Musk chiama “stupido” Scholz, Berlino risponde: “Su X c’è libertà per gli stupidi”
- Postato il 8 novembre 2024
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“Su X c’è libertà per gli stupidi…”. La risposta, allusiva, arriva dalla portavoce del governo Christiane Hoffmann, che rispondendo ai giornalisti tedeschi ha commentato così la dichiarazione di Elon Musk, che su X aveva definito il primo ministro tedesco Olaf Scholz “uno stupido”. Interpellata sulla presenza del governo federale su X, la portavoce ha inoltre evidenziato che “i social media sono un mezzo importante con cui il governo federale spiega e comunica il proprio lavoro” e, “nel complesso, è importante che il governo continui ad essere rappresentato” sui social. Il commento di Musk – “Narr”, stupido in tedesco – era relativo alla crisi politica a che sta vivendo la Germania, legato alla fine della coalizione semaforo e delle possibili elezioni anticipate. Alla domanda di una utente che gli chiedeva se si riferisse al cancelliere, Musk ha quindi confermato: “100%”, con un’emoji che ride.
La crisi politica in Germania – A marzo, al più tardi, la Germania andrà a elezioni anticipate. Nel giro di ventiquattro ore, la dirompente crisi di governo aperta dallo strappo sul bilancio tra il cancelliere Olaf Scholz e l’ormai ex ministro delle Finanze Christian Lindner ha travolto il Paese, trasformando l’esecutivo in un’alleanza a due rosso-verde priva dei liberali. L’obbligato appello “alla responsabilità” è toccato al presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, per ricordare che la fine di una coalizione “non è la fine del mondo, ma soltanto una crisi da lasciarsi alle spalle”. Quando, ancora, non si sa. Il Kanzler resta fermo nell’intenzione di porre la fiducia al Bundestag soltanto il 15 gennaio. Ma il centrodestra della Cdu – dall’alto dei sondaggi che la vedono volare oltre il 30% – continua a lanciare ultimatum per anticipare il voto in Parlamento già “la prossima settimana”, aprendo la strada alla chiamata alle urne tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Pena il mancato appoggio alle leggi ancora da approvare che di fatto costringerebbe il governo di minoranza a staccare comunque la spina.
Pronto a celebrare la ricorrenza storica della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre, Steinmeier ha preso la parola dalla residenza presidenziale di Bellevue assumendo il ruolo di faro in una tempesta che “nei 75 anni di storia della Repubblica federale raramente” si era vista. Negli ultimi quarant’anni – contraddistinti anche dall’era Merkel – i ricorsi storici riportano soltanto alla crisi del 1982 – anche in quel caso con socialdemocratici (Spd) e liberali (Fdp) al potere -, anticamera per l’avvento di Helmut Kohl. “Molte persone guardano con preoccupazione alla situazione politica incerta del nostro Paese, in Europa e nel mondo. E anche dopo le elezioni negli Stati Uniti non è il momento delle tattiche e delle scaramucce, è il momento della ragione”, ha ammonito con tono grave il presidente, richiamando all’ordine la politica davanti alla “portata delle sfide” che, con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, appaiono sempre più urgenti. E il burrone nel quale è finita l’ex locomotiva d’Europa preoccupa anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e i leader Ue riuniti a Budapest e impegnati a esortare Berlino a “mantenere la rotta” e “continuare a svolgere il suo ruolo” sulla scena mondiale.
Per tutta la giornata di ieri però le accuse e controaccuse tra i due nemici giurati Scholz e Lindner – intenti a ignorarsi al passaggio di consegne a Palazzo Bellevue -, irrobustite da quelle del leader della Cdu, Friedrich Merz, si sono susseguite. La responsabilità, ha tuonato l’ex ministro delle Finanze dopo le durissime parole rivoltegli dal cancelliere al momento della cacciata, è anche una questione di “stile” e Scholz ha organizzato, a suo parere, una “messa in scena per far cadere il governo deliberatamente” ritenendo insanabile la differenza di vedute sul freno all’indebitamento. Lui, cogliendo con l’addio la palla al balzo per spostarsi a destra, sogna già il ritorno ancora nel ruolo di falco dei conti pubblici, puntando a guidare l’Fdp – sempre più debole nei sondaggi – alle elezioni.
Oltre al nemico Scholz, a voltargli le spalle però è stato anche l’ex amico Volker Wissing, ministro dei Trasporti, che ha lasciato i liberali pur di restare a bordo del governo. Un gesto apprezzato dal cancelliere, che gli ha permesso di raddoppiare: sarà lui a sostituire il collega liberale Marco Buschmann alla guida della Giustizia, diventando responsabile di due portafogli. Al posto dell’ex titolare dell’Istruzione sempre in quota Fdp, Bettina Stark-Watzinger, subentrerà invece il verde Cem Oezdemir, già titolare dell’Agricoltura. Mentre per guidare le Finanze Scholz questa volta ha scelto il suo fedelissimo Joerg Kukies, ex Goldman Sachs. Naufragato al momento ogni tentativo di dialogo con Merz, sarà il cancelliere a sobbarcarsi il peso della crisi nelle prossime settimane e a decidere quanto ancora prolungare l’agonia. Per ora tutti gli altri appuntamenti in agenda, compresa la Cop29 a Baku, sono annullati.
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