Mazzolino: piccole opere, ma preziose come gemme

  • Postato il 22 settembre 2024
  • Arte Antica
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Mazzolino: piccole opere, ma preziose come gemme



Le opere di questo pittore ferrarese del Cinquecento sono vertici di originalità espressiva, pur con «formato ridotto». Fa parte dell’esposizione sugli artisti di quel tempo che inaugura le prossime settimane nella città estense.


Grandi, quanto largamente sconosciuti, i pittori del Cinquecento ferrarese che vedremo nella prossima mostra sul Rinascimento in palazzo dei Diamanti a Ferrara. Arriveranno da ogni parte del mondo opere rare e di fantasia onirica e ossessiva di Ludovico Mazzolino, Giovanni Battista Benvenuti detto l’Ortolano, Benvenuto Tisi detto il Garofalo, Dosso Dossi. Raccontiamo in particolare il primo.

Credo che Ludovico Mazzolino (1480 circa-1528 circa) abbia cominciato a esistere, dopo il suo tempo, e a tornare alla nostra attenzione, ben prima della consacrazione longhiana, quando, nel suo Cicerone, Jacob Burckardt, racconta delle sue visite alle gallerie d’arte di Roma: la Doria Pamphilij, la Borghese: vede i pittori ferraresi, in particolare Mazzolino e Ortolano, e scrive, con una efficacia non prevedibile, e incredibilmente veritiera: «…i quadri di Mazzolino si vedono in distanza nelle gallerie perché splendono di colori come pietre preziose»

È questa natura «petrosa e preziosa» a rendere unica l’esperienza di Mazzolino anche se accostata a quella di maestri inventivi e fantasiosi non meno di lui, come Giovanni Agostino da Lodi e Amico Aspertini. La sua peculiarità è essere grande nei piccoli formati, per una concentrazione e soggezione dell’insegnamento di Ercole de’ Roberti, con il quale probabilmente collaborò nei rilievi su fondo oro della Pala portuense, per poi continuare a Bologna presso la bottega di Lorenzo Costa, come assevera il Vasari.

Il primo documento su Mazzolino autonomo è il pagamento del 20 maggio 1504 per la decorazione della chiesa di Santa Maria degli Angeli a Ferrara commissionata dal duca Ercole I e per la quale continuò a ricevere pagamenti fino al 1508: otto cappelle, le navate laterali in corrispondenza di esse e i pilastri della navata centrale con i sottarchi.

Del 1509, e di piccolo formato, è il Trittico con la Madonna e i Santi Antonio e Maddalena conservato a Berlino. Evidente l’influenza di Costa e di Boccaccino e l’omaggio nella compostezza compositiva di Ercole. Peculiari, come solo in quegli anni in Lorenzo Lotto, le influenze nordiche, puntuali nel volto di Sant’Antonio, testimonianza del dialogo con gli artisti veneziani, e della seduzione di Dürer. Nello sfondo della tavola centrale il bassorilievo con una scena di battaglia, è una citazione antiquariale che sarà costante nell’opera del Mazzolino.

Poco prima o poco dopo il trittico berlinese stanno dipinti affini, di piccole dimensioni e di soggetto sacro. Si tratta della Presentazione al tempio (riprodotta nella monografia di Silla Zamboni), già nella collezione Costabili, della Madonna con Bambino della collezione Canessa, della L’adorazione dei magi del Musée du Petit-Palais di Avignone, che si vedrà a palazzo dei Diamanti. In tutte è evidente l’influenza del Boccaccino, forse anche all’interno della bottega durante gli anni della permanenza del pittore cremonese a Ferrara tra il 1497 e il 1500.

Questa partenza è ridiscussa dalla storica dell’arte Valentina Lapierre che osserva: «Silla Zamboni ha tentato di ricostruire la giovinezza di Mazzolino partendo da una tavoletta con la Presentazione al tempio già in collezione Costabili a Ferrara, nota solo da una fotografia in bianco e nero, alla quale è stato in seguito aggregato, mettendo a frutto un suggerimento di Federico Zeri, un gruppo di altri problematici dipinti, soprattutto Madonne col Bambino che mettono in evidenza le affinità che il giovane artista avrebbe avuto con Boccaccino e con le altre personalità che gravitavano nella sua bottega (Garofalo, Niccolò Pisano, Ortolano) e con il pittore girovago Johannes Hispanus. Questa ricostruzione della giovinezza di Mazzolino ha trovato numerosi sostenitori; occorre, però, ricordare che a suo favore non sussistono prove documentarie, ma essa si basa su supposizioni di carattere esclusivamente stilistico».

Dal 13 giugno 1505 al 19 settembre 1507, Mazzolino lavora nel Guardaroba estense e nei camerini della duchessa Lucrezia Borgia, all’interno del castello di Ferrara. Nel 1508 perizia con Domenico Panetti e Bartolomeo Veneto gli affreschi per il duomo di Ferrara di Gabriele Bonaccioli; e, tra il 1508 e il 1509, è pagato per alcuni lavori in palazzo Sacrati. Risale al 1508-09 la Sacra Famiglia con i Santi Bernardo e Alberico per la chiesa cistercense di San Bartolomeo fuori le Mura, oggi conservata nella Pinacoteca nazionale di Ferrara. Nel 1511 Mazzolino firma e data la Sacra Famiglia con i Santi Sebastiano e Rocco, già nella collezione Costabili e, nel 1512, la Pietà ora nella Galleria Doria Pamphilj di Roma, drammatica ed elegantemente decorativa. Intorno al 1512 è anche la Sacra Famiglia, Sant’Elisabetta, Sant’ Anna e San Giovannino (Berlino), con lo stesso sarcofago del trittico del 1509 e il Dialogo tra Giovannino e l’agnello, ispirato ai modelli di Leonardo e di Raffaello.

Tra il 1512 e il 1513 sono la Natività con pellegrino della Galleria Borghese e la Natività della National Gallery di Londra. Nel 1516 Mazzolino data la Sacra Famiglia con ciliegie, alla Alte Pinakothek di Monaco. Acquista casa nella parrocchia di San Gregorio a Ferrara, nel 1518.

Il 26 gennaio 1520 Mazzolino è pagato da Sigismondo d’Este per due dipinti, un Presepio e una Disputa nel tempio. Il secondo è identificato con la Disputa nel tempio della Galleria Doria Pamphilj di Roma; ed è il primo esemplare di una serie di «Dispute». La Disputa della Doria Pamphilj, con le colonne tortili del ciborio, riprende un motivo architettonico degli arazzi vaticani di Raffaello. Ma non abbiamo notizie di una presenza di Mazzolino a Roma, e di recente David Ekserdijan la esclude: «Non esiste la minima prova documentaria che Lodovico Mazzolino abbia mai visitato Roma, eppure l’artista ha più volte tratto ispirazione da un gruppo di bassorilievi antichi che si trovano tuttora nella Città Eterna». Diverso è l’avviso di altri studiosi che accertano la presenza a Roma del pittore.

Silla Zamboni, l’autore della sola monografia sul Mazzolino, aveva ragionevolmente ipotizzato «un possibile viaggio romano al tempo del soggiorno in Roma di Amico Aspertini e Jacopo Ripanda, che il Mazzolino poteva aver frequentato durante gli studi bolognesi», affermazione rinfrancata dal rinvenimento di alcuni graffiti presso la Domus Aurea. Nicole Dacos, con determinazione, esamina in modo puntiglioso le firme degli artisti identificate nella Domus e tra quelle mappate nella zona del criptoportico dell’ala est registra un «Lodovico / Mazoli...». L’ipotesi di identificarlo con il nostro artista è molto suggestiva e rafforzata dalla presenza delle firme di due colleghi con cui Mazzolino ebbe strette relazioni: Amico Aspertini e Nicoletto da Modena che si ritiene attivo a Ferrara. Ci sono quindi due possibili spiegazioni: o Mazzolino è stato a Roma oppure ha conosciuto queste opere attraverso disegni di riproduzione che le copiavano.

Nel Cinquecento, i rilievi che rappresentano fregi di simboli navali e strumenti sacrificali, si trovavano murati all’interno della basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Più tardi sono stati rimossi e trasportati al Palazzo dei Conservatori, dove ora fanno parte delle collezioni dei Musei Capitolini. Questi fregi si trovano in una pala d’altare di Mazzolino, e tre volte in dipinti di piccolo formato.

Li troviamo in parte nella pala con la Madonna con il Bambino in trono tra i santi Andrea e Pietro, del 1523-24, al Museo Civico, Ala Ponzone, a Cremona. Nei quadri più piccoli: il Cristo e l’adultera della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze, verso il 1519, mostra dodici simboli; il Cristo di fronte a Pilato del Szépmüvészeti Muzeúm di Budapest, verso il 1520, ne esibisce sei; la Circoncisione del Kunsthistorisches Museum di Vienna, datato 1526, quattro. Rilievi, peculiari in Mazzolino, sono anche in Amico Aspertini e Sebastiano del Piombo. Ma Mazzolino ne ha fatto uso più di qualunque altro artista del Rinascimento. La ragione è interessante e notevole per la cultura ferrarese, e non ha a che fare né con l’archeologia né con l’«antichismo», e non ha nulla di decorativo.

La presenza di iscrizioni ebraiche nei suoi dipinti - testi incomprensibili per quasi tutti nella Ferrara del suo tempo - indica un dialogo con la comunità ebraica. E non capirne il significato aumentava il mistero dell’Antico Testamento. Anche questo rende così notevole la personalità, rara e curiosa, del Mazzolino. n

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