Mio padre Dario, San Francesco e il Dio che ama i giullari

  • Postato il 25 settembre 2024
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Quando nel 1977 la Rai, dopo 16 anni di ostracismo, mandò in onda Mistero Buffo, Dario fu additato come il più terribile dei mangia preti. Nel 1999 poté però recitare Francesco, Lu Santo jullare addirittura nel Cenacolo di Santa Croce, gestito dai frati francescani, a Firenze. E quest’accoglienza è oggi riconfermata nel venticinquennale di quella serata: il 26 settembre, nella stessa meravigliosa sala, Mario Pirovano, per più di 30 anni allievo di Dario, reciterà la storia del Santo che si definiva giullare di Dio.

In questo lasso di tempo parecchi religiosi hanno rivalutato i racconti “religiosi” di mio padre. Alcuni sono arrivati a riconoscere che non c’era nulla contro la fede cristiana ma soltanto la critica verso alcuni esponenti del potere ecclesiastico. E certamente ha aiutato questa svolta la coraggiosa ammissione delle colpe della chiesa nei secoli da parte di Papa Wojtyla.

La storia di San Francesco narrata sul palcoscenico ha comunque scandalizzato molti perché ben diversa dal racconto ufficiale. Dario arrivò a scrivere lo spettacolo dopo aver studiato a fondo tutti gli episodi che vennero eliminati quando le autorità religiose decisero di redigere la storia del Santo.

I racconti popolari censurati ci restituiscono un Santo fuori dalle regole: quando il Papa, per schernirlo, gli ordina di andare a raccontare le proprie idee sulla povertà dei religiosi ai maiali, lui ubbidisce e gioioso, sotto gli occhi sconcertati dei passanti, entra nel recinto dei maiali e parlando loro dell’amore e della bellezza del mondo li abbraccia… E poi torna dal Papa, per ringraziarlo dell’ordine meraviglioso che gli ha impartito e così com’è, sporco di letame e fango, lo abbraccia lordandolo tutto

Mi ricordo la commozione di mio padre mentre leggeva il primo articolo scritto da un religioso che ammetteva che nel suo testo c’era più celebrazione della fede cristiana di quanta se ne può trovare nei testi canonici.

Detto questo devo però aggiungere che mio padre, sempre definito un ateo estremista, aveva un ben strano modo di essere laico. Certamente non credeva in un Dio che incita alla guerra ed edifica inferno, purgatorio, limbo e paradiso… Ma questo non vuol dire non avere fede. Quando succedeva che qualche lestofante si trovasse a pagare il conto delle sue malefatte, non per mano della legge ma per l’accanimento della sfortuna, Franca diceva: “Vedi! Dio c’è ed è comunista!”. E mio padre si guardava bene da rispondere: “Cara Franca, Dio non esiste…”.

Peraltro lo stesso Marx, negli scritti filosofici, affermò che i cristiani sono materialisti: si comportano bene perché temono le pene dell’inferno. Al contrario i comunisti sono spirituali perché si impegnano a migliorare il mondo non per premio o un castigo, ma perché hanno fede nell’esistenza di un principio positivo, insito nella natura del mondo, che porterà ad edificare una società giusta, dove tutti potranno godere del pane e delle rose. E questo senza poter essere certi che questo futuro meraviglioso si avvererà ma perché hanno vera, disinteressata, fede nella positività dell’universo.

E io aggiungo che in questi 170 anni i comunisti hanno dato ampia prova della forza della loro fede patendo con dignità ogni sorta di sofferenza e pagando spesso anche con la vita la loro testimonianza. E non è fede questa? Certo non abbiamo un Dio con la barba seduto su un nuvola. Il nostro Dio è la legge della natura. Una legge che forse non esclude una forma di vita dopo la morte.

Quando Franca morì, Dario continuò a parlare con lei, a chiederle aiuto nei momenti difficili, ed era convinto che lei rispondesse. Non a parole ma con piccoli fatti. Un giorno di febbraio mio padre era molto abbattuto. Poi mi chiamò e mi disse: “Guarda Jacopo, il gelsomino della mamma ha fatto un fiore. È lei che non vuole che io sia triste“.

Siamo comunisti ma non è vero che si muore veramente. Si fa per dire.

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Il Fatto Quotidiano

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