Mélenchon, l’ultimo re di Francia

  • Postato il 25 maggio 2025
  • Di Panorama
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Un velo pesante e impenetrabile è quello che fino a oggi avvolgeva La France Insoumise, la formazione di estrema sinistra guidata Jean-Luc Mélenchon, finita sotto i riflettori in Francia dopo la pubblicazione del libro-inchiesta La Meute, cioè «la muta». Al termine di un’indagine durata due anni, trascorsi a raccogliere le testimonianze di oltre duecento persone (tra cui molte a viso scoperto), i giornalisti Charlotte Belaïch e Olivier Pérou, rispettivamente dei quotidiani Libération e Le Monde, hanno portato alla luce la realtà di un movimento capeggiato da un leader dispotico e aggressivo, dai modi dittatoriali. Una figura ingombrante quella del «tribuno» della gauche radicale d’Oltralpe, tre volte candidato all’Eliseo, come dimostra anche il suo percorso politico: i primi passi mossi da giovanissimo tra le fila dei trotskisti, l’adesione nel 1976 al Partito socialista dove rimarrà per 32 anni, la partecipazione alla fondazione del Parti de Gauche e il lancio de La France Insoumise nel 2016. Una realtà concepita a sua immagine e somiglianza, tanto da sembrare più un clan che un partito.
Ne La Meute si parla di un funzionamento interno strutturato attorno a Mélenchon, padre padrone che con il passare degli anni è sempre più ossessionato dai possibili tradimenti da parte dei suoi. Una vera paranoia, assecondata dalla ristretta cerchia di fedelissimi sguinzagliati a caccia – da cui il titolo della biografia – di chi osa avere un parere contrario.

I regolamenti di conti con i presunti dissidenti si risolvono sistematicamente con epurazioni, anche quando si tratta di volti noti. Come quelli di Raquel Garrido e del marito Alexis Corbière: due nomi della vecchia guardia, cresciuti all’ombra del loro mentore, che di punto in bianco alle ultime legislative si sono visti ritirare la candidatura insieme ad altri esponenti.
Perché solo i seguaci più zelanti hanno il diritto di poter frequentare da vicino il loro beniamino, in base a un sistema d’ispirazione leninista volto a premiare più la devozione che le competenze. Il risultato è una continua e silenziosa guerra intestina, tra accuse reciproche e minacce, in un clima di continua tensione. «Avevo l’impressione che fosse normale», racconta un militante di Marsiglia parlando dei tanti insulti misogini proferiti dal deputato Sébastien Delogu, che in un momento di rabbia incontrollata ha minacciato di «far stuprare» una compagna di partito con la quale era in disaccordo.

Lo stesso Mélenchon non risparmierebbe umiliazioni pubbliche ai suoi cortigiani, tra i quali si annovera anche il coordinatore del partito, Manuel Bompard, gentilmente invitato nel 2019 a comprarsi un «cervello».
Un ruolo chiave in questa organizzazione così brutale lo svolgerebbe Sophia Chikirou, deputata di origini algerine e compagna di Mélenchon (sebbene la relazione non sia mai stata ufficializzata), ribattezzata con il soprannome di «imperatrice rossa», lo stesso attribuito a Jiang Qing, la vedova di Mao. «Ne La France Insoumise posso dire quello che voglio. Visto che sono la donna del capo, obbediscono» avrebbe affermato la parlamentare, descritta come cinica e spietata anche quando la minaccia è di tipo sentimentale. Lo sa bene la femminista Fatima Benomar, che ha raccontato di essere stata messa alla porta dopo aver fatto girare la testa a Mélenchon proprio da Chikirou, che secondo una fonte «odia le marocchine» come lei.

Nell’inchiesta si affronta anche il problema dell’antisemitismo, del quale La France Insoumise è stata spesso accusata per le posizioni ambigue prese dopo l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023. Dopo un articolo sull’argomento pubblicato nel 2023, la stessa co-autrice del libro sarebbe stata definita per il suo cognome ebraico «un’agente del Likud», il partito di Benjamin Netanyahu, da Mélenchon, che in diverse occasioni avrebbe descritto Israele come «una lobby della quale non si può pronunciare il nome». Indiscrezioni che hanno portato il presidente onorario della Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo (Licra), Alain Jakubowicz, a paragonare al nazista Josep Goebbels l’ex eurodeputato, che ha risposto con una denuncia.

Alle rivelazioni emerse dall’inchiesta gli «insoumis» hanno reagito parlando di pettegolezzi e notizie infondate. La Meute potrebbe trasformarsi però in una pesante tegola per Mélenchon, considerato da molti come l’uomo forte della sinistra francese, con buona pace degli altri partiti della gauche con i quali compone l’ormai traballante alleanza parlamentare del Nuovo fronte popolare. Anche loro sono stati vittima dei suoi modi autoritari secondo le ricostruzioni dell’inchiesta. Sebbene abbia già annunciato che quella del 2022 è stata la sua ultima corsa all’Eliseo, non è da escludere tra due anni una nuova discesa in campo di «Méluche», anche se dopo le rivelazioni sarà difficile credere nelle promesse democratiche.

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Panorama

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