Meloni assente al vertice dei “volenterosi” a Tirana: “Noi contro l’invio di truppe, coerenza”. Ma le altre volte era presente

  • Postato il 16 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’assenza di Giorgia Meloni, anche lei a Tirana per il vertice Ue, al nuovo summit dei cosiddetti “volenterosi non è passata inosservata. Insieme a Zelensky, Merz, Macron, Starmer e Tusk, tutti si aspettavano di vedere anche la presidente del Consiglio italiana a discutere del futuro sostegno all’Ucraina. E invece no, la premier a quell’incontro non ha partecipato, ma quando le opposizioni hanno concluso che questo fosse un segnale di isolamento ha sbottato: “Siano coerenti, sono una persona seria. L’Italia ha da tempo dichiarato che non è disponibile a inviare truppe in Ucraina e non avrebbe senso partecipare a formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità. Credo sia un fatto di coerenza e chiarezza”.

Ha poi contrattaccato: “A chi si lamenta, all’opposizione per esempio, chiedo la stessa chiarezza e la stessa coerenza – ha dichiarato la capa del governo nel corso di un punto stampa a margine del vertice – Si chiede di partecipare a questi formati perché dobbiamo mandare le truppe in Ucraina o perché dobbiamo farci una foto e poi dire di no? Bisogna essere seri e io sono una persona seria. Dopodiché l’Italia, che sostiene l’Ucraina, continua a partecipare a tutti gli altri format, a tutti gli altri tavoli, a tutti gli altri livelli, a tutte le altre iniziative”.

La spiegazione della presidente del Consiglio, però, cozza col recente passato. Basta tornare indietro di sei giorni, al 10 maggio, per ritrovare un summit con lo stesso formato. A Kiev erano presenti gli stessi leader: Zelensky, Macron, Starmer, Merz e Tusk, ma questa volta, in collegamento da Roma, c’era anche Giorgia Meloni. Donald Trump, invece, è stato contattato telefonicamente, esattamente come a Tirana. Cosa è cambiato in sei giorni per considerare “incoerente” la partecipazione a un vertice con un formato identico? Anche perché di esempi che contraddicono le motivazioni fornite dalla premier ce ne sono molti altri: l’Italia ha sempre partecipato ai vertici dei “volenterosi”, pur avendo sempre ribadito di essere contraria all’invio di truppe italiane sul suolo ucraino, come invece ipotizzato da Francia e Gran Bretagna.

Parigi, 17 febbraio 2025: è il primo di futuri incontri di quella che è stata ribattezzata la “coalizione dei volenterosi“. L’obiettivo dichiarato è quello di offrire una via di pace alternativa a quella di Donald Trump, allora troppo schiacciato, sostenevano i partecipanti, sulle posizioni di Vladimir Putin. A prendere l’iniziativa sono Emmanuel Macron e Keir Starmer e l’appuntamento di apertura sarà proprio in Francia, dove si ritrovarono, tra gli altri, i capi di Stato e di governo dei due Paesi organizzatori, della Germania, della Spagna, della Polonia e anche dell’Italia. Nessuna intesa, ma linea comune: muoversi come Europa per offrire una “pace giusta” all’Ucraina.

Un obiettivo condiviso, evidentemente, anche da Giorgia Meloni, dato che al secondo summit dei “volenterosi”, quello del 2 marzo a Londra, sarà di nuovo presente. “Pace giusta”, corsa al riarmo e, anche se non all’unanimità, invio di truppe: sono questi i temi usciti dal secondo atto. E anche in questo caso Giorgia Meloni era presente all’incontro. Lei stessa, come i ministri Tajani e Crosetto, già al tempo avevano ribadito che l’invio di militari a sostegno di Kiev non fosse un’opzione praticabile, ma questo non ha impedito al governo di continuare a partecipare agli incontri.

L’11 marzo si torna a Parigi, questa volta con i capi di Stato Maggiore dell’esercito “volenterosi”. Mentre si parla di piani di riarmo e l’Eliseo spinge per l’invio di truppe in Ucraina, l’Italia, seppur contraria, non percepisce “l’incoerenza” del continuare a prendere parte agli incontri del gruppo. E non la sente nemmeno due settimane dopo, sempre nella capitale francese, dove il presidente Macron tenta il ‘colpaccio’: invitare 29 leader europei e Nato per allargare la coalizione. Il summit si rivelerà un fallimento, con vedute troppo distanti tra loro per arrivare a una conclusione condivisa. Ma anche in quel caso Meloni era presente.

Così si è andati avanti fino all’incontro del 10 maggio, con Meloni presente in videoconferenza. È l’assenza del 16 maggio, quindi, a rappresentare un’eccezione. Proprio il giorno prima, il quotidiano tedesco Die Welt ha diffuso un’indiscrezione secondo la quale l’accordo di governo tra Spd e Cdu prevede l’esclusione dell’Italia dagli incontri col formato Weimar Plus nel tentativo di depotenziare e isolare Roma. Dura la replica del ministro Tajani: “Scelta antieuropea, i Socialisti vogliono dividere l’Europa”. Inutile da un punto di vista di immagine italiana, invece, la smentita di Berlino. Oggi, quindi, l’assenza di Meloni dal vertice di Tirana fa sorgere nuovi sospetti: ha disertato per “coerenza” o non è stata invitata?

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Il Fatto Quotidiano

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