Morto in carcere Antonio Altamura, storico boss delle Preserre vibonesi

  • Postato il 18 giugno 2025
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Morto in carcere Antonio Altamura, storico boss delle Preserre vibonesi

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E’ morto questa mattina Antonio Altamura, storico boss del Locale di ‘ndrangheta di Ariola, nelle Preserre vibonesi. Si trovava recluso nel carcere di Parma dove stava scontando una condanna definitiva a 16 anni per associazione mafiosa


VIBO VALENTIA – E’ morto questa mattina nel carcere di Parma, Antonio Altamura, 79 anni, boss indiscusso del “Locale” di ‘ndrangheta di Ariola di Gerocarne, ritenuto tale dalla sentenza “Luce nei boschi”. Si trovava in regime detentivo in seguito alle condanna a 16 anni di reclusione rimediata in via definitiva nel processo nato dall’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Luce nei boschi” che aveva consentito di sgominare, nel 2010, l’organizzazione criminale operante nelle Preserre Vibonesi, da lui capeggiata al fianco, ma senza mai metterne in discussione il ruolo, il clan dei Loielo e poi quello degli Emanuele che rappresentavano il braccio-armato del Locale di ’ndrangheta.

Antonio Altamura

LA CONDANNA DEFINITIVA A 16 ANNI DEL BOSS E I LEGAMI CRIMINALI

La Cassazione aveva respinto il ricorso dei suoi legali e anche le argomentazioni difensive sul tema del “bis in idem”, ossia la presunta doppia condanna per lo stesso fatto: un’istanza dichiarata infondata, poiché Altamura aveva ricevuto già una condanna in due processi distinti – “Crimine” nel 2016 (4 anni e 6 mesi) e “Luce nei boschi” nel 2024 – per periodi non sovrapponibili.

In queste sentenze la Cassazione identificava Antonio Altamura come “capo storico” del locale di ‘ndrangheta di Ariola di Gerocarne, con significativi legami anche con i vertici criminali di Rosarno e San Luca. Nello specifico era ritenuto vicino a Domenico Oppedisano di Rosarno, “capo crimine” e per un certo lasso temporale “custode delle regole” dell’intera organizzazione criminale calabrese. Grazie all’intervento del boss Giuseppe Pelle di San Luca e poi di Oppedisano, ad Altamura, nell’operazione della Dda di Reggio Calabria, veniva contestato di aver ricevuto il grado della “Santa”.

LA FIGURA DI ALTAMURA RACCONTATA DA INVESTIGATORI E PENTITI

Nel corso delle varie inchieste antimafia, i pentiti hanno confermato senza ombra di dubbio la storica figura di vertice di Altamura in seno al “Locale di Ariola”, riconosciuto anche nel panorama regionale della ‘ndrangheta, e tali testimonianze evidenziavano rapporti di potere tra clan (Loielo, Emanuele, Maiolo) sotto la regia del defunto boss, confermata anche dagli accordi e dalle tensioni interne al gruppo criminale.

Per meglio far comprendere lo spessore dei Altamura, nell’inchiesta il processo “Maestrale”, il colonnello dei carabinieri Valerio Palmieri aveva rivelato che i nomi utilizzati nei rituali di affiliazione (‘copiate’) includevano quello di “Gaspare” come alias del boss, segno della sua posizione di rilievo tra i ‘ndranghetisti. Inoltre il collaboratore di giustizia Francesco Salvatore Fortuna (ex killer dei Bonavota) ascoltato nel 2024 nell’operazione “Habanero”, aveva descritto Altamura come il leader formale del “locale di Ariola”: “Nella zona dell’Ariola era come Oppedisano a Rosarno: se parlava Emanuele, nessuno osava contraddirlo”.

MA C’ERA CHI VOLEVA VEDER MORTO IL VECCHIO BOSS

Non solo, secondo Fortuna, Altamura “era l’autorità centrale mentre le faide (come tra Maiolo e Loielo) si svolgevano sotto di lui”. Un altro pentito, Walter Loielo, aveva infine riferito che, tra il 2000 e il 2001, era in corso un accordo per uccidere Altamura — progetto poi abbandonato — grazie all’intervento dei Loielo stessi, convinti che il boss operasse anche per loro conto, a testimonianza dell’influenza e del peso decisionale della sua figura all’interno della struttura criminale.

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