“Meno prescrizioni, più soldi”: il caso dei bonus offerti ai medici dall’Ausl Modena. I sindacati: “I problemi non si risolvono così”

  • Postato il 14 novembre 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Dare un bonus economico ai medici di famiglia che prescrivono meno visite ed esami ai loro pazienti, per alleggerire il peso sulle strutture e ridurre le lunghe liste d’attesa. È la nuova strategia messa in campo dalla Ausl di Modena. Ora i medici di base convenzionati con l’azienda sanitaria emiliana potranno guadagnare fino a 2mila euro in più all’anno riducendo il numero delle prescrizioni. Per la precisione: 1,2 euro lordi a paziente per chi prescriverà un numero di esami specialistici che non superi del 25% quelli prenotati nel 2024.

Una modalità, applicata per la prima volta in Italia, che ha scatenato molte polemiche tra gli stessi camici bianchi. Tanto che l’accordo con l’Ausl diretta da Mattia Altini è stato firmato solo da un sindacato, seppur il più rappresentativo della categoria, la Fimmg. Per Smi e soprattutto per Snami, l’intesa modenese mette in crisi la relazione di cura tra medico e paziente, insinuando un dubbio nella persona assistita: non mi ha fatto la prescrizione perché non ne ho bisogno o perché punta a ricevere il bonus economico?

Il provvedimento nasce in un contesto di forte pressione sul sistema sanitario emiliano. Lo stesso governatore, Michele De Pascale, ha ammesso che i servizi regionali faticano a rispondere alle esigenze dei cittadini, soprattutto per via del flusso continuo di pazienti provenienti da altre aree della Penisola. Quella degli incentivi economici a chi abbatte le prescrizioni è la risposta dell’Ausl di Modena a questo problema. Secondo l’azienda, in questo modo si punta a ridurre gli iper-consumi e si promuove un uso più appropriato delle risorse sanitarie, oggi limitate rispetto alla domanda. Non si tratterebbe di spingere i medici a prescrivere meno, bensì a prescrivere meglio, per migliorare la qualità dell’assistenza e garantire che le prestazioni vadano a chi ne ha davvero bisogno.

Ma il risultato, secondo i sindacati critici, è quello di invogliare i professionisti a “tagliare con l’accetta” le prescrizioni, sottoponendo la categoria, oltretutto, a una prevedibile gogna mediatica. Il tutto per massimo 2mila euro lordi l’anno, a seconda del numero di assistiti. Una cifra piuttosto bassa che mal giustifica, almeno dal punto di vista economico, la volontà di altri camici bianchi di firmare l’intesa.

Rispetto a come erano stati pensati, i contenuti della delibera dell’Ausl – che recepisce l’accordo – sono stati anche mitigati. Nella prima stesura proposta ad agosto, in pieno periodo di ferie, per ricevere gli incentivi i camici bianchi avrebbero dovuto adeguarsi alle prestazioni del “best performer”, ovvero del medico che aveva fatto meno prescrizioni l’anno precedente. Un elemento considerato troppo estremo, che ha creato un malumore generalizzato tra i professionisti, convincendo le parti a rivedere il testo.

“Il problema della pressione su ambulatori e ospedali c’è e non va trascurato, così come quello delle liste d’attesa, ma non è così che si risolve, facendo passare per la prima volta un principio profondamente scorretto e mettendo in crisi il rapporto con i pazienti”, commenta a ilfattoquotidiano.it Roberto Pieralli, presidente Snami Emilia-Romagna. Il suo sindacato ha dichiarato un esplicito dissenso all’intesa: “Da un punto di vista giuridico, comporta che l’accordo si applichi solo agli iscritti al sindacato che ha firmato. Gli altri professionisti non riceveranno alcun incentivo in base al numero di prescrizioni”.

È una questione di principio per Snami, indipendentemente dalla cifra offerta. Decidere cosa prescrivere e cosa no è una responsabilità del medico e rientra nella sua deontologia. “Anche perché bisogna che qualcuno ci dica che cosa si intende per prescrizione inappropriata – commenta Pieralli -. Perché qui nessuno lo dice, tutti ne parlano, ma nessuno spiega quali siano i parametri con cui viene misurato il principio di appropriatezza. L’intesa si basa su un concetto che neanche l’Ausl è in grado di definire e misurare”. Talvolta, spiega il presidente, il medico prescrive un esame in più per fugare un dubbio. “Se per fortuna il risultato è negativo, significa che è stata una prestazione inappropriata?”.

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