Morire di caldo: i primi dati sull’impatto dell’ondata di calore di quest’estate
- Postato il 15 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’ondata di calore dell’inizio di questa estate sembra essere in pausa, ma fra breve si ricomincia. Nel frattempo, possiamo già avere qualche dato su cosa è successo. Un recente articolo pubblicato dal Grantham Institute per il Cambiamento Climatico e l’Ambiente ha esaminato l’ondata di calore. Ci troviamo dati per 12 città europee, fra cui Milano e Sassari in Italia, sulle temperature e stime sulla mortalità in eccesso.
Un risultato forse sorprendente che potete leggere nell’articolo è che quasi sempre la probabilità di morire in un giorno molto caldo è molto più alta che in un giorno freddo. Questo contrasta con l’idea comune che si muore di più in inverno che in estate. Ma non c’è contraddizione: dipende da cosa si vuol misurare. Nell’arco di un anno ci sono più giornate molto fredde che molto calde, e questo fa sì che la mortalità invernale sia più alta che in estate. Qui, però, stiamo parlando di un’altra cosa: valutare il rischio di morte per un’ondata di calore estiva.
Come si vede dai dati riportati nell’articolo (figura S6), il rischio è alto soprattutto per le persone anziane. Per il caso di Milano, per persone sopra gli 85 anni, la probabilità di morire per temperature sopra i 30ºC è tre volte superiore a quella per temperature nella media. Non è una cosa inaspettata: dal freddo ci si può difendere anche con maglioni e mutande di lana ma, quando è molto caldo, se non avete un condizionatore d’aria o qualche posto fresco dove rifugiarvi, non potete fare altro che stare seduti a sudare. E gli anziani, spesso, non possono permettersi un condizionatore o di andare in ferie in montagna. Se vi incuriosisce, i dati (da un altro articolo recente) dicono che la probabilità di morire per il caldo è più alta per le donne che per gli uomini.
I dati sui decessi causati dall’ultima ondata di calore non li abbiamo ancora, ma si possono stimare a partire dalle temperature misurate. Ovviamente, è un’approssimazione, ma ci dà un’idea di quello che è successo. Il risultato sono circa 2300 decessi addizionali nei 10 giorni considerati per le 12 città campione. Di questi, circa 1500 sono da attribuirsi all’effetto del riscaldamento globale. Vuol dire un aumento di circa il 20% in più rispetto alla mortalità media per le stesse 12 città. Forse non la volete considerare un’emergenza estrema, ma queste ondate di calore non solo sono spiacevoli, ma ci mettono a un rischio di morte non trascurabile.
Le ondate di calore ci sono sempre state, è vero. Il problema è che stanno diventando sempre più frequenti e intense via via che il riscaldamento globale avanza. E le nuove ondate che si prevede arriveranno quest’estate non promettono niente di buono. Ma, purtroppo, questa è la direzione in cui stiamo andando: sapevamo cosa doveva succedere, e sta succedendo.
Non resta che attrezzarsi con condizionatori d’aria alimentati a energia rinnovabile (come vi raccontavo in un post precedente), piantare alberi nelle città per raffrescare il clima locale, e muoversi il più rapidamente possibile verso la transizione rinnovabile. Azzerare le emissioni di gas serra è l’unica possibilità concreta che abbiamo per fermare il riscaldamento globale. Speriamo che questa cosa la capiscano anche gli idioti che vanno in giro armati di mazze e bastoni a danneggiare i cantieri degli impianti eolici.
Per concludere, qualcuno noterà sicuramente che l’articolo di cui vi ho parlato viene dall’Imperial College di Londra, un istituto di ricerca che si è fatto una cattiva reputazione per i modelli epidemiologici molto discutibili sviluppati durante la pandemia di COVID-19. Questo vi potrebbe portare a liquidare l’articolo come proveniente da una fonte inaffidabile. Ma sarebbe un errore. L’articolo di cui vi ho parlato viene da un gruppo diverso e si basa su dati solidi e su interpretazioni ragionevoli. Nonostante tutto, la scienza continua a produrre risultati validi. Li ignorate a vostro rischio e pericolo.
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