Migranti, l’Ue vota sui Paesi terzi sicuri. Ma la “fortezza” immaginata da von der Leyen finirà nei tribunali, ecco perché

  • Postato il 3 dicembre 2025
  • Mondo
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

Altro che sanare il Protocollo Italia-Albania: la proposta della Commissione Ue – sostenuta da popolari ed estrema destra – ha ben altri piani. Cambiando la definizione di “Paese terzo sicuro”, punta a rendere inammissibili le domande d’asilo e a trasferire i richiedenti, mettendo a rischio i diritti fondamentali e la stessa convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Una deriva “palesemente illegittima”, secondo l’esperto di migrazioni internazionali Gianfranco Schiavone, che mira a liberare l’Unione dai suoi obblighi giuridici violando le norme sul funzionamento dell’Ue, e destinata quindi a un inevitabile scontro nelle aule di tribunale e fino alla Corte di giustizia.

L’esperimento italiano in Albania ha già mostrato i suoi limiti ai partner europei. Con la giurisdizione italiana resta in vigore il diritto Ue, ma il patto con Tirana non consente di garantire le tutele che, almeno sulla carta, si possono rivendicare in Italia. Nemmeno l’atteso Patto europeo sull’asilo, operativo da giugno, supera l’ostacolo. Per questo la proposta della Commissione guidata da Ursula von der Leyen vuole affidare i richiedenti direttamente a Paesi terzi. Basterà che, nel viaggio verso l’Europa, siano passati da un Paese considerato sicuro per dichiarare inammissibili le loro domande di asilo e trasferirli altrove, anche senza un reale legame con quello Stato. E se il transito non è dimostrabile, basterà un accordo – anche informale – con un Paese terzo. Al voto mercoledì 3 dicembre in Commissione Libertà civili, Giustizia e Affari interni (LIBE), la proposta ha i voti del Partito popolare europeo, dei conservatori di ECR, ma anche dei Patrioti e dei sovranisti dell’ESN. Difficile che le cose cambino in plenaria a Strasburgo.

Lo scontro, prevedibilmente, si sposterà nei tribunali. Ma su quali basi? La convenzione del 1951 prevede la possibilità di collaborazione tra Stati quando si tratta di alleggerire un Paese da un onere che non può ragionevolmente sostenere in modo adeguato. Ma se lo scopo è liberarsi degli obblighi di protezione, si tratta di esternalizzazione ed è illecito. Col 73% dei rifugiati in Paesi a medio o basso reddito, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty, ricorda che gli Stati europei sono spesso tra i Paesi col più alto Pil pro capite, hanno sistemi di asilo più solidi e un numero relativamente basso di rifugiati e richiedenti: “Difficile capire come il trasferimento dagli Stati europei in altri Paesi – soprattutto se questi non hanno le capacità di accoglienza e i mezzi di protezione necessari – non equivalga a un trasferimento di responsabilità”.

Certo, i Paesi terzi riceveranno ingenti finanziamenti. Ma pagare non basta, come ha dimostrato la Corte Suprema britannica bocciando il memorandum tra Regno Unito e Ruanda. “Anche con investimenti pesanti nel sistema di asilo del Paese terzo, si tratterebbe di un’impresa complessa che richiederebbe molto tempo per produrre risultati sufficienti”, avverte il Commissario O’Flaherty. Anche l’Unhcr, l’Agenzia Onu custode della convenzione di Ginevra, ammette che, in condizioni specifiche, un trasferimento può essere legale, ma ribadisce che servono garanzie concrete e standard elevati. Senza tali garanzie – ha sempre precisato – “l’Unhcr rimane fermamente contrario agli accordi che mirano a trasferire rifugiati e richiedenti asilo”. Peggio ancora se si tratta di accordi informali: “Gli accordi di trasferimento dovrebbero essere accessibili al pubblico e incorporati nell’ordinamento giuridico degli Stati partecipanti”, ha scritto l’Unhcr ad agosto nella guida ‘Accordi internazionali per il trasferimento di rifugiati e richiedenti asilo’.

Quanto a garanzie, il nuovo regolamento Ue sembra adottare una nozione piuttosto debole di “protezione effettiva“, considerandola valida anche in Stati che non hanno ratificato la convenzione o che non garantiscono uno status giuridico di protezione e l’accesso ai diritti, “ma solo la possibilità di essere temporaneamente tollerati”, spiega Schiavone. “Senza la garanzia di uno status giuridico le persone rischiano di finire in un limbo senza limiti di tempo”. Pericolo tanto più concreto se gli accordi non sono giuridicamente vincolanti e le persone vengono trasferite in Paesi coi quali non hanno alcun legame. Nel commentare la proposta della Commissione, l’Unhcr ha chiesto accordi vincolanti, procedure rigorose, tutele legali come la sospensione automatica del trasferimento in caso di ricorso giuridico e protezioni specifiche per i soggetti vulnerabili, tutte condizioni oggi assenti. Ma le destre non hanno sentito ragioni e il testo è rimasto praticamente invariato.

Inascoltata in Parlamento, che ruolo potrà avere l’Agenzia quando si tratterà di controllare? Se Donald Trump le ha tagliato i fondi, l’Ue finanzia l’Unhcr solo per progetti coerenti con le proprie politiche migratorie, per lo più in Nord Africa. E mentre la capacità dell’Agenzia di vigilare si riduce, i governi la usano spesso come una foglia di fico. Così non resta che il controllo giurisdizionale. Senza modifiche, avverte Schiavone, “le nuove norme non potranno non essere impugnate davanti ai tribunali nazionali”. I possibili rilievi vanno dalla violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che garantisce, tra gli altri, il diritto d’asilo “nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra”, al contrasto col Trattato sul funzionamento dell’Unione, che impone piena conformità alla convenzione. Toccherà ai giudici, ancora una volta, decidere se fermare i trasferimenti e rinviare tutto alla Corte di giustizia europea.

L'articolo Migranti, l’Ue vota sui Paesi terzi sicuri. Ma la “fortezza” immaginata da von der Leyen finirà nei tribunali, ecco perché proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti