Meloni: “Non prendo soldi da Musk, semmai li prendono da Soros. Elon non condiziona le elezioni”
- Postato il 9 gennaio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Nella conferenza stampa in cui Giorgia Meloni poteva esibire la soddisfazione e l’orgoglio per il successo del recupero di Cecilia Sala strappata alla cattività iraniana, ha dovuto difendere a denti stretti la special friendship con Elon Musk, la non velata accusa di favorirne gli affari per catturarne un po’ l’aura di genio planetario, al prezzo cioè di cedere una sovranità che difende solo a parole ma che svende nei fatti offrendo la tutela informativa sulla sicurezza nazionale a un privato inaffidabile.
Il caso Space X e il rapporto con Musk
Come risponde Meloni? Un po’ glissa, su Starlink è in atto un’istruttoria, si vagliano le opzioni e – dice Meloni pragmatica – “l’alternativa è tra affidarsi a un privato coi rischi del caso e il non fare proprio niente, perché il progetto europeo pubblico non esiste. Decine di aziende si propongono per cose più disparate, poi si fa l’istruttoria, e se la cosa è di interesse si pone nelle sedi competenti. In questo caso gli ambiti con cui confrontarsi sono molti, dal Consiglio supremo di difesa fino al Parlamento. Ma siamo nella fase istruttoria”.
Ma poi si scalda, perché quando la questione si fa schiettamente politica – cioè l’assenza di imbarazzo alcuno, la disinvoltura a filare d’amore e d’accordo con uno che appoggia i neonazisti in Germania -, scatta il riflesso automatico: e allora Soros?
Musk “non è un pericolo per la democrazia”, dichiara decisa Meloni, obiettando invece che “ingerenze” vi siano in altri casi, quando “persone facoltose usano le risorse per finanziare in mezzo mondo partiti e associazioni per condizionare le politiche, come nel caso di Soros”.
“Io non prendo soldi da Musk”
“Io non prendo soldi da Musk – s’indigna Meloni – semmai li hanno presi da Soros. Io il pericolo per la democrazia non lo vedo”. E a chi le chiede di commentare le scelte di Musk in relazione alla campagna elettorale in Germania, Meloni ribalta ancora la questione. “Vorrei ricordare l’ingerenza di quella tedesca nella campagna italiana”.
“Dobbiamo ricondurre – è la convinzione di Meloni – le cose nell’alveo dove si trovano. Musk esprime la sua posizione e di questo stiamo parlando. Può piacere o non piacere ma quando mi si dice che c’è un pericolo di ingerenza evidenzio che non è il primo caso di persone note e facoltose che esprimono le loro opinioni.
“Soros condiziona le politiche, non mi risulta lo faccia Musk”
Io – aggiunge – ne ho viste parecchie e spesso contro di me e nessuno si è scandalizzato. Il problema – dice ancora – è quando queste persone usano le risorse per finanziare in mezzo mondo partiti e associazioni per condizionare le politiche, cosa che non mi risulta faccia Musk al contrario di Soros. Questa sì la considero una pericolosa ingerenza. Ma quando è accaduto si è parlato di filantropi: il problema è che è ricco e influente o che non è di sinistra?”.
Va bene che anche Mark Zuckerberg sostiene che un minimo di fact-checking sia assimilabile alla censura e non serva a una discussione aperta e informata.
Ma Elon ha scucito un quarto di miliardo di dollari per Trump
Però, Meloni non può davvero far finta di non sapere che Elon Musk non abbia speso più di un quarto di miliardo di dollari (dati ufficiali e pubblici della Federal Election Commission) del suo patrimonio per aiutare Trump a tornare presidente degli Stati Uniti. Se, solo nelle ultime settimane a ridosso del voto Usa, Musk bonificava un milione di dollari al giorno concentrati sulla campagna nei sette swing states non era forse per “condizionare” quelle elezioni politiche?
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