Multa da autovelox? È nulla se manca la verifica del dispositivo
- Postato il 1 luglio 2025
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- Di Virgilio.it
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È l’ennesimo capitolo di un intricato contenzioso che coinvolge centinaia di migliaia di automobilisti italiani. L’oggetto del dibattito è ormai di dominio pubblico da diverso tempo: la validità delle sanzioni elevate tramite autovelox non omologati. Un tema che ha generato un numero crescente di ricorsi e acceso la discussione nelle aule giudiziarie, fino a coinvolgere la Corte di Cassazione. Sempre di più, infatti, sono i casi che coinvolgono questa fattispecie. Meglio, dunque, indagare gli ultimi aggiornamenti.
Un ultimo caso rilevante
Nel vasto elenco delle questioni che hanno a che fare con gli autovelox non omologati, si aggiunge la vicenda che nasce lungo la superstrada Sora – Frosinone, all’altezza del chilometro 17+800, durante la quale un automobilista si è visto recapitare una multa per eccesso di velocità rilevata da un dispositivo fisso. Dopo il primo ricorso respinto dal Giudice di Pace, il Tribunale di Frosinone ha deciso diversamente. Con la sentenza, infatti, ha annullato la sanzione, condannando anche la Prefettura al pagamento delle spese processuali.
Secondo il giudice, dunque, la documentazione presentata non era sufficiente a dimostrare la piena affidabilità dell’accertamento. Il punto chiave è la distinzione, spesso trascurata, tra taratura e verifica del funzionamento. La prima attesta che l’apparecchiatura è correttamente impostata rispetto ai parametri originari. La seconda, invece, certifica che il dispositivo continui a funzionare in modo corretto nel tempo. In questo caso, la taratura risultava regolarmente effettuata, ma mancava la prova che l’autovelox fosse stato sottoposto a una verifica tecnica prima del suo uso, così come richiesto dalla normativa vigente. Una mancanza che ha determinato, secondo il giudice, l’illegittimità della sanzione.
Un quadro sempre più intricato
La decisione si inserisce in un quadro già reso complesso dall’intervento della Corte di Cassazione, che recentemente ha riconosciuto la nullità delle multe elevate con dispositivi “approvati” ma “non omologati”, aprendo però un fronte interpretativo ancora più delicato. In una delle sue ultime sentenze, la Suprema Corte ha infatti aggiunto un ulteriore requisito: per ottenere l’annullamento della sanzione, sarebbe necessaria una querela per falso nei confronti dell’agente che ha redatto il verbale.
Una posizione che ha sollevato numerose critiche, sia tra gli avvocati che tra le associazioni dei consumatori, che vedono in questa impostazione un ostacolo quasi insormontabile alla difesa del cittadino. La sentenza del Tribunale di Frosinone segna quindi un cambio di passo, riportando l’attenzione sul profilo tecnico e procedurale dei controlli automatici, anziché su quello formale e documentale. E pone un interrogativo che va oltre il singolo caso: quante delle multe emesse in Italia tramite autovelox non sono supportate da una verifica reale del funzionamento degli apparati?
Per i Comuni, si tratta di un rischio considerevole. Per gli automobilisti, invece, compare una nuova leva legale da utilizzare nei ricorsi. Intanto, nelle aule di giustizia si prosegue nel discutere non solo della liceità degli strumenti, ma anche del principio stesso di affidabilità delle prove a carico. In un Paese dove la sicurezza stradale convive con la necessità di far quadrare i bilanci municipali, la linea di confine tra controllo e sanzione rischia di diventare sempre più sottile. E ogni sentenza, come quella di Frosinone, contribuisce a ridefinire un equilibrio ancora lontano dall’essere trovato. Speriamo che qualcuno riesca finalmente a mettere il punto esclamativo su questa spinosa questione. Con buona pace di tutti quanti.