati. E che esporta i propri imprenditori-instagrammer anche fuori dal Golfo: vedi Donato, il paninaro di "Con mollica o senza", o i "Fiocchi di Neve" della pasticceria Poppella, diventati un fenomeno di costume. E poi c'è la Napoli dello scudetto del 2023, quella dei nuovi talenti musicali (da Geolier a Liberato), la città simbolo di un nuovo che avanza. È chiaro che questa esuberante rinascita si sarebbe presto trasferita anche sullo schermo, con un percorso di costruzione dell'immaginario al rovescio: se spesso è stato il cinema o la tv a rilanciare o strutturare una narrazione in grado di incidere sulla realtà, nel caso di Napoli sembra essere accaduto l'opposto. È la città, strabordante, a farsi largo come palcoscenico e protagonista della nuova televisione.
E così, consolidati successi apripista come la quadrilogia televisiva dell’Amica Geniale (Rai e HBO) e l’intuizione narrativa vincente di Mare fuori (Rai, cinque stagioni), Napoli si mostra teatro di molte produzioni recenti (nell’annata tra il 2023 e il 2024 sono, globalmente, ben più di un centinaio i prodotti audiovisivi e fotografici realizzati sul territorio napoletano, contando anche le produzioni americane e quelle di Bollywood). Limitandosi solo al campo seriale e facendo qualche esempio, c’è la Napoli che recupera – rivisitandola – la propria tradizione di costume in Uonderbois (Disney +), quella più trafficona e legata all’ingegno dell’arrangiarsi di Generazione 56K (Netflix) o del recente Mica è colpa mia (Netflix), quella che fa ricorso al poliziesco, sia esso un recupero rivisitato del passato come Piedone (Sky) o quello più classico di Sara (Netflix, serie di prossima uscita tratta dai libri di De Giovanni). C’è il racconto dei paesaggi locali che diventano personaggi protagonisti come in Inganno (Netflix) e Costiera (Amazon Prime, prossimamente nel 2025). C’è ancora una Napoli che rielabora il proprio passato audiovisivo e lo espande – come per Gomorra. Le origini (Sky) – cercando di riprendere un cult, aggiungendovi qualche nuovo ingrediente. Arriverà anche una nuova Ferrante, la Golino de La vita bugiarda degli adulti.
Anche l’industria americana ha avuto negli ultimi anni un occhio di riguardo per Napoli e le bellezze della Costiera. Esotica quanto basta per gli statunitensi, racchiude la possibilità – magari un po’ stereotipizzata – di raccontare un luogo e insieme uno stile di vita. Forse, il tratto che tiene insieme tutto e che diventa il cuore dell’attrattiva partenopea è che, in un panorama italiano abbastanza asfittico, Napoli appare (non unica eccezione, va detto) una città viva, vulcanica, ça va sans dire. Dove c’è qualcosa che ribolle, insomma, una contraddizione intrinseca (un “conflitto”, cuore della drammaturgia), una scintilla interessante, mutevole e inafferrabile. La stessa che, almeno serialmente parlando, si cerca di trasportare sullo schermo.
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