Mentre si vota il sorteggio per le toghe, gli accademici chiedono di abolirlo: “Con noi in 15 anni non ha funzionato”
- Postato il 15 luglio 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Il governo Meloni, alias l’apoteosi del sorteggio. Per tutti gli altri ovviamente, giudici e professori universitari, basta che non sia per i protagonisti della politica. Ne fa fede il sorteggio secco imposto dal Guardasigilli Carlo Nordio per le toghe al Csm, mentre per i laici ne ha previsto uno temperato che già consente le spartizioni in Parlamento. Con una coincidenza, la conferma di quello, altrettanto secco, che la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, col suo disegno di legge che porta il numero 1518, ha previsto un mese fa per formare le commissioni di concorso dei professori universitari. C’era già dal 2010 con la legge Gelmini, e lei l’ha lasciato tal quale, nonostante i mugugni e la cattiva performance fornita. Giusto mentre al Senato, dopo una settimana in cui tutta l’opposizione si è sgolata contro il sorteggio secco per il Csm, siamo ormai arrivati questa settimana al voto dell’articolo 3, quello del sorteggio. Numeri alla mano, la maggioranza asfalterà di nuovo l’opposizione. Con l’obiettivo di chiudere la partita della separazione delle carriere la prossima settimana.
Ma proprio la coincidenza malandrina della legge sull’università è destinata a riversare in aula i malumori dei professori di diritto. Con cui inevitabilmente la maggioranza dovrà fare i conti. Accade che la Casag, la Conferenza delle associazioni scientifiche di area giuridica, e cioè gli stessi professori, alla luce di ben tre lustri di esperienza e di risultati negativi per l’abilitazione scientifica nazionale, in un suo duro e articolato documento, contesti proprio il sorteggio secco per i pessimi risultati che ha dato e ne chieda almeno uno temperato. E cioè proprio quello di cui potranno godere nel futuro deputati e senatori – referendum positivo permettendo – alla prese con le elezioni dei componenti laici del Csm. I giuristi, per liberarsi a loro volta del sorteggio secco, vogliono votare una lista di colleghi riconosciuti dalle rispettive comunità scientifiche, sulla quale poi effettuare il sorteggio. Propongono così di modificare il ddl Bernini escludendo dalla lista dei sorteggiabili i nomi di chi non garantisce un’effettiva capacità e soprattutto affidabilità sia “morale” che scientifica. Tutto ciò alla luce dell’esperienza di ormai tre lustri nei quali le commissioni con componenti sorteggiati hanno comunque largheggiato nelle abilitazioni, previste con sportelli ogni quattro mesi e senza un numero limitato di posti.
Insomma, adesso i giuristi dicono alla loro collega Bernini proprio questo per se stessi, e non certo per schierarsi con le toghe. Ma la coincidenza dovrebbe far riflettere il Senato perché i professori di diritto vogliono poter tornare a eleggere i commissari dei propri concorsi esattamente come accadeva prima della riforma Gelmini del 2010. La casualità del sorteggio non ha di certo posto fine ai magheggi. Perché, guarda caso, gli allievi dei commissari sorteggiati spesso sono stati tra i primi a ottenere l’abilitazione. Basta che tutti i commissari inseriti nella rosa dei sorteggiabili siano bendisposti verso un candidato per far sì che questo possa alla fine vincere il concorso. Tanto più che continua a essere prorogata da anni, e non abolita dalla riforma Bernini, una norma della legge Gelmini che consente alle università di bandire concorsi riservati ai professori interni che hanno l’abilitazione. È il “famigerato” articolo 24, che i professori ben conoscono. Spesso si fanno nelle università concorsi con un solo candidato o con una manciata, escludendo gli esterni: sorteggio o non sorteggio… non può che vincere il candidato interno, bravo o meno che sia, alla faccia della concorrenza e del valore del merito.
Dunque il sorteggio, già nel mondo universitario, non si è dimostrato affatto quella panacea di tutti i mali del baronismo, come dovrebbe esserlo, secondo il Guardasigilli Carlo Nordio e il governo Meloni, per i magistrati e il Csm, rispetto al correntismo. E sono proprio i processi per le varie Concorsopoli che si sono svolti in questi anni e che hanno interessato varie università, da Catania a Firenze a Genova a Milano, a dimostrare che il sorteggio non funziona e non garantisce che si taglino le gambe ai possibili abusi. E a proposito di abusi: Nordio ha abolito l’abuso d’ufficio, giusto il reato contestato in molti processi per le Concorsopoli universitarie, comprese quelle di Firenze e di Catania finite davanti alla Consulta che però ha escluso l’incostituzionalità, in quanto non poteva far rivivere il reato sostituendosi al Parlamento. Quei processi stanno andando in fumo e i professori che pilotavano i concorsi stanno brindando.
Ormai non esiste più una norma che punisca chi trucca i concorsi universitari e i concorsi pubblici in genere: basta fare favoritismi senza prendere tangenti e senza essere così incauti da fare verbali falsi, come hanno fatto alcuni professori di giurisprudenza nella Concorsopoli di Genova, il cui processo è tra i pochi a proseguire, assieme a un altro, in appello, a Milano. Grazie a Nordio si possono manipolare i concorsi pubblici senza essere puniti. È grottesca la norma del ddl Bernini per cui i professori condannati per delitti contro la pubblica amministrazione non potranno essere sorteggiati quali commissari di concorso. Ora che si può abusare impunemente di poteri e funzioni pubbliche, come quella di commissario di concorso, siamo al liberi tutti. Oggi vale per i professori sorteggiati nelle commissioni, e varrà domani anche per i membri togati del Csm. Chissà cosa ne pensa Giuseppe Valditara, collega di Nordio e Bernini, che guida un ministero intitolato al Merito…
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