Miguel Ángel Zotto, l’intervista al numero uno del tango argentino

  • Postato il 15 luglio 2025
  • Di Panorama
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Tutto inizia da uno sguardo. Questa intervista, l’incipit del suo libro (Te siento), soprattutto la sua infinita passione per il tango.

Non aveva ancora diciott’anni, quando in una milonga di Buenos Aires, Miguel Ángel Zotto vede una splendida donna ballare il tango. Non può fare a meno di invitarla a danzare (senza nemmeno conoscere i codici della milonga). Lei accetta. Non rivedrà mai più quella donna, non conoscerà mai nemmeno il suo nome, ma quella notte del 1976, esplode la vera scintilla, che ha trasformato il Señor Zotto, nel più bravo ballerino vivente di tango.

Miguel, sei una leggenda del tango argentino, ti va di raccontarci come nasce questo ballo?

“Se vogliamo andare davvero indietro nel tempo, possiamo dire che la storia del tango parte da molto lontano, grazie a Domingo Faustino Sarmiento, il presidente dell’Argentina che dopo aver ammirato le bellezze artistiche dell’Europa, decise di aprire il paese all’immigrazione. Ancora il tango non esisteva, ma senza saperlo, con lo sviluppo dell’area urbana, e soprattutto periferica, si stavano creando nel tessuto sociale le sue basi. Il tango ha iniziato a svilupparsi nei postriboli, dove si recavano gli immigrati (con le famiglie non ancora arrivate Argentina). E nella sala, dove le persone aspettavano, diciamo, “il proprio turno”, le si intratteneva con musica e una danza in cui le donne, “facevano le coccole con le gambe” intorno all’uomo. Questa è l’origine del tango, che nasce come danza proibita.”

E fino a quando viene considerata tale?

Solo dopo che il primo tango viene suonato a Parigi e fatto danzare nell’alta società parigina (che voleva cimentarsi nei balli proibiti tanto di moda a Buenos Aires), viene convertito in ballo da sala. E una volta avuta “la benedizione” dell’aristocrazia parigina, viene sdoganato quel proibito che la società argentina aveva tanto paventato.

All’inizio, in società, non si poteva ballare il tango palmo a palmo, come tutti noi oggi lo conosciamo…

“Assolutamente no! Il palmo della mano è una delle zone più erogene e sensibili del nostro corpo, quindi era vietato danzare toccandosi i palmi (l’uomo prendeva la mano della donne dalle dita). Più avanti, sempre per il veto di non venire a contatto con una parte così intima, si metteva un piccolo fagiolo tra i palmi. Tutto questo fino al 1940, quando il tango diventa una tradizione, ballata anche da tutto il popolo. Ci tengo a precisare che, anche se è nato in maniera spontanea, il tango ha una sua struttura molto forte, da cui poi si improvvisa, tanda dopo tanda. Ma non è una danza improvvisata. C’è sempre sotto una struttura”.

Tu sei nato come ballerino di rock’n’roll, vincendo anche diverse gare fin da quando eri bambino, fino all’incontro con una sconosciuta che ti ha cambiato in un certo senso la vita.

“Era l’inizio degli anni Sessanta, c’era Elvis e c’era il rock’n’roll. Io ho cominciato presto a lavorare, a dieci anni operavo in una piccola azienda che produceva tessuti per le auto. I ragazzi con cui lavoravo, più grandi di me, mi portavano a ballare con loro, perché, ballando molto bene ed essendo un fanciullo, con me era più semplice conoscere le ragazze! Ma a casa ascoltavo anche tantissimo tango, quando nessuno della mia età, ormai, lo faceva più. Con quella famosa sconosciuta, ho avuto la scintilla. Mio nonno, mio padre e i suoi fratelli ballavano il tango. In quel momento, oltre alla splendida donna, si è risvegliato in me qualcosa che avevo sempre avuto dentro.”

Nel tuo libro, “Te siento”, scrivi che Il tango ha molto da insegnare sui rapporti di coppia.

“Il poeta Celedonio Flores scriveva che “il tango è maschio”. Io credo invece che sia coppia, cinquanta e cinquanta. Ci si mette in gioco, ci si lascia attraversare dalle emozioni, si comunica, ci si corteggia e conquista, riscoprendosi continuamente. Insegna un modo di essere e ha un codice d’onore fatto di eleganza e rispetto. È un qualcosa che ha molto a che fare con una relazione amorosa, e che purtroppo in una società frenetica come la nostra, si perde, non godendosi più il piacere di uno sguardo o di un abbraccio.”

Adesso sei in giro con il tour estivo di Tango. Historia de Astor, di cui abbiamo parlato a maggio, dove festeggi i tuoi quarant’anni di carriera ballando sulle note del maestro Astor Piazzolla, quali saranno le prossime date?

“Ci esibiremo venerdì 25 luglio presso il sito archeologico di Tharros vicino a Oristano e domenica 3 agosto al Teatro Romano di Verona”.

In quarant’anni di carriera, non hai mai saltato uno spettacolo, hai ballato in qualunque condizione fisica e con qualsiasi infortunio, pur di salire sul palcoscenico, ci racconti un aneddoto?

“Tanti anni fa Robert Duvall e Sean Penn mi avevano chiesto di organizzare una serata di tango per promuovere un loro film – ci sarebbe stata anche Madonna, ai tempi moglie di Sean Penn. C’era anche un’attrice bellissima, Maria Concita Alonso, che mi invitò a ballare una salsa. Durante il ballo, mi salì con il suo tacco sull’unghia. L’unghia era distrutta. Due giorni dopo avrei dovuto esibirmi in un teatro con più di 3.000 persone e non c’era un mio sostituto. l’unico modo era farmi togliere l’unghia e farmela bendare fortissimo, aspettando con pazienza che poi ricrescesse. E così ho fatto. Ci ha messo sei mesi per ricrescere: un dolore fortissimo! Ma sono riuscito a salire sul palco!

Miguel, tu hai origini italiane e un fortissimo legame con l’Italia, in casa tua si mangiava abitualmente pasta, tuo nonno parlava lucano, e qui in Italia hai aperto tre scuole di tango: Venezia, Verona, e la più importante a Milano, dove il venerdì sera organizzi “la serata in milonga”. Qualche consiglio per chi volesse approcciarsi a questa danza?

“Tutti possono ballare il tango, chi lo ha già assaggiato, conosce il potere dell’abbraccio tanguero, chi non l’ha mai provato, ne rimarrà conquistato. Un’unica regola: disponibilità nel lasciarsi andare, perché Il tango è libertà di espressione e di movimento e un ottimo modo per scoprire la propria personalità. Ricordandosi sempre che il posto sacro del tango non è il palcoscenico, ma la milonga.”

Autore
Panorama

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