Nada Cella, la ricostruzione del delitto grazie alle macchie di sangue: “L’aggressione cominciata in ingresso”

  • Postato il 22 maggio 2025
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Generico maggio 2025

Genova. “L’aggressione è cominciata nell’ingresso dello studio, poi l’azione con un progredire notevole di violenza è proseguita nella stanza della vittima”. A spiegarlo oggi in aula Cosimo Cavalera, ex dirigente della polizia scientifica della Questura di Genova che fece diversi sopralluoghi nel palazzo e nello studio del commercialista Marco Soracco. La scientifica arrivò sul posto – è importante ricordarlo – da Genova a metà mattina quando già la mamma di Soracco, Marisa Bacchioni, armata di straccio e secchio aveva pulito le scale del palazzo e l’ingresso dello studio.

Ma in quell’ingresso, sfuggite alla pulizia perché dietro la porta e vicino a un mobile gli investigatori hanno trovato sei piccole macchie di sangue “di forma ondulata – ha spiegato Cavalera – che denotano un’energia cinetica che deriva a mio avviso da un’aggressione e non da un gocciolamento che avrebbe potuto esserci nel trasporto della vittima in barella da parte dei soccorritori”.

Uno o più colpi alla testa con un piccolo oggetto contundente che poi probabilmente cade di mano all’assassina mentre insegue Nada che, dopo aver perso alcune gocce di sangue ,aveva provato a chiedere aiuto tornando nella sua stanza. Lì secondo l’accusa Annalucia Cecere aveva preso il primo oggetto che le era capitato fra le mani, una pinzatrice, che la vittima teneva sempre sulla scrivania e l’aveva massacrata di colpi, come si vede dall’enorme chiazza di sangue rimasta sul pavimento. Nella sua stanza Nada, seppur tramortita, aveva ricevuto ”il primo colpo mentre si trovava in piedi – ha spiegato la allora vice dirigente della scientifica Daniela Campasso – poi era caduta a terra e la grande macchia che si vede sul muro è lo schizzo della testa già ferita”.

Tre le foto che vengono mostrate in aula, ce n’è una dove si vede la tappezzeria del muro leggermente strappata che “indica un probabile colpo dato mentre la vittima era a terra” ha spiegato Campasso che ha aggiunto: “Le macchie di sangue danno l’idea della dimensione della vastità dell’agire aggressivo”.

La dinamica del delitto e le due armi utilizzate da Cecere

Un delitto d’impeto, quindi, cominciato in ingresso praticamente subito dopo che Nada ha aperto la porta. Ed è anche per questo che – sostengono la pm Gabriella Dotto e l’avvocata di parte civile Sabrina Franzone – non può essere Marco Soracco l’assassino di Nada Cella. Il commercialista e titolare dello studio aveva ovviamente le sue chiavi e non c’era alcuna ragione perché la segretaria lasciasse la sua stanza per andare ad aprirgli la porta.

Nada invece quella mattina del 6 maggio 1996 sente suonare la porta, la apre e si trova davanti Annalucia Cecere che – sempre in base all’ipotesi accusatoria – vuole parlare con Soracco, visto che Nada aveva ricevuto ordini precisi dal commercialista e dalla madre di non passargli le telefonate di Cecere.

Le due donne discutono per qualche istante con Cecere che insiste per stare lì fino all’arrivo del commercialista mentre Nada le dice di andarsene. A questo punto Cecere avrebbe preso un oggetto, un fermacarte, preso al volo dalla scrivania di Soracco (il suo studio è a destra dell’ingresso e la scrivania subito lì a portata di mano in spazi tutti molto ristretti) e la colpisce in testa o al volto. Nada è tramortita, perde anche qualche goccia di sangue (in parte, quello sul pavimento del corridoio sarà pulito dalla madre di Soracco prima dell’arrivo della polizia come hanno raccontato gli stessi poliziotti intervenuti), ma qualche goccia più nascosta, tra la porta e il mobile, resta e viene repertata: “macchie oblunghe che denotato un’energia cinetica” dice la scientifica. Poi Nada, che non poteva fuggire fuori dallo studio visto che l’ingresso era sbarrato proprio da Cecere, corre verso la sua stanza, probabilmente per prendere il telefono e chiedere aiuto, ma Cecere la raggiunge e, dopo aver afferrato la pinzatrice che Nada teneva sempre sulla scrivania, la colpisce più volte. Poi si lava le mani in cucina e fugge via.

Omicidio Nada Cella, le foto della polizia scientifica

A parlare della pinzatrice è stata la praticante dello studio di Soracco sentita oggi in aula. Seppur in una marea di non ricordo (amnesia purtroppo tipica di quadi tutti i testimoni di Chiavari sentiti in questo processo) la donna all’epoca aveva detto a domanda degli investigatori se ci fosse qualche oggetto mancante nella stanza di Nada Cella, dove la avevano accompagnata, aveva detto che “sulla scrivania Nada aveva sempre avuto una pinzatrice”, che sulla scena del crimine non c’era e non è mai stata ritrovata. Rispetto al fermacarte invece saranno le prossime udienze a chiarirne il ruolo e dove si trovava.

L’anomalia del portaombrelli spostato

Diverse macchie di sangue sono state trovate anche sotto il portaombrelli dello studio del commercialista che fu ritrovato, non in ingresso dove dovrebbe normalmente stare, bensì in un angolo della cucina. In una cucina dove non sono state repertate altre tracce ematiche il portaombrelli aveva macchie nascoste sotto la base. Elemento che secondo l’accusa è indicativo del fatto che al momento del delitto non si trovasse lì, ma sia stato spostato. Su quell’oggetto la tesi della Procura è che si trovasse in realtà in ingresso e che nella prima fase dell’aggressione sia finito rovesciato nel corso della colluttazione per questo aveva tracce ematiche. Poi è stato spostato durante la pulizia dell’ingresso da parte della madre di Soracco.

Autore
Genova24

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