Milan, le bordate di Theo: Sono stato tradito, la verità sul cooling break, non torno finchè c'è certa gente
- Postato il 20 dicembre 2025
- Di Virgilio.it
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Le verità nascoste. Talvolta emergono, in altri casi rimangono celate dietro a silenzi che ispirano voci. Theo Hernandez ha scelto di parlare ora, da Riad, lontano da Milanello ma non dal Milan. Le sue parole sono un fiume che travolge accuse, ricostruzioni e polemiche degli ultimi mesi. E raccontano una ferita mai rimarginata, sportiva e umana, che va oltre il semplice addio.
Le bugie sull’addio
Theo respinge con forza tutte le versioni circolate sul suo conto negli ultimi mesi. Nega di aver chiesto cifre esorbitanti per il rinnovo e di aver spinto per la cessione. La sua priorità, ribadisce, è sempre stata restare al Milan, l’unica squadra italiana per cui avrebbe giocato. La rottura nasce altrove, in una gestione che lo ha fatto sentire messo da parte e non più centrale in una squadra che tanto ha amato e nella quale avrebbe certamente voluto proseguire la propria carriera.
“La mia priorità era restare. Il Como? Il mio agente non me ne ha mai parlato. Dicevano che avessi chiesto cifre esorbitanti per il rinnovo, che spingessi per la cessione… tutto falso. Quando sono arrivato c’erano Massara, Boban e Maldini, il mio idolo. Ibra è un top, ma dopo Paolo è cambiato tutto in peggio. Avrei meritato un trattamento migliore. Non me l’aspettavo. Alcuni compagni mi spingevano a restare, ma quando un dirigente ti chiama e ti dice ‘se resti qui ti mettiamo fuori rosa’ io che cosa posso fare? Cerco altro”.
Poi aggiunge: “Le aggressioni? V’è chi vuole rovinarti la vita e la carriera. Sono stato male nel leggere certe cose, ma la mia famiglia sa che non è vero”.
Theo torna anche sul famoso cooling break di Fonseca: “È stato ingigantito. Io e Leao eravamo entrati da poco e siamo rimasti lì. Dicevano che non avessimo un bel rapporto con gli allenatori, ma non era vero. Io andavo d’accordo anche con Conceiçao. Lui era autoritario, ma la gente parlava a vanvera. Se mi chiedessero di tornare? Ora voglio vincere qui. Ma finché c’è certa gente non torno”.
Il peso delle accuse
Le critiche dei tifosi e le voci su presunti comportamenti fuori dal campo lo hanno segnato profondamente. Theo ammette errori sportivi, come alcune espulsioni, ma respinge ogni accusa personale. Il terzino francese parla di tentativi di rovinargli la carriera e la vita, difendendo con fermezza la sua famiglia. Un periodo vissuto senza serenità mentale, che ha inevitabilmente inciso anche sul rendimento in campo. Insomma, una exit strategy che non ha funzionato come avrebbe dovuto.
Il Milan che non c’è più
Il legame con il Milan resta forte, ma Theo distingue tra il club e chi lo guida oggi. Ricorda con nostalgia l’era Maldini, Boban e Massara, anni di famiglia e identità condivisa. Racconta l’ultimatum ricevuto: restare significava finire fuori rosa, una scelta impossibile da accettare. Ora guarda avanti con l’Al Hilal, ma il cuore resta rossonero, in attesa che torni il vero milanismo. Ma fino ad allora, le strade restano separate da rancore e da troppi contrasti per essere archiviati.