Migranti, il doppio gioco di Meloni a Bruxelles. E sul rimpatrio da Tirana le opposizioni incalzano von der Leyen

  • Postato il 26 giugno 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Tutti uniti, Italia in testa. A margine del Consiglio europeo, la premier Giorgia Meloni insieme a quello danese, Mette Frederiksen, e olandese, Dick Schoof, ha ospitato l’ennesimo incontro informale sui migranti con alcuni degli Stati Ue più interessati alle cosiddette “soluzioni alternative”, che in casa nostra vuol dire Albania e poco importa se ormai l’intero Protocollo tra Roma e Tirana sia sub judice alla Corte di giustizia europea. Insieme a Italia, Danimarca, Paesi Bassi e Commissione europea, ha preso parte all’incontro per la prima volta anche la Germania, che proprio ieri ha annunciato lo stop ai finanziamenti per le ong che salvano vite nel mediterraneo. E poi Austria, Belgio, Cipro, Grecia, Lettonia, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia e Ungheria. Ursula von der Leyen ha fatto il solito punto sullo stato di avanzamento dei negoziati sulle recenti proposte legislative, a partire dal nuovo “Regolamento Rimpatri”, confermando anche la convocazione di un nuovo vertice della “Coalizione globale contro il traffico di migranti” per il prossimo 10 dicembre a Bruxelles. A parte il premier ungherese Viktor Orban, che sulle strategie Ue ha detto “non funzioneranno mai: ribellione, ribellione, ribellione”, gli altri hanno ringraziato la presidente della Commissione “per il lavoro operativo e concreto”.

“L’Italia non è soltanto protagonista del dibattito europeo, ma guida con determinazione la costruzione di una strategia comune sull’immigrazione irregolare”, ha dichiarato il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti. E invece qualcosa scricchiola. Ieri, 25 giugno, in commissione politiche europee del Senato la maggioranza di governo ha fatto dietrofront proprio sulla proposta della Commissione Ue per il nuovo Regolamento Rimpatri, dopo aver dato l’ok in commissione alla Camera. In altre parole, a Meloni e soci la ricetta di von der Leyen non basta più. Il rimpatrio forzato dall’Albania all’Egitto di alcuni rinchiusi a Gjader, lo scorso 9 maggio, mostra che l’Italia pretende di poter fare da subito ciò che la Commissione ha solo inserito in una proposta di Regolamento che è appena all’inizio del suo iter legislativo. “Da un lato, la maggioranza ci dice che con il Governo Meloni finalmente l’Unione europea ha cambiato il proprio orientamento sull’immigrazione. Dall’altro, la stessa maggioranza (con la risoluzione approvata ieri in Commissione politiche europee) si sfila dall’Europa perché vuole infarcire la normativa con leggi interne di trasposizione più restrittive, volte sostanzialmente ad accelerare le procedure di rimpatrio o inasprire le regole con nuovi sanzioni penali”, commenta il senatore di Azione, Marco Lombardo. “Così, mentre l’Europa cerca di adottare norme uniformi sul rimpatrio, il rischio è quello di ricreare disomogeneità normative tra gli Stati membri e disparità di trattamento tra le persone, scaricando sui giudici nazionali la responsabilità di interpretare le normative nazionali in senso conforme rispetto alle regole europee e ai principi di tutela delle libertà fondamentali”. Il Movimento 5 stelle, tra gli altri, definisce la proposta di von der Leyen un “aborto giuridico”, perché “introduce anche la cosiddetta “innovativa” soluzione di “deportarli” in Paesi terzi fuori dai confini Ue in barba al rispetto dei diritti umani”, hanno dichiarato i componenti M5S della commissione politiche Ue del Senato, Pietro Lorefice e Gisella Naturale. “Dopo averlo rivendicato come un suo grande successo e averlo votato alla Camera, ora in Senato il governo cambia idea perché nel frattempo si è accorto che il nuovo regolamento garantisce ai migranti il diritto a fare ricorso ai giudici, mentre Meloni vuole il rimpatrio per direttissima”.

Tutto coerente con quel che si è visto finora per la soluzione Albania. Talmente innovativa che è già stata rinviata alla Corte di giustizia europea, due volte. La prima per la questione dei Paesi d’origine sicuri, la seconda, con ordinanza della Cassazione dello scorso 29 maggio, per la possibile incompatibilità di trasferimenti e trattenimenti degli irregolari in attesa di espulsione, spediti a Gjader dopo apposito decreto per evitare che i centri rimanessero deserti. “Una ordinanza che di fatto smonta la base giuridica su cui si fonda il protocollo che istituisce i centri albanesi, affermando che le persone che devono essere espulse non possono essere condotte e poi trattenute in un paese terzo, in quanto questo rappresenta una violazione della direttiva rimpatri e una illegittima compressione dei loro diritti fondamentali”, ha commentato il segretario di +Europa, Riccardo Magi. Proprio l’articolo 3 della nuova Direttiva consente i rimpatri solo verso il Paese d’origine o verso Paesi terzi dove la persona accetti volontariamente di essere trasferita. Secondo la Suprema Corte, l’accordo con Tirana non rientra in nessuna di queste ipotesi, né lo Stato membro è titolare “di un potere illimitato di trasferimento” dei migranti da espellere. Questioni che, nell’attesa della Corte di giustizia Ue, gli europarlamentari progressisti hanno posto alla Commissione di von der Leyen, chiedendo un parere legale sul rimpatrio operato dall’Italia il 9 maggio da Tirana al Cairo. “Considerato che la Commissione – si legge nell’interrogazione scritta e firmata anche dai parlamentari Ue di Pd, M5s e Avs – ha già dichiarato che la gestione extraterritoriale dei rimpatri non trova fondamento nel diritto Ue”. Vista l’aria che tira, von der Leyen non sarà certo felice di dover rispondere. “La Commissione batta un colpo e non faccia orecchie da mercante di fronte agli abusi del governo italiano”, hanno chiesto gli eurodeputati del Pd Cecilia Strada e Alessandro Zan.

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Il Fatto Quotidiano

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