Nannipieri: ormai per il politicamente corretto il maschio è il cattivo a prescindere

  • Postato il 27 gennaio 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Nannipieri: ormai per il politicamente corretto il maschio è il cattivo a prescindere

Ce la mettono tutta, La Stampa e Repubblica, a voler far sentire gli uomini, i maschi, in colpa di essere nati maschi. Ieri l'inserto “Tuttolibri” della Stampa apriva con un titolone a tutta pagina: “La violenza dei padri”. Il titolo successivo era: “La paura della cinghia”. Voltavi ancora pagina e una pubblicità enorme urlava l'ultimo titolo di Francesco Piccolo: “Son qui: m'ammazzi”. Sottotitolo: “I personaggi maschili nella letteratura italiana”. Sotto-sotto titolo: “Maschi, tutti sempre uguali a se stessi, al centro di romanzi che hanno costruito il canone della letteratura italiana”.

Altra pagina, altro titolo: “La sottomissione quotidiana si edifica sul silenzio delle madri”. E giù un fiondare di testi su orchi, omissioni, violenze non denunciate tra le mura di casa. Ci si aspettava anche un “mea culpa” da parte di uno scrittore maschio in odore di Premio Strega, ma non c'era. Però ce li ricordiamo i vari titoli della Stampa, per far annichilire il maschilista che si nasconde in ognuno di noi: “I maschi si arrendano, il loro potere è finito”, “Maschilismo duro a morire”, “Il patriarcato vive e lotta contro di noi”. Goccia dopo goccia, la pietra si scava.

Solo alla Stampa accadono queste cose? Magari. Anche Repubblica ci va giù decisa. Da anni ha sposato a mani basse, in tandem con il giornale torinese, il pensiero di Massimo Recalcati. La sua idea è semplice e ben argomentata: nel mondo moderno il padre è scomparso (“Il complesso di Telemaco”), l'Italia è ormai una “patria senza padri”, dove alla donna va riconosciuta “la funzione essenziale e insostituibile nell'adozione simbolica della vita” (“Le mani della madre”, Feltrinelli). E l'uomo?

Beh, l'uomo ha uno sfondo inconscio, una memoria sociale che lo spinge al dominio e quindi, se non ci riesce, può arrivare a essere violento o depresso. Anche sul quotidiano fondato da Scalfari le parole e le immagini dicono tutto: “La crisi del maschio”, “La mascolinità tossica”, “Rosella Postorino: Il maschio abusante era il mio medico”. “Il patriarcato esiste. Se non lo vedi, sei tu”. Se non riconosci il male, il male sei tu. La sacrosanta denuncia di una violenza diventa il pretesto per un attacco antropologico al genere maschile. Goccia dopo goccia, la pietra si scava.

La benzina la offre anche la letteratura oggi più sponsorizzata. Le trame dei romanzi (e delle fiction) hanno spesso una costante: la protagonista è una donna, o un gruppo di donne, che riesce ad emanciparsi in un pantano sociale, fatto di uomini dediti a molestie, carrierismo e abusi. Negli Stati Uniti stavano per togliere le opere del pittore Balthus dal Metropolitan Museum di New York perché l'artista ritraeva giovanissime ragazze nude e pensavano che inneggiasse alla pedofilia. Goccia dopo goccia, la pietra si scava.

E la pietra è la mente sociale. Si fa presto a uscire dalle pagine dei giornali e andare in strada. Se una donna accarezza un bambino, è materna; se lo fa un uomo, chiamate i carabinieri. Ho varie amiche che accusano il loro ex marito di atteggiamenti sospetti con i loro figli. Cosa fanno, gli chiedo? Carezzano, baciano. E allora? Non lo fai anche tu? Quando è accaduta la maledetta frattura per cui lo stesso gesto, se compiuto da una donna, è amore protettivo, se compiuto da un uomo, è sospetto?

A chi giova un mondo in cui la donna e l'uomo sono in conflitto? Per fortuna mi guardo intorno e il mio mondo familiare non è così. Mio padre non è violento né assente: è presente e gli voglio un gran bene, come a mia madre che, quando sono a casa, mi porta la spremuta d'arancia mentre scrivo. Mi hanno cresciuto ed educato alla comprensione e alla fiducia reciproca, e di questo sarò loro sempre grato. Ai cimiteri si va a ricordare i cari che non ci sono più e si ricordano con amore, uomo o donna che siano. Non ho violentatori alle mie spalle né attorno a me. Gli omicidi li vedo nei film, li leggo nei libri e, se li vedo in cronaca, spero che siano condannati a pagare la pena che gli spetta. Non esistono colpe antropologiche. Io voglio vivere in un mondo così e sono sicuro anche voi.

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Libero Quotidiano

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