“Mio padre Totò Riina era una persona onesta, ha sempre combattuto il sistema”: la surreale intervista al figlio del boss

  • Postato il 19 settembre 2025
  • Mafie
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’antimafia? “Non ha più senso di esistere, è un carrozzone composto da gente che ha bisogno di stare sotto i riflettori”. Giovanni Falcone? “Quando l’hanno ammazzato, non dava più fastidio alla mafia, ma ad altri dietro le quinte”. Il piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito e sciolto nell’acido per punire suo padre Santino, che stava collaborando con la giustizia? “Non fu Totò Riina a ordinare il suo omicidio”. Sono solo alcune delle affermazioni fatte da Giuseppe Salvatore Riina, terzogenito del capo dei capi di Cosa Nostra, che ha rilasciato una lunga intervista a un podcast su Youtube. Dichiarazioni che hanno ovviamente provocato roventi polemiche. E non è la prima volta per Riina junior, autore in passato di un libro sulla storia della sua famiglia che è diventato un caso.

Nato nel 1977, il figlio del boss è stato arrestato nel 2002 e condannato a otto anni e 10 mesi per associazione mafiosa. Dopo il carcere, ha scontato un periodo di sorveglianza speciale tra il Veneto e l’Abruzzo e nel 2023 è tornato a vivere a Corleone. Molto attivo sui social network, ha provocato clamore con le dichiarazioni rilasciate a un podcast che si chiama Lo Sperone, come una borgata di Palermo. A condurlo due speaker locali: Gioacchino Gargano e Luca Ferrito. “Non siamo giornalisti o magistrati”, ci tengono a specificare i due a un certo punto, consapevoli forse del tenore surreale acquisito dal colloquio con Riina junior. Dopo essere stato accolto da un applauso, il figlio del capo dei capi ha potuto raccontare per quasi un’ora e mezza la sua versione della storia del genitore. “Era un uomo con la U maiuscola. Una persona che ha sempre combattuto il sistema. Serio, onesto, manteneva la parola data e pensava alla sua famiglia. Non l’ho mai visto compiere un atto di violenza o tornare a casa con una pistola in mano e sporco di sangue”, è il ritratto tracciato dello spietato boss mafioso.

“Arrestato perché dava fastidio, non ha ordinato di uccidere il piccolo Di Matteo”

Condannato a 26 ergastoli, mandante di centinaia di omicidi e decine di stragi, eppure Totò Riina – secondo suo figlio – sarebbe stato arrestato soltanto “perché dava fastidio, così come a un certo punto hanno dato fastidio Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, erano malati e non servivano più in quello Stato a quelli che detenevano veramente il denaro della mafia”. Gli speaker servono un assist al bacio: “C’è un reato per il quale tuo padre è stato tirato in ballo dall’opinione pubblica, ma che non ha commesso?”. Certo che sì, anche più di uno. “Non ha mai ordinato l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo“, risponde pronto il giovane Riina. Che poi aggiunge: “Un altro caso è quello del 904, del Rapido di Firenze: mio padre più volte viene infilato in questa storia, assolto”. E le stragi di Capaci e di via d’Amelio? “Quando l’hanno ammazzato, Giovanni Falcone non dava più fastidio alla mafia o a Riina, ma ad altri dietro le quinte”. A chi? “Forse i pentiti hanno raccontato la cosa giusta, ma manca chi veramente chi ha voluto questa cosa. Falcone stava indagando su qualcosa che poteva essere più importante. Falcone stava indagando sul filone dei soldi, quindi da lì in poi..la cosiddetta Mafia e appalti“, sostiene il terzogenito di Riina, improvvisandosi esperto investigatore.

“Noi figli di Riina come i bambini di Gaza”

Sull’antimafia, il rampollo del boss sentenzia: “È un carrozzone composto da gente che ha bisogno di stare sotto i riflettori e a dimostrarlo sono i casi della giudice Silvana Saguto e dell’imprenditore Antonello Montante, antimafiosi di facciata”. Poi arriva a paragonare la sua infanzia, trascorsa al seguito del padre latitante, a quella dei bambini di Gaza. “Noi abbiamo vissuto da bambini sempre in perenne emergenza, come quando nasci in certi territori, di conflitto. Come in Palestina, i bambini nascono con un’impronta… – sostiene – Quando dovevamo scappare da un rifugio all’altro con papà, per me era come una festa perché conoscevo posti nuovi e gente nuova. Sono pure nato nella clinica Noto, la più famosa di Palermo, col nome e cognome di mio padre. E tutti lo sapevano”.

Colosimo: “Lo Stato ha vinto, loro hanno perso”

Le dichiarazioni del rampollo del boss provocano ovviamente roventi polemiche. “Le parole del figlio di Totò Riina, sempre alla perenne ricerca di visibilità, sono feroci e crudeli come la storia della sua famiglia. Nessuna ricostruzione fantasiosa potrà mai trasformare dei boss mafiosi in presunti uomini da ammirare”, scrive su X Chiara Colosimo. Secondo la presidente della Commissione parlamentare Antimafia “siamo al tragico paradosso di trovarci davanti a una pseudo morale mafiosa che cerca di dare lezioni sociali, come se nessuno conoscesse la storia criminale dell’uomo. Una storia che invece di essere annientata definitivamente, trova ancora spazio nel nostro dibattito pubblico. Lo Stato ha vinto, loro hanno perso. Questa è una verità che nessuno mai potrà cancellare”. “È inaccettabile che ancora oggi si tenti di riscrivere la storia delle stragi di mafia. Chiunque provi a negarla offende la memoria delle vittime e la coscienza civile del Paese”, scrive in una nota Enza Rando, senatrice del Pd. “Faccio appello affinché quante più persone possano segnalare il video affinché Meta lo rimuova”, chiede invece Nuccio Di Paola, leader del Movimento 5 stelle in Sicilia. Interviene anche l’Ordine dei Giornalisti, con una nota in cui esprime “sconcerto” e annuncia l’intenzione di verificare se è stato commesso il “reato di esercizio abusivo della professione”. “La chiacchierata – sottolinea l’Odg in una nota – che non possiamo considerare intervista sia perché i conduttori del podcast non sono giornalisti sia perché il figlio di Riina ha potuto incensare il padre senza che nessuno dei presenti ricordasse le condanne del padre passate in giudicato e i reati a esse connessi, viene considerata un’offesa alle vittime di Riina, a quelle di mafia più in generale e a tutta la categoria dei giornalisti”.

La Vardera: “Eliminare quello scempio”

Il deputato ed ex Iena Ismaele La Vardera, invece, organizzerà un evento a Corleone “per raccontare la vera storia di Riina”, al quale invita anche lo speaker che ha intervistato il figlio del boss: “Ha la sua occasione per eliminare quello scempio dalla rete e di chiedere scusa a tutti i siciliani”. Il diretto interessato è in effetti intervenuto per chiedere scusa: “Far raccontare la sua versione dei fatti al figlio del capo dei capi, lo riconosco, è stata un’azione insidiosa. Noi ci discostiamo da qualsiasi sistema mafioso e da qualsiasi pensiero mafioso”, ammette Gargano. Ma non intende cancellare l’intervista: “Proporre di cancellare la puntata dal web, o addirittura tutto il podcast, come hanno chiesto certuni politici, che tra l’altro in passato si sono fatti intervistare da me, mi renderebbe solo vittima di un sistema di finti propagandisti della libertà che della stessa libertà ne fanno una farsa per cercare click nei profili social e voti tra la gente più sensibile”.

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Il Fatto Quotidiano

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