Multa errata sull’omologazione dell’autovelox? Quando serve la querela per falso
- Postato il 7 giugno 2025
- Codice Della Strada
- Di Virgilio.it
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L’apparente precisione di una verbale può trasformarsi in un ostacolo insormontabile per esercitare un proprio diritto. È il caso delle multe per eccesso di velocità emesse tramite autovelox, in cui sul verbale viene indicato che il dispositivo utilizzato è omologato o conforme a un prototipo omologato. Questa affermazione ha in realtà conseguenze giuridiche complesse, soprattutto alla luce di una realtà tecnico-normativa che contraddice quanto riportato. A oggi non esistono norme tecniche di omologazione per gli autovelox, ma solo decreti ministeriali di approvazione che autorizzano l’utilizzo dei dispositivi che non certificano una vera e propria omologazione nel senso tecnico del termine.
La fede privilegiata del verbale
Quando le forze dell’ordine redigono un verbale, lo fanno in qualità di pubblici ufficiali. Le loro dichiarazioni scritte godono, in sede giuridica, della cosiddetta fede privilegiata. Significa che quanto attestato nel verbale viene ritenuto vero fino a querela di falso. E qui si innesta il cortocircuito: se nel verbale viene specificato che il dispositivo è omologato, chi intende sostenere il contrario non può semplicemente presentare un ricorso al giudice di pace. Deve intraprendere un’azione più articolata: la querela di falso, prevista dagli articoli 221 e seguenti del Codice di procedura civile. Una strada che comporta un rischio economico se il giudizio dovesse concludersi negativamente.
La sentenza della Cassazione che chiude il cerchio
Il principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 13997 del 26 maggio 2025, in cui i giudici hanno respinto il ricorso di un automobilista pugliese multato nel 2022. Il cittadino aveva fatto notare che l’autovelox impiegato non risultava formalmente omologato, ma nel verbale la polizia stradale attestava il contrario. Nonostante le sue argomentazioni poggiassero su un dato di fatto oggettivo – ossia la mancata esistenza di un decreto di omologazione – il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Il motivo? L’uomo non aveva presentato querela di falso contro il verbale. È proprio questa mancanza formale che ha determinato l’esito sfavorevole, nonostante il contenuto tecnico della sua contestazione fosse legittimo.
Un nodo giuridico mai sciolto, approvazione contro omologazione
Il problema si annida in una confusione semantica che da anni contamina il lessico della pubblica amministrazione e delle stesse forze dell’ordine. Nel linguaggio comune, approvato e omologato sono usati come sinonimi, ma in ambito tecnico-legale sono concetti distinti. L’omologazione richiede l’esistenza di norme tecniche e procedure standardizzate mentre l’approvazione ministeriale è un atto discrezionale e amministrativo che autorizza l’uso di un dispositivo, ma senza certificare la sua conformità a standard oggettivi. La maggior parte degli autovelox presenti sulle strade italiane sono stati approvati, ma non omologati, ma nei verbali continua a essere usata la parola omologato.
Il ruolo delle prefetture
Quando un automobilista presenta opposizione a una sanzione, il prefetto ha facoltà di respingere o accogliere il ricorso sulla base degli atti disponibili. L’analisi di questi ricorsi tende a fondarsi su un automatismo giuridico: se il verbale menziona l’omologazione, viene ritenuto sufficiente a sostenere la validità dell’accertamento. La possibilità di richiedere un supplemento di verifica documentale o di sospendere l’efficacia del provvedimento in caso di dubbi tecnici, viene raramente esercitata. Questo approccio svuota la tutela prevista in teoria dall’articolo 203 del Codice della Strada.
Il peso economico della querela di falso
Presentare una querela di falso non è un’azione alla portata di tutti. È necessario incaricare un avvocato, affrontare un giudizio civile, produrre documentazione tecnica e sostenere i costi di eventuali perizie. Nel caso deciso dalla Cassazione, l’automobilista è stato condannato a pagare 500 euro di spese, oltre a quelle già sostenute nei tre gradi di giudizio. Si tratta di una somma che per molti è un deterrente sufficiente ad accettare la sanzione, anche quando si è convinti della propria ragione.
Per sostenere una querela di falso può servire allegare perizie tecniche che dimostrino come il dispositivo impiegato non sia omologato. Queste consulenze, affidate a ingegneri o esperti del settore, analizzano i documenti ministeriali relativi ai singoli modelli di autovelox, comparandoli con i requisiti previsti dall’articolo 192 del regolamento di esecuzione del Codice della Strada. Queste relazioni hanno valore probatorio, ma comportano costi e tempi di stesura incompatibili con i termini di impugnazione. Anche per questo motivo non tutti i cittadini riescono ad affrontare un ricorso fondato tecnicamente.
L’assenza di una norma tecnica
Nessun decreto tecnico è mai stato emanato per sciogliere i nodi irrisolti relativi ai criteri di omologazione degli autovelox. Si tratta di una lacuna normativa che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha lasciato aperta per anni, nonostante le ripetute richieste degli operatori del settore e delle associazioni dei consumatori. Questo vuoto giuridico rende possibile l’utilizzo di dispositivi approvati” ma non “omologati con la creazione di una zona grigia che le forze dell’ordine riempiono con formule ambigue e contraddittorie. In assenza di un decreto tecnico, la conseguenza è che nessun apparecchio potrebbe tecnicamente definirsi omologato, ma il verbale continua a riportare quella dicitura con tutte le implicazioni legali che ne derivano.
Un problema diffuso ma sottovalutato
Il caso approdato davanti ai giudici della Corte di Cassazione potrebbe apparire come un’eccezione, ma in realtà è una punta dell’iceberg. Molti cittadini si trovano verosimilmente nella stessa situazione e rinunciano a far valere i propri diritti proprio perché scoraggiati dalla complessità procedurale e dai costi. Il sistema giudiziario finisce così per legittimare una pratica di scrittura burocratica che confonde, distorce e rende opaco ciò che dovrebbe essere trasparente.
La giurisprudenza si consolida
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, con più pronunce analoghe in un anno – dall’ordinanza 10505 del 2024 a quella più recente 13997 del 2025 – ha costruito un orientamento netto e difficilmente ribaltabile. I verbali di accertamento non possono essere contestati nel merito se non tramite querela di falso, almeno quando dichiarano l’esistenza di una omologazione.
Anche se la Suprema Corte ha tracciato un solco, la magistratura di primo e secondo grado non è sempre uniforme nel recepire l’orientamento. Alcuni giudici di pace hanno accolto ricorsi pur in assenza di querela di falso e ritenuto prevalente il principio di verità materiale rispetto alla sola verità formale del verbale. Queste decisioni aprono in definitiva uno spiraglio, ma sono spesso isolate e sovvertite nei gradi successivi.