Mondiali nuoto, il pagellone azzurro: Cerasuolo nell'olimpo, a Ceccon manca solo l'oro. Quadarella e Pilato eterne
- Postato il 4 agosto 2025
- Di Virgilio.it
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Cesare Butini, il direttore tecnico del nuoto azzurro, ha detto sì. “Bilancio oltre le più rosee aspettative, perché c’è stata la spinta dei giovani e perché chi doveva trascinare il gruppo, vedi Ceccon e Martinenghi, ha risposto presente. Abbiamo lavorato tanto in funzione di Los Angeles 2028, cominciando a dare spazio a tanti prospetti che in futuro ci daranno grandi soddisfazioni”. Insomma, se per la FIN il bicchiere è quasi pieno (nemmeno mezzo), allora è giusto pensare che l’Italia che è tornata da Singapore si senta legittimata a pensare in grande. E in qualche modo Butini ha avuto ragione delle scelte fatte e della sostanza dei risultati. Anche se non tutti, come logica vuole, hanno brillato di luce propria.
- Cerasuolo è una solida certezza, Ceccon deve "ridurre" lo stress
- Quadarella e Pilato, la vecchia guardia non molla mai...
- Martinenghi risponde, Burdisso rinasce, D'Ambrosio stupisce
- Razzetti, un mondiale da dimenticare. Curtis tra luci e ombre
Cerasuolo è una solida certezza, Ceccon deve “ridurre” lo stress
Le vasche dell’OBCB Aquatic Center hanno comunque visto un’Italia battagliera, capace di entrare in quasi tutte le gare che contavano e di saper sfruttare quei pochi pertugi che i tanti mostri sacri sparsi nelle varie discipline hanno lasciato.
Logico partire da Simone Cerasuolo (voto 10) che s’è scoperto velocista formidabile in una finale dei 50 rana che è già storia, specialità nella quale peraltro mai l’Italia era salita sul gradino più alto del podio. Il suo oro, l’unico arrivato in vasca, ha persino oscurato un po’ le gesta di un Thomas Ceccon (8, ma con riserva) che ha spaziato troppo in qua e in là di gara in gara, cominciando a capire che essere polivalenti è bello, ma che comporta il suo fardello di dazi da pagare.
L’oro mancato nei 100 dorso è più una spina che una gioia, il bronzo nei 50 farfalla quasi inatteso, l’exploit con la staffetta 4×100 meritevole di elogio. Però il veneto una cosa l’ha capita: centellinare gli sforzi e le gare è necessario se vuole ambire al massimo. Altrimenti continuerà a spizzicare in qua e in là, ma accontentandosi di quel che troverà sul buffet al momento del suo arrivo.
Quadarella e Pilato, la vecchia guardia non molla mai…
Tra le donne sono le evergreen a tenere botta. Simona Quadarella (9) è il ritratto della generosità e della resilienza: l’argento nei 1.500 stile libero è l’ennesima perla di una carriera infinita, anche se paradossalmente è il quarto posto con record europeo nella gara degli 800 ad aver reso la sua trasferta unica e soddisfacente al tempo stesso.
La copertina però se l’è presa anche Benedetta Pilato (9), che a Singapore è arrivata col morale sotto i tacchi, zero certezze e mille dubbi. Il terzo bronzo iridato di fila (che si somma ai due argenti precedenti) vale tantissimo anche in proiezione LA28, quando chissà sa Ruta Meilutyte sarà ancora in versione cannibale nei 50 rana (l’orizzonte di Benny è delineato).
Un plauso va rivolto anche ad Anita Bottazzo (7,5), quarta e giù dal podio solo perché Pilato ha deciso di redimersi appena in tempo dopo un anno difficile. Aspettando l’esplosione definitiva di Sara Curtis, le certezze in campo femminile restano tali.
Martinenghi risponde, Burdisso rinasce, D’Ambrosio stupisce
Nella terra di mezzo ci sono tanti azzurri. Da Nicolò Martinenghi (7,5) che una medaglia nei 100 rana l’ha portava a casa d’esperienza e in mezzo a una marea di guai (pesa l’indisposizione delle ore precedente alla finale) a Carlos D’Ambrosio (8) che ha debuttato col piglio dei grandi, prendendosi un argento nella staffetta 4×100 che vale come un’ipoteca su un avvenire luminoso.
Anche Christian Bacico (7) e Federico Burdisso (7) meritano un plauso: il primo è stato più di una rivelazione, il secondo è tornato a cannone dopo due anni di oblio e può recriminare solo per la frazione della staffetta mista a farfalla, dove però ha pagato la fatica della batteria del mattino.
Ludovico Viberti e Chiara Tarantino meritano attenzioni vere (7 a entrambi), Silvia Di Pietro (7,5) rimane un esempio di resilienza pura (32 anni e ancora in finale), mentre Emma Virginia Menicucci e Anna Chiara Mascolo (6,5 entrambe) dimostrano di essere sulla strada giusta.
Razzetti, un mondiale da dimenticare. Curtis tra luci e ombre
Dietro la lavagna sostanzialmente ci finiscono in pochi. Più di tutti, Alberto Razzetti (5): la condizione è quella che è e la sua spedizione s’è rivelata davvero nefasta, troppo per quello che si poteva immaginare. Anche Lisa Angiolini (5,5) e Francesca Fangio (5) hanno sprecato l’opportunità di mostrare al mondo di poter meritare considerazione al tavolo con le big.
Discorso a parte merita Sara Curtis (6-): le aspettative (forse) troppo alte hanno tratto in inganno, ma è entrata nella finale dei 100 stile (prima italiana di sempre) e nei 50 s’è fermata in semifinale, dopo aver nuotato però in batteria il nuovo record italiano. A conti fatti, un “vorrei ma non posso” bello e buono: ha il tempo dalla sua e l’esperienza che maturerà lavorando negli Stati Uniti non potrà che farla crescere ancora. Per ora però qualcosa l’è mancato, roba che a una 18enne però si può e si deve perdonare.