Morto Ernesto Pellegrini, il "cuoco" di Agnelli che creò l'Inter dei record: portò Rummenigge a Milano

  • Postato il 31 maggio 2025
  • Di Virgilio.it
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“Un grande rimpianto ce l’ho, abbiamo vinto poco. Ci fu negato uno scudetto. L’anno in cui lo vinse la Sampdoria subimmo arbitraggi da incubo. Fiorentina-Inter e Inter-Samp gridano vendetta ancora oggi”. Così rifletteva, in una recente intervista a La Repubblica, Ernesto Pellegrini, scomparso oggi a 84 anni. Pellegrini guidò il club nerazzurro dal 1984 al 1995, prima di cedere le quote del club a Massimo Moratti. Sotto la sua gestione la squadra conquistò il tredicesimo scudetto nella stagione 1988/89, passato alla storia come “lo scudetto dei record” per i 58 punti conquistati in 34 partite (allora la vittoria valeva solo 2 punti). Sempre nel 1989 vinse la Supercoppa Italiana e nel 1991, dopo ventisei anni senza vittorie in Europa, conquistò la Coppa UEFA battendo in finale la Roma. L’ultimo trofeo ottenuto sotto la sua gestione è la Coppa UEFA conquistata nel 1994, vincendo la finale contro il Salisburgo.

La battuta folgorante di Agnelli

Quando Pellegrini rilevò l’Inter da Fraizzoli, l’avvocato Agnelli folgorò tutti con una delle sue proverbiali battute: “Davvero il nostro cuoco ha comprato l’Inter?”. Già perchè l’attività principale della famiglia Pellegrini era ed è a ristorazione collettiva e commerciale, servizi di Welfare aziendale (buoni pasto in primis), distribuzione automatica, pulizia e sanificazione ambientale, vendita di carni fresche e di derrate alimentari.

Classe 1940, Pellegrini cresce in una cascina in via Bonfadini, quartiere Taliedo, nella periferia sud-est di Milano, diploma di ragioneria al Verri e subito a lavorare alla Bianchi per 55 mila lire al mese come contabile. Presto gli viene data la responsabilità del servizio di ristorazione. È l’inizio del suo successo imprenditoriale. Con le 150 mila lire ricevute dal suo capo, a titolo d’incentivo, tenta l’impresa. E ci riesce. Arrivando a un fatturato di 500 milioni di euro e 8.500 dipendenti.

I grandi acquisti di Pellegrini

Il primo regalo per i tifosi fu l’acquisto di Karl Heinz Rummenigge. Con Trapattoni in panchina, la difesa della nazionale (Zenga, Bergomi e Ferri) e dopo una campagna acquisti sontuosa (Matthaus, Brehme, Diaz, Berti e Bianchi) la sua Inter vince lo scudetto dei record nel 1989, raggiungendo 58 punti quando ancora la vittoria in campionato ne valeva solo 2.
Lasciato il calcio si dedica anche alla beneficenza, apre un ristorante solidale che viene incontro a quelle persone che hanno bisogno di un aiuto: un ristorante vero e proprio al prezzo simbolico di 1 euro.

Alla Pinetina servono ancora i suoi piatti: «Certo, da 46 anni. Il primo a chiedermi di curare il ristorante fu Fraizzoli nel 1978. La mia azienda fattura un miliardo, ha 11 mila dipendenti. Ho tanti pensieri, ma il ristorante della Pinetina non me lo dimentico mai. Mi raccomando sempre che chi lavora all’Inter mangi bene. Per gli sportivi è importante. Me lo dissero i giocatori, quando vincemmo lo scudetto».

Inzaghi come Trap per Pellegrini

Sempre alla Repubblica Pellegrini confessò: «Il Trap è unico, ma Inzaghi sta dimostrando di non essere da meno, in quanto a carattere. È un combattente, anche se educato e gentile. E sa motivare i giocatori. La notte sogno ancora i giorni dello scudetto. Al risveglio, impiego qualche istante a realizzare che è successo davvero. Lo stesso succede con la Coppa Uefa di trent’anni fa. Ed è incredibile come certe imprese uniscano gli uomini che le hanno compiute».

I rapporti con i suoi ex giocatori erano frequenti: «Li vedo! All’ultimo piano di casa ho un ristorante dove ricevo gli amici. Klinsmann, Berti, Bergomi, Serena. Un grande calciatore e una persona speciale. Per ringraziarmi del viaggio a Monaco per i funerali di Brehme che organizzai a mie spese, Aldo mi ha regalato un vaso di cristallo, opera dello scultore che ha realizzato il trofeo alzato da Sinner a Miami».

Il ricordo dell’Inter

Questo il ricordo del club nerazzurro, che lo ha visto alla sua guida tra tra il 1984 al 1995. “Ci ha lasciato il Presidente Ernesto Pellegrini. Per undici anni ha guidato l’Inter con saggezza, onore e determinazione, lasciando una impronta indelebile nella storia del nostro Club. FC Internazionale Milano e tutto il popolo nerazzurro si stringono attorno ai suoi familiari. Ci sono colpi di fulmine inevitabili, fatti apposta per far scattare la scintilla di un amore duraturo, eterno, totale. Per Ernesto Pellegrini fu un affollato Inter-Juventus: 4 aprile 1954. Aveva 14 anni e la quantità di spettatori a San Siro quasi gli impedirono di scorgere quello che accadeva in campo. Un peccato, perché sul terreno di gioco i nerazzurri si imposero per 6-0, con una doppietta di quel meraviglioso giocatore che era Nacka Skoglund.

Ernesto Pellegrini, nato a Milano nel 1940, seguiva con gli occhi pieni di gioia le mosse del fuoriclasse svedese anche per le strade di Milano: lo osservava in Piazza dei Mercanti, dove Skoglund andava a farsi lucidare le scarpe. Rapito da tanta classe splendente, il giovane Ernesto maturò una passione e ammirazione infinite: “Ero innamorato dei colori nerazzurri, orgoglioso. E sognavo: un giorno…”. Figlio di contadini, lavoratore intraprendente: nel 1965 si mise in proprio, iniziando un’avventura imprenditoriale che ora dà lavoro a migliaia persone. Una storia di successo e di determinazione, di dedizione. Il richiamo dell’Inter era forte, fortissimo. Nel 1984, quando ne ebbe l’opportunità, Pellegrini realizzò il suo sogno che cullava da quando era bambino, dai tempi di Skoglund: diventare il presidente dell’Inter.

Rilevò la società da Fraizzoli, con una stretta di mano, diventando il diciassettesimo presidente della storia nerazzurra. Undici anni, fino al 1995, prima di passare il testimone a Massimo Moratti. Undici anni con lo Scudetto dei record del 1989, la Supercoppa Italiana, le due Coppe Uefa (1991 e 1994). L’Inter dei tedeschi: prima Rummenigge, poi Matthäus, Brehme, Klinsmann. L’Inter di Trapattoni, con Zenga-Bergomi-Ferri-Berti, insomma con quella formazione che possiamo ancora recitare a memoria, con Serenza-Diaz a chiudere l’11 e la filastrocca, oltre alle azioni di gioco, tramutate sempre in gol. Non solo campo, non solo lavoro. La voglia di restituire, di dare agli altri: la Fondazione Pellegrini, il ristorante Ruben, azioni concrete per dare da mangiare alle persone in difficoltà. Per dare dignità.

Nel 2020 l’Inter lo ha introdotto nella Hall of Fame del Club, consegnandogli il Premio Speciale. Un riconoscimento alla passione, alla dedizione, alla bontà di una persona che ha segnato la storia, non solo dell’Inter”.

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Virgilio.it

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