Migranti, giudice di Lecce manda alla Consulta il decreto “anti toghe rosse”: “Togliere le convalide ai Tribunali viola la Costituzione”
- Postato il 2 maggio 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Quei giudici devono andarsene”, aveva twittato Elon Musk dopo la bocciatura dei trattenimenti dei migranti in Albania. Tanto che la stampa aveva ribattezzato “emendamento Musk” la modifica al decreto Flussi di ottobre (145/2024) con cui il governo ha tolto la competenza per la convalida e la proroga del trattenimento dei richiedenti asilo alle sezioni specializzate in materia di immigrazione e protezione internazionale dei Tribunali, affidandola alle Corti d’appello. Un modo per levarsi di torno le “toghe rosse” della sezione specializzata di Roma che avevano di fatto demolito il Protocollo Italia-Albania. E di scegliersi i giudici, confidando che le Corti d’appello sarebbero state più sensibili agli obiettivi del governo. Ma proprio un giudice di Corte d’appello, quella di Lecce, ha deciso di rinviare alla Corte Costituzionale una serie di articoli del decreto, comprese le modifiche apportate con la conversione nella legge 187/2024.
La questione è nata dalla richiesta della Questura di Brindisi di prorogare il trattenimento di un cittadino straniero nel cpr di Restinico (Brindisi) che aveva fatto richiesta di protezione internazionale. Richiesta giudicata “pretestuosa” dalla Questura, che ha chiesto la proroga del trattenimento. Il giudice Giuseppe Biondi della Corte d’appello di Lecce ha invece ritenuto di fermare il caso per chiedere l’intervento della Corte Costituzionale. Secondo l’ordinanza di rinvio, le norme del governo violano la Costituzione e il diritto europeo, creando un sistema irragionevole e disorganico, assegnando competenze a un giudice non specializzato e comprimendo significativamente il diritto di difesa attraverso termini di ricorso brevissimi e motivi limitati. Tesi che, in parte, sono state anticipate dall’Associazione dei magistrati (Anm), ma anche del Consiglio superiore della magistratura (Csm) che aveva duramente criticato la norma. A mancare, scrive Biondi, sono innanzitutto le condizioni che giustificano la decretazione d’urgenza, da utilizzare solo in caso di “straordinaria necessità e urgenza” (art. 77, comma 2, Cost.). Secondo il giudice, l’urgenza non viene nemmeno spiegata nel decreto e tantomeno per le modifiche fatte in conversione, nonostante la loro portata. Per non parlare della previsione dell’applicazione differita di alcune norme, che stride con la pretesa urgenza.
C’è poi quella che l’ordinanza di Lecce definisce “scissione tra il giudice competente a giudicare nel merito i provvedimenti relativi al riconoscimento del diritto di asilo (le Sezioni specializzate dei Tribunali distrettuali) e il giudice competente a giudicare sulla legittimità dei trattenimenti disposti nell’ambito delle medesime procedure di riconoscimento di tale diritto”. Ad essere violati sarebbero i principi costituzionali del giudice naturale precostituito, di ragionevolezza e specializzazione. Perché la convalida e la proroga del trattenimento del richiedente è un procedimento incidentale, legato al processo principale sulla richiesta di asilo, che resta ai Tribunali specializzati. Una separazione che, si legge, non è giustificata da “esigenze di rilievo costituzionale”. Inoltre, si perde la necessaria specializzazione dei giudici in una materia complessa come la protezione internazionale. Preferendo chi ha esperienza in materia, conosce l’inglese o il francese e prevedendo obbligatori corsi di aggiornamento, le sezioni specializzate sono composte da giudici scelti “tra i magistrati dotati di specifiche competenze”, come recita la legge del 2017 che le ha istituite. E se il decreto Flussi aveva quantomeno confermato l’obbligo di formazione annuale sulla protezione internazionale per i giudici d’appello coinvolti, con la legge di conversione il governo ha addirittura eliminato tale obbligo.
Non ultimo, le violazioni costituzionali legate alle norme europee sul diritto di difesa e sul ricorso effettivo, alle direttive in materia di asilo e alla Cedu. Il giudice prende atto di una recente sentenza della Corte costituzionale sulla stessa normativa, intervenuta per assicurare l’effettività del contraddittorio, garantendo al pubblico ministero e al difensore di essere sentiti. Ma altri problemi restano. Il termine brevissimo di cinque giorni per il ricorso in Cassazione è considerato una compressione “irragionevole ed eccessiva” del diritto di difesa, “tale da frustrare l’effettività del diritto all’impugnazione”. Anche la limitazione dei motivi di ricorso (usando motivi tipici del penale per un procedimento di natura civile) riduce significativamente la possibilità di contestare le decisioni, non garantiendo un “ricorso effettivo” come richiesto dalle norme europee e dalla Costituzione. E infine, secondo l’ordinanza le nuove norme hanno creato incertezze su quale sezione delle Corti d’Appello (civile o penale) debba gestire questi casi, portando a organizzazioni diverse tra le varie Corti. Insomma, una gran confusione: non è chiaro come debbano essere gestiti i procedimenti di “riesame” del trattenimento, che per giurisprudenza consolidata spettano al giudice della convalida e seguono un rito camerale collegiale, in un sistema in cui la competenza è stata invece attribuita a un giudice monocratico. Su tutto questo il giudice ha chiesto alla Corte costituzionale di esprimersi, sospendendo nel frattempo la decisione sulla proroga.
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