Milano, 70% degli italiani contro il modello Sala: inchieste e il caso del Museo diocesano
- Postato il 11 agosto 2025
- Di Panorama
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Agli italiani non piace la Milano di Beppe Sala. E neppure al Pd. Lo dice un sondaggio di Alessandra Ghisleri pubblicato da La Stampa, secondo cui quasi il 70% degli italiani boccia il cosiddetto «modello Milano» e persino sei elettori dem su dieci ritengono che il progetto urbanistico di Sala non funzioni, accusandolo di favorire interessi privati, speculazioni edilizie e di aumentare le disuguaglianze. Solo il 30% lo considera un modello «con luci e ombre», mentre il 67% accusa la città di aver trascurato i cittadini. Tra le priorità indicate: più trasparenza (36,7%), edilizia popolare (22%), blocco dei prezzi (10,8%) e incentivi green (9,4%). Un malcontento che trova riscontro nelle vicende concrete della città, oltre che nelle inchieste delle magistratura, anche in un caso recente come quello del nuovo Museo diocesano.
Dopo mesi di sospensioni, rilievi e proteste, infatti, l’8 agosto l’Opera diocesana per la preservazione e la diffusione della fede ha annullato in autotutela la gara da 728.000 euro per la progettazione esecutiva e la direzione lavori del nuovo Museo diocesano di Milano. Un annullamento motivato ufficialmente dalla necessità di «salvaguardare il finanziamento» e prevenire contenziosi con il ministero della Cultura e l’Anac, che aveva segnalato «profili suscettibili di valutazione di illegittimità». Ma dietro le carte e le formule giuridiche, c’è un intreccio di rapporti personali, omissioni procedurali e conflitti di interesse che riconduce a un nucleo ristretto di architetti e politici: quello che in città molti definiscono «il giro di Boeri».
Un sistema che è in parte emerso anche nelle carte dell’inchiesta sull’urbanistica di Milano, con un’indagine a carico del sindaco Beppe Sala. Il protagonista ricorrente è Tommaso Sacchi, oggi assessore alla Cultura della giunta Sala, in passato portavoce di Stefano Boeri sia quando l’architetto era assessore a Palazzo Marino, sia nello studio professionale. È Sacchi a firmare, nel maggio 2022, il protocollo d’intesa con l’Arcidiocesi e altri enti per rilanciare il progetto del Museo diocesano, bene comunale concesso in uso alla curia. Quel protocollo prevedeva l’istituzione di una cabina di regia «a trazione pubblica», con la maggioranza dei membri nominati da Comune e altri enti pubblici, incaricata di indirizzare le attività, dunque verosimilmente anche la scelta delle modalità di incarico professionale. Quella cabina di regia, però, non è mai stata attivata. In sostanza, l’intero iter progettuale – preliminare, definitivo ed esecutivo – avrebbe dovuto essere oggetto di un’unica procedura poiché i fondi erano già stati allocati da decreto dell’ex ministro Dario Franceschini.
Senza quell’organo di controllo, la curia ha proceduto in autonomia, affidando direttamente e senza gara pubblica allo studio di Cino Zucchi – architetto vicino all’ambiente di Boeri e già suo compagno di giuria alla Beic – l’elaborazione del progetto preliminare e definitivo. Un incarico che, secondo il Codice degli appalti, non avrebbe potuto essere «spezzettato»: l’intero iter progettuale – preliminare, definitivo ed esecutivo – avrebbe dovuto essere oggetto di un’unica procedura.
Invece, completate le prime due fasi da parte di Zucchi, è stata messa a gara solo la progettazione esecutiva, (con indebita facoltà di approvazione da parte dello stesso Zucchi), quella finita sotto la lente dell’Anac e poi annullata.
Non è l’unica irregolarità segnalata. Il progetto di Zucchi prevedeva di estendere il Museo a entrambi i chiostri del complesso di Sant’Eustorgio, mentre la convenzione firmata nel 1997 tra Comune e arcidiocesi stabiliva una ripartizione chiara: chiostro Nord al Museo diocesano, chiostro Sud a funzioni parrocchiali. Se davvero fosse stata necessaria una diversa destinazione d’uso, sarebbe stato indispensabile modificare formalmente la convenzione, riportando la questione in Consiglio comunale. Nulla di tutto questo è stato fatto, creando un contrasto giuridico sostanziale con l’atto vigente.
La vicenda del Diocesano si intreccia con quella della Beic. Anche lì, Sacchi è regista silenzioso: nel concorso per la nuova biblioteca, è in capo al suo assessorato la gara con la nomina in giuria sia di Boeri sia di Zucchi. Il risultato è ormai noto: accuse di turbativa d’asta e abuso d’ufficio, con entrambi gli architetti indagati dalla Procura e interdetti per un anno dai concorsi pubblici. Nel caso di Boeri, i guai giudiziari non finiscono qui: è indagato anche nell’inchiesta sul Pirellino e dovrà affrontare un processo per il progetto Bosconavigli.
Il tutto avviene in una città, Milano, già scossa dall’inchiesta sull’urbanistica che nelle scorse settimane ha portato all’arresto di sei persone, tra funzionari comunali e imprenditori, con accuse che spaziano dalla corruzione al traffico di influenze. Pur non coinvolgendo Zucchi, quell’indagine ha mostrato quanto l’urbanistica milanese sia permeabile a relazioni privilegiate e scorciatoie procedurali. In questo contesto, le opacità del caso Diocesano assumono un significato ancora più rilevante. Del resto non è la prima volta che Zucchi ottiene incarichi senza concorso su progetti di interesse pubblico a Milano. Già nel 2016-2017 aveva elaborato per conto di Fs Sistemi urbani studi preliminari sugli scali ferroviari, coinvolgendo Onsite Studio e Baukuh. Gli stessi professionisti li ritroviamo poi, curiosamente, tra i vincitori di concorsi nei quali Zucchi ha avuto un ruolo in giuria, come accaduto per la Beic.
La storia del nuovo Museo diocesano parte da lontano. Nel 2007 un concorso internazionale vide la vittoria del catalano Josep Llinás Carmona, con tre studi italiani associati. Il progetto fu abbandonato per mancanza di fondi. Per di più quando l’iniziativa è ripartita, quasi vent’anni dopo, il Comune non ha più ripescato il vincitore del concorso, ma ha lasciato alla curia la scelta di affidare la progettazione a Zucchi, quarto classificato in quella competizione. Una decisione che aveva innescato la protesta di 109 architetti – tra cui Gianni Biondillo, Giorgio Goggi, Lorenzo Degli Esposti, Ugo La Pietra, Luca Beltrami Gadola, Franco Purini e Marco Vitale – che hanno denunciato una «procedura discriminatoria» e l’uso di elaborati già pronti, in violazione dei principi di concorrenza e imparzialità.
L’annullamento chiude la gara ma non cancella le domande. Perché non è stata attivata la cabina di regia prevista dal protocollo 2022? Perché un bene comunale è stato oggetto di un progetto che le stravolge senza passare dal Consiglio comunale? Perché, ancora una volta, le figure centrali in un incarico contestato appartengono tutte allo stesso giro di amicizie e interessi? Forse gli italiani lo hanno già capito.